Autore: Ferruccio de Bortoli
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: Garzanti editore
Genere: saggistica
Pagine: 147
Prezzo: € 16,00
Il giornalismo italiano è malato perché mancano giornalisti che hanno il coraggio di dire le cose fino in fondo, di guardare in faccia questo Paese alla deriva e di scrivere la verità, tutta la verità, sulla sua decadenza.
Mancano un giornalismo guardiano dei fatti il giornalista sentinella che suona l’allarme. Una grande nostalgia ci assale quando vediamo oggi il giornalismo italiano ridotto al ruolo accomodante di servo.
Sono pochi, anzi pochissimi, oggi i giornalisti che deontologicamente fanno i giornalisti.
Uno di questi è Ferruccio de Boritoli, già direttore del Corriere della Sera, analista lucido e sempre imparziale, ma soprattutto onesto e diretto nelle sue argute e argomentate riflessioni.
Le cose che non ci diciamo (fino in fondo) è il titolo del suo ultimo libro. Il giornalista osserva la realtà del dibattito pubblico italiano recente e non si sottrae al quel bisogno di verità di cui l’Italia ha bisogno.
Con lucidità impietosa non fa sconti a nessuno e le cose le dice fino in fondo, evitando narrazioni di comodo sottolinea tutte quelle storture e quei pericoli che vengono taciuti per servire la Ragione di Stato e il politicamente corretto.
La cosa che non ci diciamo in fondo in questa sciagurata Italia è che viviamo al di sopra dei nostri mezzi. Così inizia il suo libro Ferruccio de Bortoli affermando che è giunta l’ora di smettere di pensare che si possa spendere all’infinito. Senza mai pagare il conto.
La sua verità la dice fino in fondo quando mette sotto accusa i populismi di destra e di sinistra e dei danni che provocano alla politica e al Paese.
De Bortoli riflette anche sui giorni della pandemia e sui costi della crisi che non tutti stanno pagando equamente.
La sua penna entra tra le piaghe di un Paese atterrito e sconvolto dal Covid e mette in evidenza le luci e le ombre della gestione emergenziale.
«Tutto ciò non vuol dire che il governo si sia sempre comportato bene. Tutt’altro. Gli errori, insieme a quelli di alcune Regioni (in particolare, gravi, in Lombardia) sono stati numerosi».
Fanno male le cose che De Bortoli ci dice fino in fondo. Le sue riflessioni disturbano il manovratore, come solo sa fare un giornalista di razza.
Per esempio non si può pensare di vivere sempre di bonus e di sussidi, anzi si rischia di annegare in tutto questo assistenzialismo. Un’economia sana, e una società altrettanto sana, prosperano nella razionalità delle scelte. Di consumo e investimento. Non nelle decisioni mosse, solo dalla convenienza offerta da un risparmio fiscale o da un contributo a fondo perduto.
Le dice fino in fondo le cose Ferruccio de Bortoli nelle pagine di questo libro e ogni parola è un affondo con bisturi.
Tra le cose che non ci diciamo ce n’è una assai delicata, sostiene il giornalista. Si riferisce alla cattiva coscienza degli imprenditori, dei professionisti e di tutti coloro che pur guadagnando, hanno finito per pagare meno tasse. De Bortoli numeri e statistiche alla mano argomenta questa verità taciuta.
Poi c’è il capitolo dieci del libro intitolato L’ipocrisia dello smart working e la vacanza del pubblico impiego.
«Non ci siamo detti un’altra verità piuttosto amara parlando di smart working. E riguarda il pubblico impiego. I dipendenti pubblici non hanno subito alcun danno per colpa del virus. Non sono andati in cassa integrazione. I dipendenti di aziende private, con molta lentezza e spesso con il contributo dei datori di lavoro che hanno anticipato gli assegni, di sono visti pagati solo l’80 per cento della loro retribuzione. Molti i ritardi nell’erogazione. Elevato in molti casi il rischio, ingigantito dalla crisi, di perdere definitivamente il posto di lavoro. Il pubblico impiego no. Questo rischio non lo ha corso e i dipendenti dello Stato, degli enti locali e delle amministrazioni pubbliche hanno continuato a percepire l’intero importo della busta paga. Non sempre però a fronte di una prestazione equivalente a quella dei periodi di normalità».
Ferruccio de Bortoli con questo libro, dicendo le cose che non ci diciamo fino in fondo, ha fatto saltare il banco portando alla luce le verità amare che molti non vogliono sentire e vedere.
Ma se vogliamo diventare un Paese competitivo e migliore nessuno deve nascondere le verità che fanno male. Bisogna dirle fino in fondo. Ci vuole coraggio per non continuare a nascondersi. Abbiamo più che mai bisogno, in questo momento difficile, di quelle cose che non ci diciamo fino in fondo.