Autore: Liberti Stefano
Data di pubbl.: 2011
Casa Editrice: Minimum fax editore
Genere: Reportage
Pagine: 244
Prezzo: 15
Il land grabbing, fenomeno che in italiano viene tradotto come acquisizione delle terre, è un tema di scottante attualità, ma ancora poco conosciuto dall’opinione pubblica internazionale. Mosso dall’intento di fare chiarezza su questo processo che negli ultimi anni ha visto ampliare notevolmente la sua portata, il giornalista Liberti racchiude in un libro tutte le ricerche da lui effettuate sul tema. Il risultato è un piccolo volume che delinea in modo chiaro la natura controversa del land grabbing, una pratica di accaparramento di terre straniere sempre più diffusa tra i paesi arabi e che coinvolge anche grandi imprese multinazionali in un nuovo settore di affari definito agrobusiness, il quale sta alterando i rapporti geopolitici e geoeconomici del mondo e presenta forti implicazioni socio-culturali. Dopo la crisi alimentare del 2007, temendo di non disporre di sufficienti terreni per garantire una produzione alimentare in grado di sfamare le popolazioni nazionali, molti paesi del Golfo hanno deciso di guardare all’estero, soprattutto in Africa e in America Latina, per ottenere attraverso un leasing l’usufrutto di terre su cui investire in colture destinate alla soddisfazione del fabbisogno dei propri abitanti. In cambio, contanti in valute forti come i dollari che i paesi affittuari possono usare per accedere al mercato internazionale.
Attento e preciso come solo un giornalista può essere, Liberti compie un’indagine meticolosa, gira per il mondo allo scopo di incontrare i protagonisti di questa corsa alle terre. Va in cerca di notizie scottanti, fatti e opinioni che permettano di chiarire la faccenda. Partecipa a meeting, conferenze ed eventi esclusivi, contatta esperti ma ascolta anche i pareri di gente comune e racchiude tutte le testimonianze dei suoi viaggi in sei capitoli, ciascuno dei quali è dedicato ad un paese interessato dal land grabbing. Le sue riflessioni evidenziano un punto di vista fortemente critico nei confronti del fenomeno: Liberti infatti denuncia che l’acquisizione di terreni esteri, poco monitorata dalle grandi organizzazioni internazionali, finisce spesso per intaccare la sovranità alimentare dei paesi che concedono il leasing, e non apporta benefici alle popolazioni locali. “La grande corsa alle terre si nutre soprattutto di un divario di conoscenze e di mezzi, si misura e si articola nel fossato che separa popolazioni rurali che hanno vissuto per anni indisturbate sui propri campi e personaggi che arrivano dal nulla e promettono loro uno sviluppo, un accesso al benessere che non può non finire per sedurli. (…) Il land grabbing è soprattutto un grande inganno nei confronti di contadini che si vedono sottrarre la terra con procedimenti d’autorità, (…) una forma moderna di neocolonialismo.” Una pratica non ecologically correct, che dovrebbe essere limitata cercando di sviluppare interventi di carattere locale in quei paesi poveri di commodity di prima necessità, per aiutarli a risolvere il problema dell’approvvigionamento senza incorrere in un selvaggio accaparramento a danni di terzi