
Data di pubbl.: 2025
Traduttore: Maria Sole Iommi
Pagine: 160
Prezzo: €24,00
Il racconto di Pierre Adrian inizia dall’Hotel Roma di Torino, tornando indietro nel tempo, esattamente al 27 agosto 1950 quando nella stanza numero 49 viene trovato il corpo senza vita dello scrittore Cesare Pavese
Hotel Roma, questo è appunto il titolo del libro, diventa già dalle prime pagine un omaggio – racconto in cui lo scrittore francese inventa una narrazione (andando oltre la biografia) per parlare del sua grande passione per Pavese.
Tra viaggi torinesi e viandanze nei luoghi in cui lo scrittore è stato, Adrian si lascia coinvolgere da una scrittura appassionata per narrare il proprio viaggio interiore nella complessa figura di Pavese.
Per Adrian Pavese divenne lo scrittore dei suoi trent’anni, perché non cercava più un maestro ma solo un amico che gli tenesse compagnia.
Da questa premessa nasce il rapporto di Adrian con Pavese, il piemontese duro, tenebroso, laconico, silenzioso, l’amico caro che suggeriva le sue piccole considerazioni come sassolini nella scarpa.
«Pavese diventava come quell’amico dalle sentenze implacabili che non si deve frequentare troppo per paura che il suo stato ci contamini. Quello che si stima ma al quale si esita a rispondere quando chiama. Se l’avessi conosciuto, certi giorni avrei cambiato marciapiede intravedendo la sua figura in una strada di Torino. È l’amico che ci rende coraggiosi e vili, belli e brutti. Tutto eccetto un maestro. Un compagno lucido, a cui ci rimprovereremo un giorno di non aver risposto».
In Hotel Roma Pierre Adrian attraversa l’opera e l’esistenza di Cesare Pavese, viaggiando e ritornando spesso sui luoghi in cui lo scrittore è stato ricostruisce il suo tragico passaggio di uomo solo fino a quel 27 agosto 1950 in cui Pavese si toglie la via, dando le spalle alle colline, il che, scrive Adrian, aggiunge ancora più tristezza a questa storia.
Da Torino, alle Langhe, passando per il confino calabrese di Brancaleone, Pierre Adrian scrive un racconto poetico, una specie di lettera aperta. Il destinatario è Cesare Pavese e il suo mestiere di vivere che coincide con il mestiere di poeta.
«Pavese non amministrava la morte. Non era responsabile degli infelici che attingevano alla sua disperazione per nutrire le loro idee nere. Come aveva scritto nelle ultime pagine del diario, Pavese aveva dato poesia agli uomini, condiviso le pene di molti, e quanti eravamo ad aver imparato a vivere insieme a lui?».
Hotel Roma non è solo un atto d’amore di Pierre Adrian nei confronti di Cesare Pavese, ma prima di tutto è un invito speciale alla lettura della sua vita tormentata, infelice, solitaria. L’autore ci conduce per mano nell’inquietudine di Pavese e noi, senza fare troppi pettegolezzi, entriamo con lui nella stanza di quel piccolo albergo torinese e lo ritroviamo, a distanza di settantacinque anni dal gesto estremo, con tutta la sua grandezza di scrittore che ha dato la poesia agli uomini.