A tu per tu con… Giuseppe Festa

Ho incontrato Giuseppe Festa al Salone del Libro, al termine di una piacevole chiacchierata-lezione che ha avuto con un gruppo di attentissimi ed interessati ragazzini di un istituto scolastico torinese. Festa ha illustrato il suo libro Il passaggio dell’orso edito da Salani, non solo verbalmente, ma ha anche mostrato una serie di gigantografie con immagini dell’orso “confidente” di cui si parla, infine, presa la chitarra, ha concluso in musica il suo intervento. Così ho cercato di porre anch’io qualche domanda, come già era stato fatto dai giovani ascoltatori prima.

Leggendo questo libro, di cui ha parlato poc’anzi, viene spontaneo chiedere se veramente l’orso marsicano è in pericolo d’estinzione e quali ne sono le cause.

Sì, quest’orso è purtroppo proprio in via di estinzione. Le cause sono la distruzione del suo habitat, ma anche una caccia selvaggia. Inoltre in questo momento vi è un numero di orsi marsicani concentrati in un territorio molto ristretto mentre loro avrebbero bisogno, per riprodursi, di uscire anche dal Parco, ma la cosa è impossibile per mille ragioni: caccia, bracconaggio, e devono avere un habitat particolare con alberi  adatti, anche se loro sono onnivori e mangiano praticamente di tutto. L’intento adesso è quello di creare dei corridoi ecologici per collegare i vari parchi,  infatti gli orsi pian piano si stanno spostando e speriamo che questo porti un po’ di ossigeno alla specie.

Lei ha prestato opera di volontariato presso il Parco Nazionale d’Abruzzo. Quanto è autobiografico questo libro? In quale personaggio lei rivive?

Sì, il libro in parte è autobiografico. Quando sono stato a fare il volontario al Parco dentro di me c’erano un po’ tutti e due i personaggi chiave del libro: Viola e Kevin. Avendo avuto dei nonni che vivevano in campagna c’era la parte Viola che amava la natura e poiché comunque vivevo in città c’era la parte Kevin. Le due esperienze hanno fatto corto circuito, ma alla fine ha vinto la parte Viola, così sono tornato altre volte ed è stata una fulminazione: ho cambiato città, scuola, facevo ingegneria e l’ho lasciata per iscrivermi a  scienze naturali. Comunque il personaggio che preferisco del libro è Sandro Di Ianni che è ispirato a un personaggio vero, un guardaparco che si chiama Peppe Di Nuzio. Lui ha dedicato tutta la sua vita agli orsi ed ha delle storie meravigliose da raccontare, è un esempio da seguire.

Il ruolo del guardaparco che lei descrive è quello di custodire e sorvegliare, ma a volte non dovrebbe anche intervenire per cambiare il corso degli eventi?

A volte può succedere, certamente. Se deve intervenire per salvare anche un solo esemplare lo può fare poiché gli orsi marsicani sono in numero molto ristretto.

Un tempo i parchi erano fieramente difesi, oggi sia per mancanza di risorse sia per una mentalità che mira esclusivamente all’interesse personale scavalcando l’etica, sono fortemente a rischio o comunque limitati nella loro operatività. Quale futuro hanno?

Oggi i parchi sono ai primi posti come attrattiva turistica in Italia e come numero di persone che li visitano. Il problema grosso di adesso, con la spending review che c’è stata, è che si sono avuti dei tagli pari al 50 per cento dei fondi. Ho un amico che è direttore di un parco e mi dice che ci sono dei tagli anche del personale. Fino a qualche anno fa il Parco d’Abruzzo aveva 20 guardaparco che è un nulla per la sua estensione. Per cercare di avere delle entrate extra si mettono in campo anche delle azioni di merchandising: si organizzano attività che possono essere a pagamento, anche se la filosofia è quella di gestirsi con il finanziamento pubblico. Non tutti sanno che i parchi, in particolare quello d’Abruzzo, affittano dai Comuni le foreste per proteggerle. Faccio un esempio: per tutelare la foresta di Vallefredda, il Parco paga al Comune di Opi un affitto per compensare il mancato ricavo dal taglio del bosco. Ci sono delle spese fisse enormi: oltre al pagamento del personale, anche l’affitto ai Comuni per sopperire ai mancati introiti dovuti tra l’altro alla vendita della legna. La gente non si rende conto dell’entità delle spese a cui bisogna far fronte per la gestione.

Rapporto tecnologia-ambiente descritta nel libro, vede un’antitesi?

Nel libro ho introdotto la questione dei radio-collari. Io ho interpretato più che altro  una mezza polemica sul tentativo che c’è stato negli scorsi anni di monitorare tutti gli orsi. Una parte dei ricercatori dice che questa è una cosa positiva altri meno. Nel romanzo ho fatto mantenere a Sandro, il guardaparco, una posizione contraria ma solo da un punto di vista etico. Non voglio mettere in dubbio il lavoro dei ricercatori, semplicemente si scontra la visione scientifica di Valerio (colui che deve monitorare tutti gli orsi) con quella più etica di Sandro che è quella di Peppe Di Nuzio che mi dice “ quando li vedo con i radio-collari, per me non sono orsi”. Ho voluto dare al lettore l’immagine di un guardaparco puro come potevano essercene una volta, ma devo dire che se ne incontrano ancora oggi.

Letteratura per ragazzi:una vera necessità oggi. In queste vicende molte volte c’è il lieto fine. Il messaggio che lancia è edulcorato?

No, alla fine ho voluto dare un messaggio crudo perché spesso è così la legge della natura. Non vorrei che chi legge il libro, poi andando al parco, pensi di trovare una situazione edulcorata. Magari si trova di fronte delle situazioni non belle, come quando si perdono un orso o dei cuccioli. Negli ultimi anni ci sono state tante situazioni di questo tipo. Più che altro ho voluto scrivere un libro da vivere. La cosa più bella che mi è successa è che pochi giorni fa mi ha scritto una ragazza che dopo aver letto il libro ha chiesto di andare volontaria nel Parco.

In qualità di cantante e autore di canzoni, in che modo le voci della natura entrano nel suo modo di fare musica e in che modo la musica rivive nei suoi libri?

Sono stati due binari non dico paralleli ma che si sono intrecciati da sempre. La mia parte musicale nasce dalla poesia di Tolkien ma dalla parte evocativa della natura. Credo di aver trovato più facile dare un ritmo al racconto basandomi sull’esperienza musicale perché quando si fa una canzone bisogna stare molto attenti proprio al ritmo: dare respiro, serrare i tempi, e forse questa pratica musicale mi ha aiutato.

Ritiene possibile per i ragazzi così pressati dalla tecnologia, e magari lontani anni luce da quelle belle frasi inserite nel libro come un vero inno alla natura, possano riavvicinarsi alla natura stessa?

Il mio intento è quello che la lettura di questo libro faccia semplicemente venir voglia di uscire e fare una bella passeggiata. Spesso faccio delle lezioni in certe classi e quei ragazzi li vedo per un’ora soltanto quindi non posso pensare di potergli cambiare la vita, ma voglio creare un cuneo. Se il bambino ha ascoltato con piacere, sarà lui a picchiare su quel cuneo e ad insistere per percorrere quella via. I bambini in questo periodo hanno tante barriere. Quando andiamo per i boschi la cosa più difficile è farli sedere per terra. Ma se si ha l’approccio giusto è anche facile distruggere queste barriere nei bambini più che negli adulti. Per esempio, durante un’attività, ho conosciuto una bambina che aveva una vera e propria fobia per il fango e non c’era verso di farla entrare nel bosco perché i sentieri erano fangosi. Allora io e altri due bimbi meno schizzinosi siamo entrati in uno stagnetto fangoso, abbiamo preso il fango ce lo siamo spalmato sul viso e sulle braccia; la bambina è stata rincuorata da ciò, ha superato la paura e la sera era la bimba più infangata del gruppo. Quando faccio i corsi per educatori ambientali faccio sempre vedere la fotografia di questa bambina tutta infangata che è riuscita a superare le sue fobie, ma se io glielo avessi imposto non l’avrebbe mai fatto. Bisogna agire con l’esempio e far vedere che uno ha entusiasmo. Negli ultimi anni ho assistito ad una cosa curiosa: i bambini di città vanno più spesso in campagna rispetto ai coetanei che già ci vivono, nel senso che tutti e due fanno vita piuttosto reclusa tutta la settimana.

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