
Data di pubbl.: 2024
Pagine: 336
Prezzo: € 14,00
Settima indagine per il maggiore Aldo Morosini del PAI (Polizia dell’Africa Italiana) nel 1937 in un’Eritrea che attende l’insediamento del Principe Amedeo d’Aosta come Viceré al posto del generale Graziani. Natale e la fine dell’anno si avvicinano e Morosini gode di una breve licenza nella città di Massaua, sua originaria residenza all’arrivo in Africa anni prima. È l’occasione per trascorrere un po’ di tempo in compagnia dei suoi fedeli amici del ‘triumvirato’, Furio Ragazzoni e Claudio Morandi, fra cene al ristorante da Mario condite da ottimo cibo italiano e buon vino, e una gita alle isole Dahlàc. È anche l’occasione per un incontro galante con la giovane vedova Caterina che potrebbe eclissare il grande amore di Morosini, la fotografa e spia tedesca Erika Hagen, troppo assente e forse per questo tanto desiderata. Ma a riportarlo sulla terra è una telefonata da Asmara – sua attuale residenza – del suo sottoposto, il maresciallo Barbagallo. La domestica di casa Bouchard, Samya, è stata brutalmente uccisa di ritorno dalla chiesa copta che frequentava. Nessun indizio sul perché, mentre il come è chiaro: pugnalata più volte, gli abiti stracciati e il corpo abbandonato in una stradina. Morosini immagina di occuparsene al suo ritorno ad Asmara, alla fine della licenza, ma il colonnello Delle Piane lo richiama al dovere: il governatore, vista l’importanza dei Bouchard, vuole che il delitto venga risolto al più presto. A malincuore, Morosini deve lasciare la torrida Massaua portandosi dietro lo sciumbasci (maresciallo degli ascari) Tesfaghi e correre ad Asmara per iniziare l’indagine. Chi sono dunque i Bouchard, a casa dei quali Samya lavorava da lunghi anni tanto che la sua morte ha prostrato la signora Maria Elena? Più di una semplice serva, di sicuro. E per Maria Elena, erede delle fortune paterne, una confidente, un’amica. Lei, senza figli, che da sempre soffre di asma bronchiale e il cui marito agronomo, l’ing. Rotondo, passa più tempo nell’agrumeto di Ela Behrèn che a casa. Lei, il cui fratello Carlo Alberto, che campa grazie a un vitalizio perché il defunto padre lo ha tagliato fuori dal governo dell’azienda, trascorre il tempo a gozzovigliare con gli amici. E che ruolo ha nella vicenda il factotum dei Brochard, Severino Mascheroni? Chi diavolo potrebbe aver voluto assassinare Samya, buona, gentile, modesta e senza legami sentimentali? Ma ogni famiglia nasconde dei segreti spesso oscuri e inconfessabili come ben presto scoprirà Morosini coadiuvato dai suoi sottoposti e dall’amica di Asmara Lucilla la quale, grazie alla sua professione, è una fonte di notizie. E Samya non sarà l’unica a morire.
Giorgio Ballario, come sempre, non si limita a raccontarci una vicenda gialla costruita in modo impeccabile e in uno stile impeccabile, ma ci porta in giro per il Tigrè, i suoi spazi infiniti, i piccoli e grandi villaggi, gli aranceti, i monasteri copti, senza dimenticare il mare di fronte a Massaua e i suoi tristi villaggi periferici come Otumlo; Asmara e la vita degli italiani che l’abitavano. Accade infatti che un romanzo giallo come questo ci insegni più cose di un libro di storia e ce le insegni persino in modo migliore e più facile da ricordare. Qualche esempio per tutti: la pratica del ‘madamato’ nelle colonie italiane, il movimento dei ribelli contro l’occupazione, le vittorie e le sconfitte delle armate di Mussolini nella regione. E la presenza ad Asmara di Giovanni Comisso, scrittore e, all’epoca, giornalista per La Gazzetta del Popolo inviato in Africa per documentare i successi del regime.
Consigliatissimo.