Una poltroncina rossa sul grandissimo palcoscenico dell’ Auditorium del Lingotto, la sala più capiente del Salone: ecco lo sfondo della presentazione dell’ ultimo romanzo di Fabio Volo “Le prime luci del mattino”, edito da Mondadori. Una posizione che forse intimorisce un po’ l’autore, che non riesce a stare seduto e si cala immediatamente nel ruolo dello scrittore per caso, che ha fatto della simpatia (a volte un po’ forzata) e del suo essere un uomo non diverso dagli altri la sua bandiera.
Ripercorre insieme a noi le tappe della sua storia d’amore con i libri, a partire dalla scuola, durante la quale ha preferito sostituire il diritto di sapere all’obbligo di studiare, fino a quando è esploso l’amore, puro e viscerale nei confronti della lettura: proprio nell’età dell’adolescenza, in cui ci si sente un po’ soli, Fabio Volo ha scoperto nelle pagine stampate di un libro il suo modo di sentire, la compagnia di qualcuno che ci capisce davvero anche se vissuto in epoche e mondi lontani. In particolare è la biografia di Michelangelo ad appassionare il giovane Fabio, e l’idea che così come in un blocco di marmo sia racchiusa un’opera d’arte così in ciascuno di noi premono talenti che richiedono solo gli strumenti adatti per essere portati alla luce.
Questo percorso è particolarmente difficile nell’adolescenza: ogni passo verso di sé allontana dagli altri, da quello che il mondo si aspetta da noi. In questa fase nessuno può sapere quello che si sta per diventare: la lettura è lo scalpello che più di altri ha plasmato quello che il giovane Fabio sentiva dentro di sé.
Inaspettatamente sono libri come la Divina Commedia, il Paradiso in particolare, ed i Vangeli ad essere lo strumento che ha consentito a Volo di diventare quello che è, di poter fare quello che si sente, che “non significa fare quello che voglio, ma intanto volere quello che si fa”.
Non vuole tuttavia fare una classifica di libri buoni e cattivi, o consigliare letture particolari: non ci sono lettori di serie A o B; in questo forse risponde alle polemiche a lui rivolte dal critico Aldo Grasso che, sul Corriere della Sera del 20 aprile 2012, interrogandosi sui motivi per cui i libri di Fabio Volo fossero dei best-seller aveva concluso che “…i grandi lettori di Volo siano in realtà dei non-lettori, dei portatori insani di antiche ossessioni scolastiche (non aver mai finito un libro importante perché noioso)…”.
Secondo Volo la lettura è un percorso, fatto di piccoli passi; è come per il cioccolato: prima di arrivare a gustare una tavoletta con una altissima percentuale di cacao amaro bisogna iniziare da piccoli, prima con il cioccolato al latte e poi continuare passo passo.