Paul Wilmott, “chi lavora in economia dovrebbe essere un creativo”

Inevitabile un suo coinvolgimento sui temi d’attualità, sugli esiti e le possibilità della crisi economica che, ormai dalla fine del 2007, attanaglia l’Europa. Su un ipotetico banco degli accusati, secondo Wilmott, dovrebbero sedere “tutti quegli economisti che si rifiutano di considerare la più intima natura umana. La maggior parte degli economisti che io conosco – ha spiegato Wilmott – non hanno mai avuto un lavoro proprio, un’azienda propria. E’ un modo semplice di spiegare come il mondo potrebbe essere un luogo più sicuro se gli esperti non si affezionassero tanto all’ideologia, alle sue caratteristiche più teoriche e se l’economia non venisse considerata una disciplina”. I motivi sono presto detti:  è evidente come oggi siamo sottomessi agli imperativi dell’economismo. La visione del mondo che questa disciplina propone poggia sui numeri ma i numeri non sempre dicono la verità. Deve essere possibile concepire diversamente la produzione, il consumo e lo scambio. “Prendiamo l’esempio dei CDO, obbligazioni garantite da debiti. Ovvero titoli a rischio riuniti in pacchetto che le banche rivendono compartendo il rischio. C’è un modello matematico molto complesso per calcolare il rischio stesso, ma è evidente che è stupido darsi tanta pena per concludere questo processo con un numero, con una soluzione così stupida. Bisognerebbe fare qualcosa di pratico, di molto più concreto”. E ancora: “L’economia e la finanza sono governate da esseri umani e non da particelle. Nella finanza il ruolo dell’uomo garantisce imprevedibilità. I modelli matematici non possono mai essere precisi come quelli che si adoperano nella fisica”.

Qui l’affondo, allora: “Chi lavora in economia dovrebbe essere un creativo. Non accade così, purtroppo”. Manca uno sguardo lucido e originale sulle diverse crisi -finanziaria appunto, ma anche economica, energetica e alimentare- che ci troviamo ad attraversare. Inutile, secondo Willmott, aspettarsi molto dagli ambienti legati a stretto giro con la finanza: “I banchieri -ha detto al pubblico di Festivaletteratura- non hanno nessun interesse a gestire la crisi. Prendono dalle transazioni quantità di denaro che non solo noi non vedremo mai in una vita intera, ma che difficilmente riusciamo anche ad immaginare. Della sicurezza degli investimenti non importa loro”. Dunque che ruolo possono giocare tutti quei tentativi che propongono tasse sulle transazioni stesse e che da più ambienti vengono proposte? “La Tobin tax e quelle proposte che più o meno le vanno in scia sono senz’altro una buona idea -ha spiegato il matematico. A patto di calcolare bene e di non esagerare la percentuale della tassazione”. Il rischio dell’ideologia è comunque sempre presente quando si affrontano tematiche di questo genere -ha ribadito Willmott: “Quando si parla di ridistribuire la ricchezza mi tornano in mente quei politici che guardano tutti noi, in ogni diversa nazione, dallo schermo, e ci dicono che dobbiamo pagare più tasse. La salvezza non sta in un ipotetico reddito minimo globale garantito a tutti”. Serve davvero un altro modo di pensare la società, di affrontare i problemi -anche ecologici- pensando alla costruzione di un paradigma economico sempre più vicino alle necessità di ogni uomo.

Fonte: MAVICO

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