
Autore: Cristopher Coker
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: Fazi editore
Genere: saggio politico, saggio sociologico
Traduttore: Thomas Fazi
Pagine: 298
Prezzo: 20
Quando Fazi editore mi ha proposto la recensione del testo di Coker, mi sono sentito incredibilmente emozionato all’idea di provare una nuova lettura che non fosse il solito romanzo. Non che leggere e recensire romanzi mi abbia dato noia, al contrario leggo moltissime pagine (tra novità editoriali e libri sugli scaffali di casa) che continuo a trovare eccezionali, ma arrivare ad occuparmi di un libro riguardante argomenti “scottanti” è qualcosa di nuovo. Un “brivido” da provare.
Bando ai preamboli e iniziamo a parlare del libro.
Lo scontro degli Stati-Civiltà è un saggio che guarda alla nostra contemporaneità in modo trasversale. Coker inizia il suo saggio invitando i propri lettori a dare una definizione di cosa per loro sia “Civiltà” e (devo ammetterlo) quando mi sono messo di buona lena a rispondere a questa domanda ho capito che non sapevo cosa dire. Per me, “Civiltà” è qualcosa che riguarda la cultura, la lingua e le tradizioni di un paese ma, come mi riporta l’autore, la risposta non è così semplice. La mia è una visione estremamente ristretta della civiltà che guarda solamente ai confini (più o meno immaginari) di una nazione. Italia, Francia ed Inghilterra (solo per fare un esempio) pur avendo lingue e alcune tradizioni differenti sono parte della stessa Civiltà, ovvero la Civiltà europea e Occidentale, ovvero quel modo di pensare, di credere e di percepire il mondo (in tutti i suoi aspetti anche quelli più controversi e malati) nel quale siamo cresciuti e che riteniamo essere il migliore al mondo. Perchè, come ci ricorda l’autore, il mondo occidentale ha una grande dose di arroganza al suo interno arrivando a ritenere che il suo pensiero sia l’unico universalmente valido e che non esistono altri modi di pensiero (dopotutto, qualcuno ha mai visto in una libreria o in un’aereporto un saggio sul pensiero e la cultura Orientale?). Eppure non è così. Esistono molti altri modi di percepire l’organizzazione dello Stato, la gestione dell’economia e del lavoro, la religione e la filosia che sono lontani dal pensiero occidentale. All’estrema esaltazione dell’individuo tipico del mondo capitalistico occidentale (“homo hominis lupus” avrebbe detto Plauto) si contrappone un’idea di collettivsmo sociale dove l’importanza è il mantenimento della società a discapito dell’individuo (e questo non rientra per forza nella filosofia comunista) tanto da operare, per il bene dell’uguaglianza di tutti, anche precise scelte anche nel campo della genetica.
Ecco dunque che, dopo una attenta analisi di quella che è stata la storia del pensiero occidentale, fino a giungere al momento attuale, Coker si imbatte in due problemi. Il primo è la sopravvivenza dello stesso mondo occidentale giunto in un epoca postcapitalista e postcristiana, così intrappoltato nelle sue convizioni (ormai irrigidite) da essere attraversato da due violente correnti di pensiero che tendono una alla ripoposizione di un arrogante modello suprematista (i nuovi razzismi e le tentazioni totalitariste) e una altrettanto forte e distruttiva spinta autodisgregativa (una sorta di “razzismo inverso” termine da me coniato per spiegare la volontà di portare il politicamente corretto a livelli di intolleranza ed estremismo tali da portarci a rinnegare e distruggere il nostro passato) che non accetta più la critica del sistema e la sua evoluzione ma lo nega per portarlo alla morte. Il secondo problema presentato dall’autore è la relazione sempre maggiore di confronto tra il pensiero occidentale e le altre civiltà. In un momento di grande tribolazione portato dalla sempre più frenetica modernizzazione della vita, il pensiero occidentale (sia attraverso le migrazioni di massa sia attraverso il commercio e i rapporti politici) si confronta sempre di più con mondi che non è abituato a conoscere e a capire. La Cina, per esempio, che ha vissuto una storia simile a quella dell’Occidente (un grande popolo antico simile a quello romano,un medioevo e una rivoluzione industriale e culturale simili a quelle che ci sono state in Europa, quando ancora i contatti tra Est ed Ovest non erano così agevoli) ma che è arrivata a concepire se stessa e il suo rapportarsi al mondo in modo totalmente differente. E mentre l’occidente resta intrappolato nelle sue convinzioni e nei suoi schemi sclerotizzati, l’altro mondo, quello che esporta solo dal punto di vista economico ma non culturale non avendo pretese di universalismo, avanza sempre di più finendo per acuire la grande crisi che si è formata nel territorio Euro-Americano.
Coker non prende posizioni nel suo saggio. Non è un fautore della distruzione dell’Occidente non serve un partito politico o una filosofia in particolare e non è di certo un sostenitore dei (futili) tentativi di alcuni politici di riportarci alla “purezza della supremazia del pensiero liberale, bianco e giudaico cristiano”. Coker presenta i fatti come potrebbe farlo qualsiasi scienziato sociale dicendo cose che possono essere scomode sia per un lettore politicamente schierato a destra sia per uno che guarda a sinistra. Scegliere se ingoiare la pillola amara ed ammettere il fallimento del proprio modo di pensare (Coker non parla di rivoluzioni non invita a una riscossa, delinea solo quello che potrebbe essere un eventuale prossimo futuro) oppure se rigettare tutto il contenuto del libro bollandolo ora come un tentativo di elogiare un pensiero fascista o un pensiero comunista sta all’intelligenza del lettore. La grande verità, che mi sento di condividere con voi a partire da queste pagine, è la riflessione che l’autore porta: finché si vedrà l’altro in una chiave di inferiorità (sia che si parli di cultura sia che si parli di politica) bollandolo come “ignorante, stupido, ottuso e primitivo” solo perché ha portato un contenuto “diverso” (diverso non significa migliore o peggiore ma solo differente da quello che speriamo noi) non si potrà comprendere le potenzialità delll’altro e il suo modo di vedere il mondo e si resterà sclerotizzati nella propria piccola e sterile convinzione. Il pensiero occidentale ha fatto così per molto tempo, reputandosi l’unico davvero vincente e non riuscendo a capire sia le potenzialità del pensiero orientale sia le minacce che questo può portare. Perchè parlare solo di possibilità sarebbe da ingenui e bisogna ammettere, senza per questo sentirsi sbagliati o intolleranti, che nelle possibilità dell’incontro possono esistere anche possibilità dello scontro e che non tutti siamo in grado di accettare il cambiamento che siano esse persone o Civiltà.