G.B.Tiepolo (1696-1770) Cappella del S.Sacramento – Udine, Duomo
Il sipario si leva sulla finzione di una piazza urbana ingombrata al centro dalla finzione di una fontana con ninfe e tritoni, ai lati della quale un duplice filare di panchine rincorre la prospettiva verso il fondale, dipinto a ricordare cieli del Veronese o del Tiepolo. In scena, non si vede ma c’è luce, quella annuvolata dei sogni o delle pievi toscane al crepuscolo. Ci fosse, lo spettatore de’ palchi, in platea, ne trarrebbe spaesato religioso silenzio. Ma nel teatrino del Disessenti gli spettatori vanno immaginati fuori a brusugliàre in una nebbia piovosa, che li intride come pani da messa. Compare il Disessènti tra le poltrone vuote, passa, raggiunge il palco centrale. Ed ecco che dalle quinte di destra, un coro in costumi variopinti, qualcuno tirolese, bambini/e con volani e cappelli dai lunghissimi nastri, incontra quattro immensi negri che da sinistra entrano recando in ispalla il ligneo moke-up di una cinquecento giardiniera, decocurbitàta del tetto; due altri negri seguono agitando flabelli dai colori rissosi, un terzo precede il corteo crollando una bandiera inteccherìta con su ricamato, Stradella. Similfalstaff scremato, irti i capégli, setole quasi di scopa, Stradella saluta dall’auto fumando un sigaro grasso; azzurra feluca sotto il braccio, veste una giubba schiribillànte d’ori e d’alamari. Al vederlo
CORO Ahehihohuhlà embè
Disessènti
Uditelo e tacete. Stradella, dite
Stradella (baritono – spegne il sigaro tra due dita)
Son io lo Stradella/dove mi s’appella/ben lesto alle domande/ch’a me la folla tende/e ratto alla replica/che la folla duplica/sì pronto di favella/son io lo Stradella(ripone il sigaro nella tasca destra della giacchetta)
Coro
Oh Stradella Stradella/chi che te vol’ t’appella/chi che tace consente/bon xe cusì tra la gente
Disessènti (imperativo)
Stradella orsù….
Intelligente, sornione, Stradella volge il volto tozzo, la pelle serigrafata dalla couperose, alla voce del Disessènti, indi, suscitato un altro negro ché ostènda, quasi Graal, un cesto d’uova, dominando il coro….
Stradella
Udite ché questa l’è nova/e le sòn volanti codeste ova/vu’ nol sapete, qui per diletto/a chìnne vòle e ’un fanno difetto
Disessènti
Cadenzate gl’inganni Stradella, raus…
Popolata di pubblico si spande in platea una nuvola; coro e Stradella arretrano in quinta en ralenti, sgomenti; punteggiata di tossi, stérnuti, raucedini, la nuvola esala un esile canto. Sembra, e lo è, un requiem tedesco, Denn alles Fleisch.… Notte e pioggia da fuori si fanno strada in teatro….https://www.youtube.com/watch?v=l6zpVsGbvNo
* Auto sacramentàl -pl- autos sacramentàales. Per quei lettori eventuali che non solo avessero letto fin qui l’ElzeMìro ma che addirittura si fossero chiesti auto sacramentàl o sacraméntal, accettandolo tuttavia come dato di fatto o titolo suggestivo, e che non avessero fatto un escursione nella Treccani per documentarsi ed accertare che intanto è sacramentàl, precisiamo alla breve che esso fu una forma di spettacolo diffusa in Ispagna nel secolo XVII e che vanta autori di rilievo. Per quanto affine non fu corrispettivo della sacra rappresentazione o del mistero medievale, quello per intenderci con cui Victor Hugo apre il racconto di Notre-Dame de Paris. L’a.s. ha invece qualche parentela con la tragedia greca, si leggano in proposito El gran teatro del mundo o La vida es sueño – la vita sogno- di Pedro Calderón de la Barca, che qualcuno ha paragonato nello spirito poetico se non nell’intento etico, moraleggiante all’Edipo di Sofocle..