Fotografa il pubblico per mandare nel suo paese la testimonianza diretta del suo successo: questo gesto durante la conferenza a Chiasso Letteraria ha sorpreso e divertito e spiega molto della realtà di una autore che ha incontrato la letteratura come opportunità in modo casuale e ha scelto questo mestiere in un paese dove non si scrivono libri.
Luiz Ruffato è sotto molti aspetti uno scrittore sorprendente, anche e soprattutto per la capacità di narrare le contraddizioni del mondo globalizzato giocando tra finzione e realtà, mettendo in scena anche il nostro bisogno di verità.
Nel suo ultimo libro, “Fiori artificiali” , edito in Italia come i precedenti da “La nuova frontiera” continua a giocare sulla dicotomia tra realtà e finzione, mettendo in scena un nuovo contraddittorio personaggio, Dorio Finetto, che nel libro racconta la sua autobiografia.
Ma qual è la verità che può raccontare il figlio di una terra senza memoria come il Brasile, che può risalire al massimo alla storia dei bisnonni, figlio di un venditore di popcorn analfabeta?
Intervistato e tradotto da Prisca Agustoni, ha iniziato proprio da una delle questioni principali per il suo paese: “Abbiamo costruito un passato totalmente irreale, convinciamo il mondo di essere chi non siamo. L’idea che abbiamo noi del Brasile è che si sia costruito in modo tranquillo e ne abbiamo convinto gli altri; in realtà alla base c’è un genocidio di 4 milioni di indios ed è l’ultimo paese ad aver abolito la schiavitù. La storia politica è una successione di dittature e ora è arrivato a trent’anni di democrazia ancora fragile.
Per non parlare di chi in Brasile veniva a cercare fortuna lasciandosi alle spalle un passato di miseria. L’immigrazione italiana povera ha ricostruito un passato glorioso inesistente. C’è quindi una generale difficoltà con la memoria personale e collettiva e scrivere a partire dalla memoria è un gesto di resistenza”.
L’ identità dello scrittore, poi, in questo paese, è tutta da costruire: “ La mia prima questione è stata quella di evitare di essere identificato con una classe sociale. In Brasile la maggioranza elitaria è bianca, di ceto medio, eterosessuale e cattolica. Quando uno scrittore sfugge a questa maggioranza viene connotato. Per prima cosa hanno cercato di dire, data la mia provenienza, che appartenevo alla classe operaia. Ma a mio avviso quei pochi che la rappresentano si servono di personaggi infantilizzati, senza psicologia. Io ho un progetto letterario molto chiaro: non vivo della vendita ma di altre attività e quindi mi permetto l’autonomia totale. Per fortuna godo di un certo riconoscimento all’estero e siccome voglio dare una prova tangibile del mio successo fotografo il pubblico”.
Ruffato ha uno stile singolare, che mescola alla narrazione il linguaggio della pubblicità, del teatro, della poesia e persino della preghiera.
“Ho dovuto elaborare una nuova modalità comunicativa per poter parlare della perdita di riferimento dell’uomo, del lavoratore, nel mondo postmoderno. Per 15 anni ha letto studiato, fatto ricerche. Il romanzo borghese nasce per strutturare un discorso sociale che non si può usare per trattare della classe operaia. Così sono arrivato alla scrittura di 5 romanzi sulla vita di un operaio in Brasile, che costituiscono l’”Inferno Provvisorio”
La letteratura per lui è stata un incontro quasi casuale: il padre, vedendo le sue capacità, lo aveva indirizzato in scuole di livello più alto e lui, bimbo biondo tra tanti bambini mori si era ritagliato un cantuccio silenzioso in cui rifugiarsi. In questa piccola biblioteca una delle addette, vedendolo leggere, continuava a stimolarlo dandogli nuovi libri.
“Cosa la affascina maggiormente della letteratura?” gli chiediamo:
“La letteratura, tra tutte le arti è quella maggiormente esclusivista, perché necessita della capacità di leggere e scrivere. Il cinema e l’arte sono visivi, la musica è uditiva e sono tutte più immediate. Nel medesimo tempo è l’arte più rivoluzionaria perché richiede un confronto interiore, è un’esperienza da vivere in modo personale ed esclusivo e solo dopo può aprirsi al confronto”