Titolo: Il rosso e il nero
Autore: Stendhal
Prima pubblicazione: 1831
Edizione usata per la recensione: Feltrinelli, 2013
(recensione a cura di Emanuela Gervasini)
Il Rosso e il Nero di Henri Beyle , in arte Stendhal. To the happy few…….ovvero solo per chi sa cos’è la felicità!
Verso il 1826, a Verrières, cittadina della Franche-Comtée, il sindaco Monsieur de Rênal ha scelto come precettore dei figli, Julien, figlio di un segatore e giovane di estrazione piccolo borghese, dall’apparenza timida ma in fondo molto ambizioso. Dal momento che la carriera militare (Il Rosso, dal colore della divisa militare), possibile durante il periodo rivoluzionario e napoleonico, è ormai preclusa, Julien sogna di sfondare nell’ambiente ecclesiastico (Il Nero), unica prerogativa durante la “Restaurazione”.
Madame de Rênal, moglie del sindaco, s’innamora di Julien ed è per questo che Monsieur de Rênal lo allontana dalla sua dimora. Il giovane entra così in seminario guadagnandosi le simpatie del superiore, l’Abbé Pirard, ottenendo un posto da segretario presso un Ultra, il Marchese de La Mole. La sua presenza risveglia la fantasia della figlia di quest’ultimo, la romantica Mathilde che Julien seduce strappando una promessa di matrimonio alla famiglia.
Tuttavia, Madame de Rênal, sempre innamorata del giovane e rosa dalla gelosia, svela l’intrigo al marchese spingendo Julien a un imperioso desiderio di vendetta. Nella chiesa di Verrières spara alla donna ferendola con un colpo di pistola ed è così arrestato e condannato a morte. La scena finale del romanzo vede Mathilde che seppellisce la testa in una grotta del Giura, mentre Madame de Rênal muore in silenzio stretta ai figli.
In Il Rosso e il Nero, Stendhal descrive la realtà storica del periodo della Restaurazione: una società in cui la Monarchia e la Chiesa suggellano un’unione reazionaria, in opposizione al precedente periodo storico, impedendo all’individuo di gioire e realizzare i propri sogni. Julien si ribella alle imposizioni e agli stereotipi sociali. Lascia la famiglia d’origine: “Julien, ragazzo fine, carino è maltrattato dal padre e dai fratelli, brutali despoti, che, secondo usanza, denigrano tutto ciò che differisce da loro (…). Vuole uscire dall’umiliazione e dalla dipendenza in cui la povertà (morale e culturale, aggiungerei io) lo affonda e smettere di vivere in mezzo a cose grossolane e bassezza morale”(1). Julien è un eroe romantico che vede la società stereotipata come un nemico da combattere per affermare se stesso. Julien non si rifugia nella solitaria contemplazione della natura, ma trova nell’azione la modalità di fuga da una gabbia di ipocrisia in cui la società post-rivoluzionaria e post-napoleonica lo costringe. Il Rosso della passione e dell’azione si oppone al Nero di una nazione, la Francia, pervasa dall’inazione e da un senso di morte politica ed intellettuale. Julien non è più il René di Chateaubriand. Julien agisce nel contesto storico a lui coevo con il desiderio di trasformarlo. E’ da qui che nasce il Realismo soggettivo di Stendhal perché il reale è misurato dal punto di vista del personaggio che corrisponde a quello del narratore. In Julien si verifica la concretizzazione dell’enthousiasme dei primi Romantici (il termine francese contiene il “th” dal greco Theos, Dio in noi) che spinge René ad un disagio interiore – Le Mal du Siècle – che va dall’esaltazione del sé ad uno stato di ricorrente malinconia, dal momento che gli è preclusa ogni possibilità di realizzare i propri sogni nel contesto storico in cui vive. Al contrario, Julien è uno spirito entusiasta che aspira al successo personale, a quell’oggetto del desiderio che caratterizza la filosofia del Carpe Diem, dell’attimo fuggente che rende felici anche solo per un momento. Il Romanticismo di Stendhal, da lui definito “Romanticisme”, non è il Romantisme dei primi Romantici francesi. Il termine contiene al suo interno l’infisso “ci” che dà dinamicità ed energia alla visione del mondo dell’autore. Non è più un Romanticismo statico ma d’azione. E’ l’esaltazione dell’Io, il culto dell’energia e dell’idealismo, della realizzazione del sé, ad ogni prezzo. “Il Romanticisme è l’arte di presentare ai popoli le opere letterarie che, nello stato attuale delle loro abitudini e delle loro consuetudini, procuri loro il maggior piacere possibile” (2).
La passione che aveva pervaso il periodo rivoluzionario e napoleonico ha ormai lasciato spazio solo alla meschinità e all’ipocrisia reazionaria della classe politica dominante. Julien è innamorato dell’azione che lo porta autonomamente alla conquista del mondo fino alla morte, come un vero eroe romantico, vista come abbandono e fuga da esso , perché fonte di delusione. La mediocrità non è per Julien, egli non può adattarsi alle convenzioni sociali di una realtà asfittica. Dietro allo stile di Stendhal, troviamo l’uomo e la sua gioia di vivere. Una volta arrestato, Julien ha il coraggio di affermare: “Messieurs, je n’ai pas l’honneur d’appartenir à votre classe; vous voyez en moi un paysan qui s’est révolté contre la bassesse de sa fortune” (“Signori, non ho l’onore di appartenere alla vostra classe; voi vedete in me un contadino che si è ribellato alla bassezza della sua fortuna”). E tutto questo… To the Happy few… a cui Stendhal dedica le sue opere, ovvero solo per quei pochi che sanno cos’è la felicità.
Note:
(1) Hyppolite Taine, Nouvaux Essais de critique et d’Histoire (traduzione dal francese a cura di Emanuela Gervasini)
(2) Stendhal, Racine et Shakespeare