Gli strumenti del giornalismo, da Twitter a Glocal News

In occasione dei 15 anni del giornale web Varese News, la testata ha organizzato Glocal News, il primo festival del giornalismo online, dal 15 al 17 novembre a Varese. Tra i diversi incontri in programma, uno è stato dedicato a ospitare una piccola lezione, tenuta dalla giornalista e docente Barbara Sgarzi, sull’uso di Twitter per i giornalisti. «Saper usare Twitter non implica avere un buon rapporto con la tecnologia» spiegava, venerdì 16 novembre, la docente all’apertura del laboratorio “Twitter Masterclass: trucchi e strumenti avanzati per giornalisti”. Poche ma importanti regole che la giornalista ha incluso nel suo ebook Twitter, news e comunicazione (40k Italia, 2012). Di fronte a un folto pubblico, Barbara Sgarzi ha messo in guardia i giornalisti dagli errori più comuni che si possono commettere utilizzando Twitter. Un vero e proprio monito a non peccare di egocentrismo o faciloneria su un mezzo che non perdona questo genere di errori.

La verifica delle fonti, con l’impatto globale dei social media, è sempre più indispensabile, soprattutto in un mondo caratterizzato da una frequente sovra informazione. Barbara Sgarzi insisteva: «Non rincorriamo lo scoop. Twitter è un mezzo pubblico e aperto a tutti, facile fare errori – e poi, precisava – È importante fare attenzione alle parole, dovendo sintetizzare in 140 caratteri si generano spesso ambiguità». Beppe Severgnini, celebre giornalista del Corriere della Sera, come ricordava la giornalista durante la lezione, sosteneva di avere imparato la sintesi non tanto in oltre 20 anni di lavoro ma grazie all’utilizzo di Twitter. Citando il caso del giornalista Sandro Ruotolo, che in un tweet di qualche mese fa diffuse le generalità del presunto autore dell’attentato di Brindisi del 19 maggio 2012, Barbara Sgarzi ha sottolineato quanto sia importante fare attenzione a cosa dare in pasto alla propria audience, soprattutto se è molto ampia. Il tweet di Ruotolo causò una caccia all’uomo quasi immediata che mise in pericolo un sospettato poi scagionato dalle indagini. Il giornalista chiuse poi il suo profilo Twitter e subì un procedimento disciplinare dall’Ordine dei Giornalisti della Campania.

Ma i cinguettii quanto possono essere utili al giornalista? Esistono strumenti che possono aiutare a interpretare la mole di informazioni che arrivano dal mezzo, senza considerarle una massa informe da utilizzare a spizzichi e bocconi come riempitivo. Intanto, precisava Barbara Sgarzi, è inutile parlare del “popolo della rete” o del “popolo di Twitter”, perché esso può cambiare a seconda della nostra percezione in base al genere di account che seguiamo. È insensato immaginare che abbia un pensiero unico. Più sensato è fare nomi e cognomi (o nickname) di chi dice cosa, ammesso di ritenerlo abbastanza autorevole o utile al nostro articolo. Ancora meglio è utilizzare apposite applicazioni di misurazione. Intanto, per salvare i live tweeting e renderli fruibili anche “in differita” è imprescindibile l’uso di Storify, che integra diverse fonti oltre a Twitter, il quale organizza in un unico racconto i diversi tweet rendendoli leggibili l’uno dietro l’altro. Comodissimo per le statistiche è Trendsmap, che crea una mappa geografica del maggiore utilizzo di un hashtag (ad esempio, con #terremoto, si capì che i primi a twittare copiosamente del sisma in Emilia furono, oltre agli emiliani, i milanesi; e questo fece prendere una bella cantonata a Studio Aperto). Molto utili anche Tweetreach, che misura l’influenza di un hashtag, e Tweriod, che stabilisce a quali orari siano maggiormente connessi i nostri follower.

Tutti strumenti che aiutano ad arricchire un articolo o un servizio con informazioni elaborate e utili a un ragionamento. Ma ne esistono anche altri come Tweetstats che ci aiutano a capire come gli altri percepiscano l’uso del nostro account Twitter (ma anche per gli account delle testate). È bene ricordarsi che Twitter non è un giocattolo, quindi, come si ripete nelle linee guida social di BBC: «Non fare niente di stupido». Sempre a proposito di linee guida, Barbara Sgarzi faceva notare che nella privacy policy di Twitter c’è la frase «Sei ciò che twitti». Un uso consapevole – e umile – del mezzo è indispensabile per capire se l’immagine che stiamo dando di noi sia compatibile con ciò che vogliamo o possiamo diffondere.

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