Autore: Faravelli Stefano, Visentin Claudio
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Ediciclo
Genere: Diario di viaggio
Pagine: 106
Prezzo: 12,00
Quando si uniscono un maestro di scrittura di viaggi ed un pittore, ovvero Claudio Visentin e Stefano Faravelli, l’opera che ne deriva non può che essere un piccolo capolavoro. E quest’opera è un viaggio letterario nei luoghi che si presume siano stati toccati da don Chisciotte. In occasione del 400° anniversario della scomparsa del grande scrittore spagnolo Miguel de Cervantes, Ediciclo ci propone l’opera Alla ricerca di don Chisciotte – Un viaggio nella Mancia.
Il viaggio inizia a Madrid, in un luminoso giorno di primavera proprio sotto il monumento dedicato a Don Chisciotte e Sancio Panza. Per noi lettori il viaggio dovrebbe esser iniziato ancor prima con la lettura delle vicende descritte da Cervantes su quel suo eroe, accompagnato da un fido scudiero, che difendeva i deboli e cercava di porre rimedio ai torti del mondo. Proprio a Madrid, in piazza di Spagna, sorge un importante monumento dedicato al cavalier errante. Sappiamo che il personaggio in questione è solo frutto della fantasia dell’autore, dunque inesistente, perciò introvabile, ma i due autori decidono comunque di percorrere la Ruta del Quijote, cioè 2500 chilometri tra pianure infinite e mulini a vento. Faravelli incarna l’eroe di Cervantes, anche fisicamente, mentre Visentin si ritaglia il ruolo di scudiero disincantato, il Sancho Panza che registra gli spostamenti fisici, gli indizi geografici e i luoghi della fantasia. Da Madrid a Toledo, passando per Campo de Criptana e Puerto Lapice con i suoi mulini scrostati, da El Toboso fino ad Argamasilla de Alba e Ciudad Real, Calatrava, Almagro per giungere in ultimo alla Grotta di Montesinos, la Ruta si snoda in un paesaggio rurale. Ci sono mulini a vento, piane arroventate dal sole, grotte e conventi. Intanto Stefano Faravelli trasforma il viaggio in un racconto visivo.
Il libro propone una riflessione sull’eterno conflitto tra idealismo e realismo. Come può sopravvivere nel quotidiano l’idealismo e come è possibile che una società si sostenga senza di esso. Tutti sappiamo che di soli ideali non si vive, ma neppure si può vivere del tutto senza. Don Chisciotte aveva una tal carica di idealismo che se tornasse in vita probabilmente difenderebbe i mulini piuttosto che prendersela con loro, attaccando lancia in resta tutte le costruzioni che ora ospitano i turisti che arrivano nella regione; non scamperebbero invece sicuramente ai suoi attacchi quelli di Campo de Criptana, rimessi a nuovo per dare ospitalità.
L’opera è suddivisa in capitoli, uno per ogni tappa significativa del viaggio, la cui cartina è illustrata a fondo libro. Troviamo Toledo un tempo crocevia di culture e religioni, la Mancia, la regione della Spagna meno frequentata dal turismo di massa, ma c’è anche molto altro in questo libro che si legge con piacere e si gode per le illustrazioni. Succede anche che gli autori siano entrati talmente nei panni dei personaggi che stanno inseguendo, il cavaliere e lo scudiero, all’apparenza opposti ma in verità complementari e inscindibili, da confonderli con gli eroi di Cervantes. Alla fine Visentin e Faravelli trovano Don Chisciotte, o almeno così pare, in un luogo misterioso, la Cueva de Montesinos, una profonda grotta sotterranea “stavo guardando sul muro della caverna una macchia di umidità, somigliante in modo curioso alla figura di don Chisciotte, quando d’improvviso mi è sembrato si animasse, prendesse forma umana e mi facesse segno di avvicinarmi. Di certo era un sogno, ma mi è parsa così reale che ho cominciato a parlargli” (pag.98). Dunque “questa strampalata impresa può considerarsi compiuta”. Termina così il racconto perché “tutte le imprese giungono al termine, prima o poi” concludono gli autori.
A mio giudizio invece la lettura dell’opera del Cervantes deve iniziare proprio ora, perché gli stimoli trasmessi dagli autori sono tanti e tali che non possono non essere raccolti.