Siete nel pieno di una giornata no e avete bisogno di un sorriso? Avete aperto l’intervista giusta. Abbiamo avuto il piacere di incontrare Francesco Savino e Stefano Simeone e di chiacchierare virtualmente con loro di Vivi e Vegeta (recensione) arrivata in forma cartacea per Bao Publishing. I due insieme sono una carica esplosiva che vi farà divertire e scoprire un progetto editoriale unico nel suo genere!
Partiamo con il dire che ho letteralmente amato tutto di Vivi e Vegeta, alcune battute mi hanno un po’ destabilizzato perché mi han fatto morire dal ridere obiettivamente, poi però guardando i disegni e le ambientazioni si capiva che in realtà qui si fa sul serio. Per questo voglio sapere come nasce Vivi e Vegeta e come siete riusciti a far conciliare le vostre due menti e i vostri due lavori.
Francesco: Quello tra me e Stefano Simeone è stato un bell’incontro, professionalmente e umanamente parlando. Mi azzarderei quasi a dire che, se non ci fosse stato il secondo, difficilmente il primo avrebbe preso questa piega folle e liberatoria. Conoscevo già Stefano, lui conosceva la mia terribile tendenza a creare giochi di parole con qualsiasi cosa, io conoscevo la sua condivisibile tendenza a prendersi poco sul serio. Ma sapevamo, l’uno dell’altro, che da un punto di vista professionale avremmo dato il massimo. E così, quando ci siamo trovati a pensare a un fumetto che vedeva protagonisti fiori e piante, abbiamo deciso di unire tutti questi nostri tratti: il mio mettere gli atroci giochi di parole al servizio di una storia solida e coerente, il suo raccontare per immagini con la regia e i colori che tutti conosciamo pur senza prendersi troppo sul serio. In questo, l’incontro tra me e Stefano è stato fortunatissimo: durante i primi periodi di lavorazione, quelli in cui abbiamo creato l’universo di Vivi e Vegeta, buttavamo idee e ce le rimbalzavamo a vicenda. Quelle semplicemente folli venivano eliminate, ma quelle folli al servizio della storia che avevamo in mente erano una miniera d’oro che abbiamo sviluppato al massimo.
Stefano: L’idea di usare dei fiori per raccontare un noir ci è venuta spontaneamente, Francesco, a quanto ho capito, odia i fiori con tutto se stesso, io non me ne ero mai preoccupato, ma mi lascio influenzare molto spesso. Dal lato lavorativo, siamo quasi sempre in contatto mentre si lavora a Vivi e Vegeta, e in genere ci proponiamo piccoli cambiamenti a vicenda, senza eccessive minacce di morte (da parte di Francesco, ovviamente, io sono un uomo buono).
I personaggi sono l’altro elemento che conquista, sia per quanto riguarda la caratterizzazione che l’estetica, a volte ci si dimentica completamente che in realtà sono fiori e piante antropomorfe. Quali sono i vantaggi e i limiti di lavorare con fiori e piante e quale di questi personaggi vi rappresenta di più?
F: Inutile negarlo, il mio preferito è Carl. Mi piace molto la poesia che si cela dietro i cactus: fuori protetti da spine che fanno da corazza, ma dentro fragili come qualsiasi altro fiore. Quello che mi ha divertito, nello scrivere i personaggi di Vivi e Vegeta, è stato prendere l’aspetto tipico dei fiori (dal punto di vista botanico) e ribaltarlo. Sovvertire qualsiasi convinzione noi umani abbiamo su di loro, per creare un inedito punto di vista attraverso cui il lettore potesse guardare con un’altra prospettiva. Di sicuro, la parte difficile è stata però farli entrare in contatto con il lettore. Chi legge deve empatizzare con i personaggi e, tanto più i personaggi gli assomigliano, tanto più il lettore si immerge nelle loro vicende. All’inizio, consapevoli di questi rischi, io e Stefano abbiamo lavorato proprio su questo aspetto, con l’idea di creare dei charachter floreali con cui ciascun lettore potesse immedesimarsi subito.
S: I limiti, a livello grafico, forse ci sono con dei fiori particolarmente “difficili” da disegnare, ovvero coloro per i quali ho scelto una sintesi più sperimentale. Vale a dire Clusius, il tulipano nervoso nel quale mi rispecchio maggiormente, per rispondere alla tua altra domanda. Nei primissimi piani e nel sintetizzare molto stanno le maggiori sfide. Dall’inizio ho scelto di antropomorfizzare molto i personaggi, tuttavia sono pur sempre abitanti del mondo vegetale, quindi cerco di non esagerare con i tratti relistici. In questo senso, l’uso del nero aiuta molto.
Un’altra cosa che colpisce subito l’occhio sono i colori, qui però non si limitano al semplice gusto estetico noir, ogni colore è uno strumento in mano al lettore, parlateci di questa scelta…
F: Che bello, mi piace poter passare la palla al mio collega senza neanche sentirmi troppo in colpa! La verità è che il gusto estetico è puro Simeone al 100%. Io mi limitavo a scrivere i terribili giochi di parole di cui sopra! 😀
S: Ho sempre pensato che il colore debba aggiungere elementi nuovi al racconto, non semplicemente descrivere quello che già vediamo nel disegno. Credo sia evidente, ad oggi, in tutti i fumetti a cui ho lavorato. Vivi e Vegeta non fa eccezione, anzi. Ho lavorato in modo che i colori amplificassero, e illuminassero le scene e, ad esempio nelle scene con i girasoli, ho inserito ombre durissime e colori molto saturi, in modo da dare, nelle mie intenzioni, un senso di straniamento ma anche di pericolo.
Vivi e Vegeta nasce sul web per Verticalismi nel 2014, come mai questa scelta controcorrente senza pensare direttamente al formato cartaceo?
F: Sapevamo fin dall’inizio che Vivi e Vegeta era un progetto complesso, difficile da collocare all’interno di un catalogo e difficile da proporre. In più volevamo gettarci in un’impresa che ci desse libertà totale, permettendoci di sperimentare e creare la storia più folle che avessimo in mente. Quando accennammo a Mirko Oliveri di Verticalismi l’idea del progetto, fu subito entusiasta e ci diede carta bianca. A quel punto dipendeva tutto ed esclusivamente da noi: accettammo la sfida alzando il tiro. Ci circondammo di professionisti (Roberta Ingranata alle cover, Lorenzo Magalotti come assistente ai colori e ai disegni, Officine Bolzoni per il logo e il design), fissammo delle scadenze ben definite, stabilimmo un numero predeterminato di pagine per i vari capitoli che fosse in linea con i tempi di lettura del web. Volevamo sperimentare, è vero, ma in maniera del tutto professionale.
S: Volevo assolutamente fare una storia lunga a fumetti, che fosse però gratuita per tutti i lettori. Una cosa che facesse passare non qualche secondo, ma qualche ora.
Come è stata la risposta del pubblico vegano, e non solo, al vostro lavoro?
F: Incredibilmente positiva! Il sito vegolosi.it ci ha dedicato alcuni articoli, prima ancora che Vivi e Vegeta iniziasse, e siamo entrati in contatto con alcune associazione vegane incuriosite dallo strano sottotitolo “un noir vegetariano”. Anche dopo averlo letto, e aver intuito la possibile critica, hanno tutti comunque reagito molto bene. Forse perché una critica vera e propria ai vegani non c’è, io e Stefano abbiamo solo voluto porre la domanda sul tema etico dell’alimentazione da un altro punto di vista: “Se è vero che gli animali non se la passano tanto bene, come sono messi i fiori e le piante, di questi tempi?”. Il pubblico, finora, sembra essere rimasto divertito dalla domanda.
S: Spesso allo stand ci chiedono se siamo vegani, io, per ragioni di marketing becero, rispondo “certo che sì”. In generale la risposta è stata molto buona, abbiamo avuto affetto e curiosità da comunità virtuali veg, ma non sono mancati botanici e fitopatologi. Non ho mai creduto davvero che qualcuno si sarebbe offeso, e fortunatamente fino ad ora non è successo. Forse un giorno qualcuno si accorgerà che non so disegnare i gerani, e lì sì che saranno cactus.
Nonostante la storia sembri apparentemente finita ci sono ancora troppe domande senza risposta, quanto dobbiamo ancora scoprire di Vivi e Vegeta, e soprattutto, quando lo scopriremo?
S: C’è un mondo in continua espansione, Francesco ti spiegherà di certo molto meglio di me. Io, d’altro canto, mi assumo sin da ora la piena responsabilità per i ritardi. Francesco, l’ho scritto pubblicamente, ora voglio i miei soldi.
F: Nella seconda stagione di Vivi e Vegeta, in uscita a settembre, esploreremo parte del futuro dell’universo vegetale che abbiamo creato. Ma di sicuro questo non risponderà a buona parte delle domande legate al passato. Fin dai primi periodi, io e Stefano abbiamo voluto creare un universo coerente, che avesse una propria storia. Abbiamo poi deciso, come nelle narrazioni che ci piacciono di più, di non svelare tutto subito. Volevamo che la storia raccontata nella prima stagione, il presente, mostrasse come sottofondo un substrato che desse una sensazione di cosmo con un vissuto già forte, anche se non visibile. Quando poi abbiamo creato lo spin-off I florengers, coinvolgendo altri autori nella creazione di storie-autoconclusive dal gusto supereroistico, abbiamo deciso di svelare parte di quel passato in maniera del tutto coerente con quanto raccontato nella prima stagione.
Qual è il messaggio profondamente nascosto in questo noir-wester che il lettore deve cogliere? La classica morale insomma…
F: Credo che il messaggio di fondo sia essenzialmente legato ai personaggi, principalmente Carl. Tutti loro compiono un’evoluzione, nel corso della storia, che li spinge a essere diversi. Più forti, in alcuni casi, in altri semplicemente in pace con loro stessi e con le loro consapevolezze. Carl è quello che, più di tutti, viene scosso dagli eventi. All’inizio è solo un cactus innamorato, poi viene etichettato come “il prescelto”. Ma Carl, che prescelto non è, capisce lentamente che la chiave per diventare davvero un eroe è far sì che chi lo circonda possa trovare la propria forza. Senza necessariamente “dover fare affidamento a uno stupido, inutile cactus”.
S: Vivi e Vegeta mi ha insegnato due grandi verità: la prima è che non ci si può fidare dei girasoli, la seconda che una pianta grassa può anche restare in forma, con una sana alimentazione e un regolare esercizio.