Dopo il libro “Mangia che dimagrisci” edito da Piemme, abbiamo incontrato il Dottor Filippo Ongaro al Salone del Libro e lo abbiamo intervistato sul suo nuovo libro Mangiare ci fa belli edito da Piemme.
Le ricette che propone nel suo libro tendono ad eliminare per una grande percentuale gli zuccheri. Come si conciliano la dieta e lo sport in questo caso? E come le sue ricette possono legarsi ad una persona sportiva?
Dieta e sport sono unite da un legame imprescindibile. Non si può dimagrire in modo sano e bilanciato solo con la dieta; non si può essere in forma solo facendo sport. È vero, le mie ricette sono povere di glucosio, ma controbilanciano questa mancanza con carboidrati e proteine, fondamentali per uno sportivo.
Una delle più grandi difficoltà di iniziare e continuare una dieta è legata al frigorifero: solitamente in una famiglia chi fa la spesa sono i genitori e sono anche quelli che devono seguire regole alimentari molto stringenti. Ma in casa ci sono anche i loro figli, che non dovrebbero essere a dieta. Secondo lei, bisogna fare due spese differenti ed organizzare la dispensa a metà?
Credo proprio che i figli siano solo uno strumento dietro cui nascondersi da parte dei genitori. Si può tranquillamente fare la spesa una volta a settimana, gestendo un solo frigorifero ed una sola dispensa e cucinando anche tutti insieme. La verità è quella che per fare tutto questo bisogna far fatica ed impiegare (non perdere o buttare) del tempo. Non tutti siamo disposti a farlo.
In mezzo a decine di etichette, pubblicità, sponsor di cibi freschi, bio, di qualità ecc. il consumatore rischia di fare solo tanta confusione. Qual è il segreto per migliorare il livello di qualità e di quantità dell’alimentazione delle persone?
Non è un segreto e non deve esserlo. L’unica soluzione per migliorare questa situazione è quella di consapevolizzare le persone, a partire dai bambini. Solo attraverso l’istruzione, l’educazione e l’apprendimento si può pensare di ottenere dei risultati.
Oggi tutto sembra essere diventato “benessere o wellness”. Le aziende forse a volte abusano di questo termine per attirare più consumatori ai loro prodotti (non per forza alimentari). Secondo lei è solo una moda e un’onda di marketing da cavalcare oppure qualcosa in cui credono veramente?
Effettivamente molte aziende, sia che si parli di multinazionali, sia di più piccole, stanno “sfruttando” l’occasione. E come biasimarle? In un momento di crisi come quello in cui stiamo vivendo si giocano tutte le carte a disposizione per vivere e per sopravvivere. Dunque si può fare ben poco sull’offerta. Quello su cui bisogna lavorare, lo ripeto, è la domanda. Una domanda più consapevole e più esigente di qualità.
In questo libro si parla di bellezza. Ci può specificare meglio in che senso viene intesa?
Non è una tematica che sentivo molto, poi ho invece compreso che è interessante, ma occorre trattarla in modo corretto. La bellezza di cui parlo nel mio libro non è quella riferita ad un modello ideale da imitare, che non sempre è un modo per stare meglio. Si tratta della bellezza come indice di benessere, come aspetto migliore che si può ottenere dal proprio corpo sviluppando le qualità dateci dal nostro DNA