3 domande a… Oliviero Ponte di Pino

Oggi, cari lettori, vi presentiamo Oliviero Ponte di Pino, direttore editoriale della prestigiosa casa editrice milanese Garzanti. Abbiamo avuto la fortuna di potergli rivolgere alcune domande per capire meglio il lavoro che svolge e di cosa si occupa. Ne abbiamo inoltre approfittato per parlare del suo libro, ormai bestseller “I mestieri del libro”, bibbia di tutti coloro che vogliono saperne di più sull’editoria.

Lei attualmente ricopre l’incarico di direttore editoriale di una prestigiosa casa editrice che è la Garzanti. Vuole spiegare ai nostri lettori chi è il direttore editoriale e cosa fa? Quali competenze deve o dovrebbe avere?

Il direttore editoriale coordina l’attività della casa editrice: decide la linea culturale e ne valuta l’impatto commerciale. In una piccola casa editrice, è lui che sceglie i libri e coordina la produzione, tiene i contatti con gli autori, eccetera eccetera. Nelle case editrici più grandi, coordina il lavoro degli editori, che seguono le diverse collane o linee di prodotto della casa editrice: narrativa italiana e straniera, saggistica, classici, eccetera.

Per quanto riguarda le competenze, aver letto molto, girare le librerie, essere curioso, avere esperienza (o fiuto…) e sperare nella fortuna. Naturalmente la conoscenza del mondo editoriale è fondamentale.

Nel suo libro “I mestieri del libro” edito da TEA nel 2008 riporta una frase di Petrarca: “I libri condussero alcuni alla sapienza, altri alla pazzia”. Che cosa intendeva dire l’autore fiorentino? Questa frase è riportata in un capitolo in cui le prime parole sono “Si possono dare varie definizioni di editoria libraria”. Qual è la sua?

Evidentemente Petrarca aveva letto il “Don Chisciotte” qualche secolo prima che Miguel de Cervantes si mettesse a scrivere… A parte gli scherzi, ogni attività ,anche la più nobile, ha i suoi lati oscuri, e i suoi pericoli: dunque nemmeno i libro e la lettura garantiscono la felicità… Per quanto riguarda l’editoria libraria, nei “Mestieri del libro” cerco di spiegare che il suo compito è mettere in rapporto l’autore con i suoi lettori, guardando ai conti. Facendo insieme cultura e attività economica, insomma. Penso che un editore che pubblica libri bellissimi ma invendibili, prima o poi smette di fare libri perché fallisce (a meno che non trovi un mecenate o un inserzionista…). E un editore che fa libri solo per venderli, prima o poi fallisce anche lui, perché il libro è cultura, oltre che intrattenimento e piacere.

A parte gli scherzi, oggi un editore di libri fa sostanzialmente quattro cose: seleziona e sceglie i talenti; lavora per migliorare le loro opere e sviluppare le loro qualità; fa in modo che queste opere vengano conosciute e apprezzate dai lettori (passando per tutta la catena della promozione e distribuzione); e infine, attraverso il meccanismo del diritto d’autore, sui preoccupa di remunerare il talento (e di pagare anche quelli che hanno lavorato al processo che ho appena descritto).

In un mondo dove i contenuti fossero gratis, questo processo non potrebbe avvenire nella stessa maniera.

Un direttore editoriale di grande esperienza, come lo è lei, come vede il futuro dell’editoria libraria? Un’ultima cosa che incuriosisce molto, qual è il libro che le ha dato più soddisfazione e come si misura il grado di soddisfazione?

E’ una fase di grandi cambiamenti, e di grandi opportunità. L’avvento della civiltà digitale sta cambiando profondamente il modo del libro: prima ha cambiato il processo produttivo e la scrittura, adesso incide sempre più anche nella distribuzione e nella lettura, con l’avvento degli e-books. I libri stanno diventando liquidi, e non sappiamo ancora che cosa questo ci porterà. Quello che so è che gli esseri umani hanno sempre avuto bisogno di storie, di racconti, perché danno forma alla nostra esperienza: e certamente in futuro le storie prenderanno nuove forme.

Per quanto riguarda la soddisfazione, certamente scoprire un autore di talento e vedere che viene apprezzato dai critici e amato dai lettori è certamente una grande soddisfazione per chi lavora nell’editoria. Fa certamente piacere pubblicare un autore come Andrea Vitali, di cui abbiamo pubblicato nel 2003 “Una finestra vistalago” con una tiratura iniziale di 8000 copie, e che vende ora centinaia di migliaia di copie all’anno, che viene apprezzato dalla critica  e tradotto all’estero. Ma in realtà ogni libro dovrebbe dare soddisfazione, perché è il libro giusto per quel momento, per quella collana, per quello scrittore – a prescindere dal successo che avrà. Perché ogni libro pubblicato dovrebbe essere necessario.

Leggi anche la recensione di “I mestieri del libro”

 

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Riccardo Barbagallo

Lavoro da qualche anno nell'editoria, mi occupo di comunicazione per editori e autori e sono un digital addicted. Al contrario di altri, non mi posso definire un lettore da sempre, 'La coscienza di Zeno' in prima media è stato un trauma troppo forte da superare per proseguire serenamente la relazione con la lettura. Più avanti ho deciso di leggere un libro per piacere, e non per obbligo, ed è stato lì che ho capito quale sia la vera forza della lettura: la capacità di emozionare. Credo che sia questo il segreto, se così possiamo definirlo. Non ho più smesso.

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