Autore: Watson Mark
Data di pubbl.: 2011
Casa Editrice: Einaudi
Genere: Romanzo
Pagine: 320
Prezzo: 18
Spesso dietro ad un libro si nascondono mondi inimmaginabili e assolutamente affascinanti. Non sempre, quando decidiamo di leggere un libro, il nome dell’autore ci dice qualcosa, ma se la lettura lascia soddisfatti il minimo che solitamente accade è che viene voglia di saperne di più su chi l’ha scritto e perchè. Quella che segue è la scoperta, da parte di chi scrive, di Mark Watson, giovane scrittore inglese classe 1980, attraverso il suo ultimo romanzo “11”, presentato al pubblico durante l’edizione 2010 dell’Edinburgh Fringe Festival, il festival artistico più importante al mondo.
Seguitissimo in Inghilterra in qualità di comico talentuoso, tanto che il 28 novembre è uscito il suo primo spettacolo in dvd, Watson è un personaggio quantomeno originale: basti pensare che parla con accento gallese pur essendo nato a Bristol (“perchè sono più a mio agio a parlare con una voce che non riconosco come mia”) e che nel 2004, proprio all’Edinburgh Fringe Festival dove è ospite fisso ormai da diversi anni, dopo uno show durato 24 ore, ha chiesto alla sua fidanzata di sposarlo. Detto tutto questo, da un tipo del genere non ci si aspetterebbe un libro come “11”, che di comico ha ben poco: e andando a spulciare i commenti ai suoi due romanzi precedenti, “Bullet Points” e “A Light-Hearted Look At Murder” (ci risulta attualmente non pubblicati in Italia), la sensazione è la stessa. Sembra quasi che il Watson narratore sia una sorta di contropartita drammatica del suo più conosciuto lato comico, che comunque emerge tra le pagine di “11” in una battuta, uno sguardo, un personaggio.
Il numero del titolo si riferisce ad altrettante vite umane che si incrociano in una Londra fredda e innevata in modo totalmente casuale, ma irrimediabilmente fatale: undici destini che si influenzano e si scrivono a vicenda, alcuni incontrandosi direttamente, altri per effetto di una catena di piccoli eventi le cui conseguenze possono diventare catastrofiche. Xavier è il protagonista principale, speaker radiofonico dal passato oscuro segnato da un evento drammatico che lo ha spinto ad abbandonare la sua terra natale, l’Australia, per trasferirsi a Londra e cambiare per sempre nome e identità, morendo come Chris Cotswold e rinascendo come Xavier Ireland. La vita di Xavier è scandita dai tempi del suo programma notturno in radio, dal disordine e dai rumori provocati dal bambino che abita nell’appartamento sotto il suo, Jamie, tre anni di vitalità eccessiva e fastidiosa tendenza alla fuga: almeno al disordine un rimedio c’è e si chiama Pippa, esuberante ragazza conosciuta ad uno speed-date, che farà ordine nell’appartamento di Xavier ma anche nella sua vita. Un giorno Xavier assiste al pestaggio di un ragazzino per strada, ma non ha il coraggio di intervenire per evitarlo: una piccola indecisione, che per lui si risolve in un fastidioso senso di colpa della durata di una sola notte, ma che provoca un effetto domino di persona in persona, rovinando vite, carriere, relazioni. E poiché tutto quello che facciamo un giorno ci torna indietro, sarà proprio Xavier a chiudere la catena, ricevendo gli effetti, amplificati all’ennesima potenza, del suo non-gesto.
Un libro affascinante, che rapisce e si divora pagina dopo pagina, il cui punto di forza sta proprio nel meccanismo di causa – effetto delle azioni dei vari personaggi coinvolti nella storia: oltre agli undici principali, altri vengono nominati a volte solo di sfuggita, ma anche di loro, con esaltanti flashforward, scopriamo la vita e il futuro. E alla fine rimane un profondo insegnamento: ogni nostra azione ha una conseguenza, per questo è importante riflettere su ciò che facciamo.