
Data di pubbl.: 2015
Pagine: 152
Prezzo: 16.00
Capita talvolta di imbattersi in tesori rari proprio quando non ci stai pensando. È successo così anche a me con questo libro.
Passi davanti a uno scaffale e qualcosa cattura la tua attenzione. Non sai bene cosa. È come un sussurro nascosto tra le pagine.
Un invito a scoprire qualcosa di nuovo, una lettura che possa fornirti nuovi spunti di riflessione.
E così è stato con Ragionare tra le differenze. Per un’etica del dialogo interculturale di Marta Sghirinzetti.
So cosa state pensando: il titolo suona un po’ accademico e magari siete qui per cercare qualcosa da leggere che vi faccia passare un po’ il tempo. Beh se vi fermate solo al titolo correte un rischio molto grosso. Questo non è un saggio qualsiasi. è un piccolo terremoto silenzioso.
La dott.ssa Sghirinzetti, all’interno di queste pagine, non si limita a parlare di “diversità culturale” come fosse un mero concetto da convegno, ma ci trascina dentro la carne viva delle differenze culturali, dentro l’incastro spesso doloroso tra ciò che crediamo “giusto” e ciò che per altri, altrove, lo è in modo diverso.
Il suo è uno scritto che osa, perché si avventura là dove le parole di solito si impantanano: nel tentativo di costruire un dialogo vero tra mondi che non condividono lo stesso alfabeto morale.
Il punto di partenza è chiaro: la filosofia (e, se pensiamo al mondo di oggi, qualsiasi disciplina) non può più permettersi di pensare solo “per sé”.
Serve una ragione che sappia dialogare, che non si senta infastidita dal caos, ma lo abiti.
E in questo, l’autrice si muove con passo lucido e appassionato tra pensatori come Charles Taylor, Raimon Panikkar, Raùl Fornet-Betancourt e Franz Wimmer, tracciando un percorso che riesce ad essere insieme rigoroso e profondamente umano.
Il suo obiettivo non è fornire risposte definitive — per fortuna — ma allenarci a fare le domande giuste.
Come possiamo capire l’altro senza cancellarlo?
Come possiamo incontrarci senza ridurci a uno sterile “volemose bene”?
Come si può dialogare senza cedere né alla superiorità morale né al relativismo più comodo?
Il cuore pulsante del libro è tutto qui: nel cercare un’etica che non semplifichi, ma che resti vigile, critica, innamorata della complessità.
Un’etica che non teme la differenza, ma la considera una condizione necessaria del pensiero.
E nel leggerlo, ti accorgi che non stai solo seguendo un saggio filosofico, ma un esercizio spirituale: ti costringe a mettere in discussione i tuoi automatismi, le tue certezze, persino le tue “buone intenzioni”.
Il linguaggio dell’autrice è denso ma mai pretenzioso., colto ma ospitale.
Ci sono pagine che ti obbligano a sottolineare, a respirare, a tornare indietro ma non per fatica, bensì per gratitudine. Perché quello che dice ha un peso, e merita di essere masticato piano.
È come riuscire a dialogare con qualcuno che senza alzare la voce o sparare giudizi riesce a cambiarti la postura mentale.
Insomma, Ragionare tra le differenze non è solo un libro per filosofi: è un utile manuale di sopravvivenza civile.
In un tempo in cui tutto si riduce a tifoserie, algoritmi e risposte istantanee, ricordarci che “ragionare” può ancora essere un atto d’amore ( e di resistenza) è un dono raro.
Leggetelo.
Perché insegna a stare al mondo senza volerlo possedere.
Perché ci ricorda che il dialogo non è un optional del vivere insieme, ma la sua linfa.
E perché, in fondo, imparare a ragionare tra le differenze è il modo più umano e più urgente, di restare vivi.