Ogulnar – Luciana De Palma

Titolo: Ogulnar
Data di pubbl.: 2025
Pagine: 231
Prezzo: € 18,00

Norman Mailer in Il difficile mestiere dello scrittore, un libro in cui il famoso autore de Il nudo e il morto formula una serie di considerazioni interessanti sulla scrittura e la letteratura, sostiene che quando ci si mette alla scrivania per scrivere un romanzo è meglio non compiacere troppo se stessi.

Scrivere significa riconoscere l’inconsistenza dei fatti, essere disposti a riconoscere e accogliere l’arte dell’assurdo e non parlarsi addosso fino a specchiarsi in maniera ossessiva in un’idea distorta della letteratura che non suggerisce nessuna visione.

Partendo dal presupposto che il romanzo non indaga la realtà, ma l’esistenza (come suggerisce Milan Kundera nel saggio L’arte del romanzo), i romanzieri disegnano la carta dell’esistenza, scoprendo questa o quella possibilità.

Quindi è necessario intendere la scrittura, la letteratura e il personaggio di un romanzo come una possibilità.

Luciana De Palma in Ogulnar, proprio perché si compiace troppo nella scrittura, viene meno all’idea del romanzo come una questione aperta.

Liberissima di farlo, ma se non si considera la letteratura una possibilità, essa diventa un dogma.

La scrittrice pugliese nel raccontare la storia di una bambina che in un villaggio del Turkmenistan nel deserto del Karkum coltiva il suo dono interiore, quello di riconoscere l’importanza delle parole e scrivere poesie da custodire e nascondere in una scatola di latta, si lascia travolgere da una scrittura colma di enfasi e satura di retorica, compiacendo troppo se stessa, esibendo nel corso della narrazione tutti i cliché sulla letteratura.

«Niente d’immortale, tranne le parole che sfidano l’eternità. Può succedere di ritrovarsi nella penombra del pensiero, al riparo dal ronzio delle ore, al sicuro dalla polvere dei giorni e dei secoli, lì dove diventa leggenda ciò che avrebbe potuto essere solo una storia.

Al di là delle parole non c’è silenzio, oblio e oscurità, ma ciò che precede è molto più di un respiro; è una lama che taglia in due così da definire il primo e il dopo di un’esistenza il tempo».

Già dall’incipit si intuisce la lontananza di Luciana De Palma dal mondo aperto della scrittura come possibilità e la vicinanza a una visione anacronistica in cui la letteratura è prima di tutto un credo, al quale la nostra autrice si sente devota.

Ed ecco un altro cliché: «Se la morte è una scappatoia dal caos, la parola mette fine a entrambi. È il soffio che dà vita a un sogno: per quanto appaia folle, è impossibile resistere alla tentazione di volerne realizzarne almeno uno fra quelli che si succedono tra il primo vagito e l’ultimo rantolo».

Ogulnar è un romanzo in cui manca la tentazione del dubbio. Luciana De Palma attraverso la sua giovane protagonista è dell’opinione che la scrittura è l’unica forma per stare al mondo e che vivere e scrivere è sempre un tutt’uno.

Sono pericolosi per se stessi, per gli altri e per la vita gli scrittori troppo convinti delle parole che scrivono e che sostengono come un dogma che vita e scrittura si sovrappongono fino a coincidere.

Mailer ha ragione quando afferma che è un’attività innaturale per uno scrittore restarsene seduti a una scrivania a spremersi parole accomodanti e compiaciute dal profondo dell’anima: «Soltanto un altro scrittore è in grado di capire quanti danni ti possa arrecare scrivere un romanzo».

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