Data di pubbl.: 2025
Pagine: 559
Prezzo: € 18,00
È il 2012, Martino Ribaud – il poliziotto con l’eskimo – è vicequestore a Como e ancora sente la mancanza della giovane agente Nina Stanzani. Lei gli ha salvato la vita durante l’ultima indagine, ma invece di ricevere un premio ha ottenuto un trasferimento a Bologna alle Volanti. Così vanno le cose, si dice Martino, annoiato e tormentato dai ricordi di un lontano passato. Un passato che torna presto a perseguitarlo proprio con una telefonata di Nina. In un turno di notte è incappata nell’omicidio di una donna bella ed elegante, morta con la gola e il ventre squarciati in un appartamento abbandonato. Senza che gli agenti intervenuti se ne accorgessero, Nina ha guardato in giro e ha trovato in un libro un pezzo di carta strappato da un bloc notes con il nome di Martino. Lo ha messo in tasca ma ora vuole sapere da lui cosa può collegarlo alla donna. Gli manda una foto della morta, scattata di nascosto, sul cellulare e Martino la riconosce. È Mirta Zillo, una compagna ai tempi dell’Università di Bologna. Erano i primi anni ‘80 e Martino ricorda le lotte studentesche, i Collettivi delle facoltà, Cossiga scritto con la K, Radio Alice, i moti del ‘77 e la feroce repressione che ne era seguita. Alla fine lui si era laureato a Padova e aveva scelto di entrare in polizia, ma i ‘rossi’ più accaniti non si erano mai arresi. Molti, grazie alla dottrina Mitterrand, erano scappati in Francia e fra questi Mirta. La morta, però, risponde al nome di Mirella Zanonato, moglie di un noto chirurgo, madre di due figli, dedita al volontariato in un centro per migranti. Cosa l’ha spinta a tornare in Italia, a cambiare nome? A Bologna indagano sul delitto il dirigente della Mobile Gennaro Trifiró e l’ispettrice Caterina Zandonai, mentre Nina promette a Martino di aiutarlo da lontano a scoprire il colpevole e il movente dell’omicidio. Prenderà delle ferie non godute e dovrebbe farlo anche Martino, dovrebbero unire le forze.
Ma Mirta/Mirella non è l’unica a morire. Tra Ferrara, il lago di Como, l’autostrada per la Svizzera e l’alzaia del Po in Polesine uno dopo l’altro muoiono in circostanze dubbie uomini e donne che un tempo avevano fatto parte dei ‘randagi’, i rossi espatriati in Francia e poi ritornati in Italia, oggi professionisti senza macchia. Tutti legati in qualche modo alla STIF, una società francese che si occupava, dietro il paravento dei trasporti internazionali, di trovare una collocazione sicura ai nuovi compagni in fuga dall’Italia. Era davvero questa l’unica attività della STIF? E come mai l’indagine svolta sotto traccia da Martino e Nina mette in allerta i Servizi italiani e quelli francesi?
Un giallo dall’architettura complessa questo di Umberto Montin, un giallo che mette il lettore di fronte a eventi di un passato doloroso e mai completamente metabolizzato le cui propaggini ancora oggi inseguono chi lo ha vissuto in prima persona. “Credi ancora nella rivoluzione? O abbiamo preso tutti un grande abbaglio?” Chiede uno dei personaggi a Martino. Forse ribellarsi era giusto a quell’età e forse c’è stato chi ha travalicato i limiti di una sana ribellione contro l’ordine costituito. Come, nelle alte sfere, c’è stato chi ha sfruttato il disagio di quei giovani per le proprie insaziabili brame di potere e ricchezza e ne ha distrutto l’esistenza.
Finalista sezione editi al Premio Scritture di lago, Como, 2025.


