La seconda edizione del Tabù Festival di Abbiategrasso si é conclusa ieri sera con uno spettacolo intenso e suggestivo. In un vortice di evocazioni e di opposti stati d’animo, fra tesissime ascese e discese vertiginose, le voci delle bravissime Isabella Ragonese e Luisa Cattaneo e le musiche scritte da Enrico Fink e eseguite da Luca Baldini, Massimo Ferri, Enrico Zoi si sono intrecciate in una lettura scenica dedicata, a vent’anni dal suo omicidio, alla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi.
Fra le bellissime mura affrescate dell’ex convento dell’Annunciata hanno preso forma i colori e gli odori della Mogadiscio descritta da Ilaria Alpi nei suoi appunti di viaggio. Un percorso che inizia nel clima festoso e colorato dei mercati per approdare nella città grigia di smog e vapori martoriata dalla guerra, dove gli uomini vivono ammassati tra scheletri di automobili bruciate e palazzi sventrati dalle bombe e circondati da guerriglieri armati. Ovunque indizi dei loschi traffici commerciali con l’occidente, dei veleni provenienti dall’Italia, dapprima nascosti sotto le opere infrastrutturali in corso d’opera (inutili e dispendiose) e poi gettati direttamente in mare.
A conclusione del recital una data e un’ora: 20 marzo 1994, ore 13.04. Le luci si spengono e con esse la vita di Ilaria Alpi.
Nella serata di sabato, nei sotterranei del Castello Jonis Bascir, attore, musicista, personaggio televisivo, diventato famoso grazie all’omonimo personaggio della serie televisiva “Un medico in famiglia”, é andato in scena con il suo primo monologo teatrale “Beige”.
In un gioco teatrale pirotecnico di aneddoti, ricordi, sketch, canzoni, riflessioni in libertà ci ha parlato di diversità di origine e di pelle, riferendosi alla sua stessa storia di vita. “Io non sono né bianco né nero, sono beige e il colore spesso fa paura”. Nato da padre somalo e madre italiana, Jonis ha vissuto, é proprio il caso di dire, sulla sua stessa pelle, la diversità e spesso l’inconsapevole pregiudizio degli altri.
Con “Beige”, spettacolo del quale é lui stesso regista insieme ad Ettore Bassi, ha voluto, in chiave umoristica e non, sottolineare il valore e la ricchezza dell’unicità e della diversità, perché “la diversità non si piega, si rispetta”.
Venerdì sera la sala consiliare del Castello Visconteo ha invece ospitato la presentazione del primo romanzo di Corrado Fortuna, “Un giorno sarai un posto bellissimo” (Baldini &Castoldi).
Nato quasi come scommessa con la casa editrice, il romanzo tratta un tema importante e caldo, la mafia siciliana, raccontandolo con lo sguardo trasparente di due adolescenti palermitani, Arturo Buonocuore e Lorenzo Riccobono. Amici da sempre, stessa scuola, stesso amore per Silvia, stessa voglia di combattere la violenza che ti fa “accettare di vivere circondato dal brutto, come se fosse normale, come se la bellezza fosse una cosa inutile”.
La stessa voglia e la stessa passione che Corrado Fortuna ci regala quando, dopo aver letto brani del libro, recita il monologo finale.
Ci diverte, ci coinvolge, ci lascia attoniti in un’amara riflessione finale. Conferma la sua abilità di attore, (era lui il Tanino del film di Paolo Virzì, “My Name is Tanino”: un esordio col botto datato 2002 al quale sono seguiti i successi come protagonista del film di Franco Battiato, “Perduto amor” del 2003, “Alla luce del sole “ di Roberto Faenza, insieme a Luca Zingaretti, “Baarìa” di Giuseppe Tornatore, ma anche “To Rome with Love” di Woody Allen e, più di recente, la notorietà arrivata grazie a “Tutti pazzi per amore”, una serie di grande successo trasmessa da Rai Uno), ci sorprende come scrittore, ma soprattutto ci svela la sua profonda sensibilità.