Partiti S.p.A. – Paolo Bracalini

Titolo: Partiti S.p.A.
Autore: Bracalini Paolo
Data di pubbl.: 2012
Casa Editrice: Ponte Alle Grazie
Genere: Attualità, Inchiesta, Politica
Pagine: 347
Prezzo: 14

Come funzionano i partiti politici e quanti soldi ricevono dalle casse dello Stato? Come sono diventati veri e propri imperi finanziari con conti correnti da capogiro, società controllate e fruttuosi investimenti?

La bruciante inchiesta di Paolo Bracalini risponde a queste domande con documenti e dati ufficiali e spiega come i partiti politici si riempiano la pancia di soldi pubblici. Solo dal 94 al 2010  sarebbero stati trasferiti 3 miliardi di euro direttamente dalle casse dello Stato ai partiti a titolo di rimborso elettorale. E per svicolare i controlli sul reale utilizzo di queste somme pare non vi siano anguste feritoie, ma vistosi portoni con insegne luminose come “Furbi, da questa parte!”.

Il sistema è semplice: i partiti hanno diritto ad un rimborso per le spese sostenute durante la campagna elettorale, redigono un bilancio ma non hanno l’obbligo di rendere pubblica la contabilità –a cui adempie invece ogni impresa- e non sono tenuti a produrre la documentazione comprovante le spese sostenute. L’organo giudiziario competente per il controllo, la Corte dei Conti, non può verificare la veridicità di tali spese e non può agire in caso di “opacità” delle dichiarazioni. L’unico strumento nelle mani della Camera è la sospensione del rimborso ai partiti che non presentano i rendiconti, strumento usato però con estremo lassismo: nel 2009 sette partiti non hanno nemmeno trasmesso il rendiconto alla Camera eppure hanno continuato a ricevere i contributi statali senza conseguenze…

Il vero limite al controllo della magistratura sta nella natura giuridica dei partiti politici che figurano come libere associazioni, la cui attività interna non può essere controllata per motivi di indipendenza. Il Collegio dei Revisori ha segnalato più volte l’assurdità della legge sui controlli delle finanze dei partiti: nessun potere di verifica di merito e nessun potere di intervento in caso di bilanci gonfiati.

Come siamo arrivati a tanto? La legge Piccoli (legge n. 195 del 2 maggio 1974) prevedeva il finanziamento ai partiti con lo scopo di porre un limite alla dilagante corruzione dei politici. La legge non funzionò, anzi, i partiti continuarono a nutrirsi di soldi sporchi e pure di soldi dei contribuenti.

In seguito allo scandalo di Mani Pulite, il finanziamento pubblico viene abrogato col referendum del 93. Pochi mesi dopo il Parlamento, (approvando la legge n. 515 del dicembre 1993) bypassa il referendum e trova il modo di accedere comunque ai soldi pubblici sotto forma di “rimborsi elettorali” sostituendo, di fatto, i finanziamenti:  proprio quelli che gli italiani avevano cancellato con il voto! E i rimborsi sono destinati ad aumentare con gli aggiornamenti di legge.

Quali sono i numeri per ottenere il rimborso elettorale?

Il criterio per ottenere il rimborso non è la spesa effettivamente sostenuta per le elezioni ma l’ottenimento di una percentuale di voti, esattamente l’uno per cento dei voti, non importa se non si raggiunge nemmeno un seggio in parlamento…

Veniamo ai numeri. La Corte dei Conti col suo Collegio di controllo sulle spese elettorali ha prodotto due rapporti, del 2006 e del 2008, che evidenziano la differenza tra la somma versata ai partiti a titolo di rimborso elettorale e la somma effettivamente spesa:

<<dei  2.253.612.233 di euro ottenuti ne sono stati spesi solo un quarto…

oltre 1milione e mezzo regalato ai segretari dei partiti politici.>>

I movimenti politici sono i soli a godere di entrate pubbliche?

No, le fondazioni politiche, create da un capocorrente per gestire i rapporti con gli imprenditori, vivono di capitali donati da privati, non grazie a fondi pubblici, ma hanno trovato la loro strada di accesso ai conti statali grazie ad un regime fiscale agevolatissimo: una detrazione di imposta del 19 per cento sui capitali donati! Dunque se si effettua una donazione di 100mila euro ad una fondazione si potrà detrarre 19mila euro dalla dichiarazione dei redditi, risparmiando così un mare di tasse. Per il donatore l’affare è seducente, la fondazione guadagna donazioni, ma a rimetterci è lo Stato che preleva in percentuale molte meno tasse su quel trasferimento di denaro. Contribuire ad associazioni per la ricerca contro malattie gravi, per esempio, permette un risparmio di tasse molto minore.

La brillante inchiesta di Paolo Bracalini indaga le norme che permettono l’uso e l’abuso dei fondi pubblici tra società controllate con attività spesso lontane dalla politica, investimenti, mancanza di controlli e sanzioni. Ciò che indigna, specie in questo momento di forte disagio in cui la società si spinge alla ricerca dei responsabili, è l’assoluta inerzia del legislatore a modificare una legge che da diciotto anni permette di rubare  i soldi dei contribuenti che confluiscono solo in parte nelle attività di divulgazione e propaganda, presupposto della rappresentanza politica e della democrazia.

 

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