Data di pubbl.: 2024
Pagine: 192
Prezzo: 16.50 €
Umiliate, vinte e in attesa non di riscatto, ma quanto meno di considerazione. Ecco le donne che raccontano l’Iliade, le quali tolgono ossigeno al respiro lungo dell’eroicità maschile per racchiuderlo in un “presente” sempre rappresentabile, esportabile da un’epoca all’altra.
In rilievo viene messa la dignità di queste donne, divine o non, le quali non esaltano i loro beniamini, ma li rendono “personaggi” al servizio di una gloria che è solo un arguto tranello messo in piedi dalla Storia e dal Mito, attraverso cui vengono rinnovati i loro archetipi di riferimento.
Chiuse nel loro recinto, rese inoffensive, guardinghe o innalzate al rango di irragionevoli tifose, le donne di cui ci parla Oliva sono quelle che possono solo sussurrare le loro sofferenze, che si sentono consumate dagli eventi, che non possono manifestare apertamente il dissenso. Eppure, sono proprio loro che rendono la tragedia “un universale” al quale si abbeverano le altre catastrofi, anche quelle della nostra epoca.
Che siano totalmente umane, o privilegiate abitanti della cima dell’Olimpo, il loro comportamento risponde alle esigenze di una gerarchia che sottrae alle donne la possibilità di essere corpo attivo delle vicende. Sotto le mura di Troia, infatti, uomini e donne, dee e dei, sono gettati in una costante lotta per la prevaricazione. C’è chi parteggia per l’una e chi per l’altra parte, ma ognuno può dire o fare secondo il proprio “genere”; quasi sempre, la donna può solo attendere e prepararsi a essere bottino.
Marilù Oliva si permette anche qualche “licenza”, che ben spiega alla fine del libro. Con uno stile che traduce alla perfezione l’atmosfera dell’opera epica più importante dell’Occidente, si lascia andare all’interpretazione del “non detto o del non chiarito”, prendendo spunto proprio da quei versi che si fanno traslare nel nostro tempo, rivalutandone così anche la portata.
Non è un cambio di prospettiva forzato quello che mette in campo la scrittrice bolognese; non è neanche il tentativo di rendere attuale qualcosa che, per ovvie ragioni, rispecchia un’epoca; si tratta invece di un’operazione che si fa portavoce del più importante elemento della letteratura: “la sospensione del giudizio”, che richiede a tutti, anche al lettore che ha solo sfogliato qualche pagina dell’Iliade, uno sforzo interpretativo.
Le domande che trapelano potrebbero essere queste: cos’è cambiato rispetto a prima? È ancora un’epica tragedia la nostra esistenza ed è per questo che amiamo perdutamente la necessità di spartire il mondo, di lanciare ogni giorno, tra gli altri, il Pomo della discordia, rendendoci così complici del nostro tentacolare sistema?
Prendo quindi a pieno titolo la libertà che mi lascia la scrittrice di giocare con “le aspirazioni” di questo libro che, solo mostrando i fatti e le loro conseguenze, ci dà la possibilità di scrutare con occhi diversi il nostro patrimonio storico.