
Autore: Pierre Jourde
Data di pubbl.: 2023
Casa Editrice: Prehistorica Editore
Genere: Narrativa
Traduttore: SILVIA TURATO
Pagine: 200
Prezzo: 17,00
“Siamo catturati in un libro come in una macchina, e istintivamente lo sappiamo. Vi attira, vi denuda, vi prende tutto. Qualsiasi sia il libro, qualsiasi siano le sue intenzioni, buone o cattive. Nella finzione del libro, le nostre finzioni sono a nudo.”
“Paese perduto”, primo romanzo tradotto in italiano di Pierre Jourde, che ho conosciuto grazie alla promozione e al sostegno entusiasta dei suoi editori italiani, Prehistorica Editore, con la traduzione di Silvia Turato, mi aveva catturato senza possibilità di liberazione alcuna fino all’ultima riga. Grande era perciò l’attesa di quello che pensavo sarebbe stato una sorta di sequel. Così è stato ma il nuovo romanzo, prosegue e nello stesso tempo stravolge, un percorso straordinario sulle montagne dell’Alvernia, luogo a questo punto mitico della Francia, per i lettori di Pierre Jourde.
Il titolo del nuovo libro che Prehistorica propone, mi ha fatto subito pensare ad un approfondimento rispetto a Paese perduto, ad un’analisi più dettagliata se non ad una contemplazione delle origini di un paese, ricchissimo dei suoi abitanti, e delle loro magnifiche storie che in parte avevo conosciuto.
“Al centro del racconto c’è il paese, e coloro che ci vivono. Si tocca, en passant, la storia della sua famiglia…”
Pierre Jourde inizia però in modo strano, si capisce subito che il protagonista non torna al paese natio per una nuova, ordinaria e riposante vacanza, e pur avendo scritto un libro che racconta le sue terre, i suoi abitanti, i riti e i gesti quotidiani che più di qualcuno di noi baratterebbe con inquinamento e stress delle nostre città, si percepisce che tutt’altro che festa stanno facendo al paesello. Sta succedendo e forse succederà ancora qualcosa di anomalo. Una strana atmosfera ostacola il ritorno dell’autore di “Paese perduto”, in quello stesso luogo. Siamo di fronte ad un fatto realmente accaduto, un fatto di per sé sconvolgente, anche se i recenti eventi che hanno coinvolto Salman Rushdie purtroppo confermano un mondo allo sbando.
Pierre torna in Alvernia, anticipato di oltre un anno dall’arrivo del suo libro e preceduto dalle sue lettere per la presentazione del libro stesso, dove ha sepolto suo padre, dove conosce tutti coloro che li vivono ancora. Ma nulla serve a tutelarlo da un’accoglienza che peggiore è davvero difficile da pensare. Coloro che ci aveva presentato, coloro con cui ci eravamo seduti a tavola a bere un bicchiere e a condividere gioie e dolori di un paese nascosto e solitario, ma ricco di relazioni profonde, gli riservano la peggiore delle peggiori accoglienze.
Cosa avrà mai combinato il nostro Pierre Jourde, di cui avevamo apprezzato la magnifica scrittura? Cosa sarà successo per aver ribaltato i rapporti di una vita, che cosa di così malvagio da trovarsi contro un paese intero che pareva, se non adorarlo, ma ben volerlo almeno sì. Oppure Pierre non ci aveva detto tutta la verità? O semplicemente ci manca un banale tassello per poter avere la visione chiara del quadro d’insieme?
C’è molto da scoprire, tanto da averne scritto un nuovo libro, appunto, e così ci viene permesso di riconoscere ulteriormente la sua abilità di narratore ma, soprattutto nella prima parte, chiaramente riconoscibile, raccontandoci la sua personale vicenda ci offre gli spunti per profonde riflessioni sul senso della giustizia, sull’applicazione delle leggi, sull’onestà delle persone, tutti argomenti che spostano completamente il focus del primo romanzo su qualcosa e qualcuno che non avremmo mai immaginato.
“Quando uno shock recide il filo di una certa continuità di esistenza, si prende coscienza della discontinuità di cui si compone tutta la vita, discontinuità che l’abitudine ci maschera…”
E poi, tutto si trasforma, con l’abilità di un giocoliere, che fa viaggiare le carte da una mano all’altra facendoti credere che l’asso è proprio dove tu credi che non sia. Come per incanto la seconda parte del libro, pur mantenendo come sfondo le vicende conseguenti alla pubblicazione di “Paese perduto”, e la ricerca da parte della giustizia, di colui che ha scagliato la prima pietra, contiene a mio parere un piccolo corso di scrittura, un compendio di regole, suggerimenti, indicazioni, esempi concreti di come rendere viva e meravigliosa la scrittura.
“Tutto ciò che hai raccontato nel libro lo hai visto, o vissuto tu stesso, o raccolto negli innumerevoli racconti, leggende, dicerie che circolano nel villaggio, ne nutrono la vita, perché come vivere senza raccontare, senza gioire della vita degli altri e della propria facendola girare in bocca come un vino…”
Lo scrittore, in quanto tale, e così l’uomo, sono evidentemente frastornati, non tutto si può nascondere come l’asso delle carte. Ed è proprio la manifestazione dell’essere profondo della persona, nuda davanti alla realtà ed a se stessa, a fare di questo libro un capolavoro, e della ricerca di chi ha scagliato la prima pietra un fatto marginale.
Buona lettura.
Claudio Della Pietà
“Quale bambino non si rallegra della sporcizia, come tu ti rallegravi degli odori e delle forme favolose delle bovine?
Quale bambino non trova nel disordine e nell’indistinzione delle forme una traccia di quel calore del caos originale al quale aspira?”
LA PRIMA PIETRA
Pierre Jourde
PREHISTORICA EDITORE
Collana OMBRE LUNGHE
Pag. 200
Euro 17,00
ISBN 978-88-31234-30-6