
Autore: Sarah Lotz
Data di pubbl.: 2015
Casa Editrice: Nord editore
Genere: thriller horror
Traduttore: Laura Prandino
Pagine: 458
Prezzo: 18.00
Era seduta immobile, afflosciata, si guardava le mani. E poi ha parlato:”Cos’hai fatto Paul? Come hai potuto fare entrare quella cosa?”. Era Stephen. L’ho riconosciuto subito dalla voce, ma il suo corpo sembrava diverso. Contorto. Più incurvato, la testa un po’ troppo grossa. Ma era così reale, Mandi. Nonostante il terrore sono stato convinto per un attimo che fosse davvero lì, e ho provato un enorme slancio di gioia e di sollievo. “Stephen!” credo di aver gridato. Ho allungato la mano per toccarlo, ma era sparito. (Paul Craddock pag.160)
Un disastro aereo è una fatalità. Due, che avvengono in contemporanea, un disastro. Tre un mistero. Come è possibile, infatti, che tre aerei in tre diverse parti nel mondo precipitino nello stesso momento e con le stesse modalità? Ad aggiungere una buona dose di mistero a questi avvenimenti è che in ognuno di questi incidenti è sopravvissuto un solo passeggero per volo e si tratta sempre di bambini. Un miracolo pensano in molti. Altri non sono d’accordo e attribuiscono al salvataggio miracoloso di questi bambini, usciti quasi indenni dalle macerie fumanti, un oscuro presagio che indica il compimento di antiche profezie sulla fine del mondo. È partendo da questi due modi di vedere la notizie che, Elspeth Martins, giornalista investigativa si mette sulle tracce dei giovani sopravvissuti, ribattezzati dalla stampa mondiale con il titolo “I Tre”, e di chi li ha conosciuti a fondo seguendoli durante il periodo della loro riabilitazione e del loro ritorno nella quotidianità. Le accurate indagine della Martins porteranno alla luce alcuni inquietanti aspetti del ritorno alla vita dei “Tre”. Chiunque si ritrovi a contatto con loro, infatti, è destinato a fare una fine orrenda e violenta. Forse i numerosi fanatici religiosi hanno ragione ad indicare i tre piccoli sopravvissuti come l’incarnazione degli araldi della fine del mondo. O forse, su quei voli, i bambini si sono imbattuti in qualcosa di più oscuro e terribile. Qualcosa di immensamente più pericoloso della fine del mondo e di decisamente più inquietante..
Romanzo d’esordio di Sarah Lotz, scrittrice proveniente dal sudafrica, Il segno è un romanzo che ho trovato controverso per diverse ragioni. Sarà per una eccessiva sensibilità personale ma trovo di cattivo gusto, forse perché di questo stereotipo ho già sentito e visto abbastanza, trasformare dei bambini in mostri disumani in grado di portare tanto dolore nella vita di chi li circonda. Scelta stilistica che, malgrado possa incorrere in una personalissima e contestabilissima opinione, raggiunge il suo scopo ovvero quello di catturare e inorridire il lettore. Nel tentativo poi di far venire al lettore il dubbio che i fatti narrati possano essere davvero accaduti, la Lotz presenta il suo romanzo non come una vicenda narrata da un protagonista, ma come una serie di interviste e documenti che portano il lettore a ricostruire l’intera storia. L’orrore, che lentamente si manifesta tra le pagine del romanzo, resta sempre qualcosa di sfuggevole e non sempre determinato. Vieni a sapere che qualcosa di terribile è accaduto, magari viene “fatto intravedere” qualcosa di sconcertante ma il grosso di quello che succede non è mai presente.
Se da un lato questo espediente aiuta il lettore ad immedesimarsi nella vicenda, dall’altro continuare a presentare frammenti di conversazioni, pagine di blog, articoli di giornali e chi più ne ha più ne metta, tende a rallentare il ritmo narrativo facendo procedere la storia con una snervante lentezza.
Insomma un libro che, nell’insieme, mi è piaciuto e mi ha catturato senza entusiasmarmi più di tanto. Consigliato solo agli amanti del genere thriller e horror.