Il digitale, futuro (o presente) dell’editoria. Ma a che punto siamo?

La vita digitale ci ha conquistati in ogni ambito. Da tre anni a questa parte anche l’editoria, impaurita e tormentata, ha dovuto fare i conti con le nuove tecnologie. Quello che fino a poco tempo fa definivamo come ‘il futuro’ ora non lo è più, ora è presente, forse. Sempre più lettori hanno per le mani un dispositivo elettronico anziché un libro di carta, i cataloghi degli editori perseguono sempre più la via della digitalizzazione, nonostante questo richieda uno sforzo economico non indifferente e la crisi e la recessione gravino pesantemente sul settore. La domanda a cui vogliamo rispondere, date tutte queste premesse è: a che punto ci troviamo oggi?

Per rispondere al quesito ci siamo rivolti a tre professionisti dell’editoria digitale appartenenti ai più grandi gruppi editoriali italiani: Fabio Di Pietro, head of digital di Feltrinelli, Sandra Furlan, Responsabile Sviluppo Web Libri Trade di Mondadori, e Alessandro Magno, direttore area digital del Gruppo editoriale Mauri Spagnol.

Lo scorso giugno Editech ha reso note le cifre del settore relative agli ebook. Che cosa possiamo notare rispetto allo scorso anno? A che punto siamo arrivati?

Di Pietro: La crescita resta impetuosa, anche se insiste su valori assoluti ancora bassi, specialmente quando confrontati alla penetrazione della lettura digitale in altri paesi europei. Sembra comunque verificarsi anche nel caso dell’eBook quanto è accaduto in passato per altri fenomeni tecnologici: in Italia il fuoco è lento nell’appiccarsi, ma una volta acceso divampa piuttosto rapidamente. Siamo insomma pigri nel cambiare abitudini ma appassionati nell’assumere abitudini nuove quando scatta la scintilla. Complessivamente possiamo dire di essere arrivati al punto in cui l’ebook non è più più solo ricerca e sviluppo, ma un settore produttivo che inizia a portare valori economici modesti ma non trascurabili.

Furlan: Per quanto riguarda il mercato italiano degli ebook, le cifre assolute rimangono ancora piccole ma continuano a crescere in maniera importante. Quest’anno, nel 2013, i numeri del mercato digitale sono più che raddoppiati rispetto al 2012: parliamo ancora di un 3/3,5% (che forse arriverà a 4% a fine anno) rispetto a tutto il mercato trade. Però, sicuramente, la diffusione c’è e questo mondo sta crescendo molto. È chiaro che da parte di tutti gli editori, a questo punto, c’è un compito importante da svolgere: la digitalizzazione di tutti i cataloghi e cambiamento dei flussi. 

Magno: È abbastanza difficile misurare esattamente il mercato, anche perché alcuni operatori – fra cui Amazon – non forniscono i loro dati, quindi le cifre di Editech, così come tutte le cifre, vanno prese con una certa cautela. Detto questo, in Italia si registra una forte crescita del settore ebook, che pure in assoluto presenta dei numeri ancora contenuti: considerando nel complesso il mercato librario siamo poco sopra il 2% del totale, ma per chi – come il nostro gruppo – ha investito molto sulla digitalizzazione vale già il 4%. I numeri sono contenuti sia perché in Italia c’è una minore propensione all’utilizzo della carta di credito online, sia perché questo mercato è partito in maniera importante solo da un paio d’anni. Certo, anche prima di allora nel nostro Paese c’erano dei lettori ebook, ma avevano a disposizione un catalogo marginale. Quindi c’è una crescita importante e, in prospettiva, è possibile arrivare a cifre simili a quelle del mercato americano, un mercato più maturo del nostro rispetto all’ebook, essendo partito in maniera massiccia già nel 2007. Negli US l’ebook rappresenta quasi il 25% del totale sul mercato librario trade. Va anche detto che negli Stati Uniti l’ebook non sta più crescendo come un tempo, anzi da diversi mesi si è stabilizzato.

Qual è lo stato attuale dell’organizzazione digital nelle case editrici? Nonostante la crisi è un ambito in cui si sta investendo? Quali obiettivi, voi e le vostre aziende, vorreste raggiungere nel breve periodo?

Di Pietro: Per Feltrinelli il digitale è oggi uno dei settori a più alto investimento, sia per vocazione – il nostro marchio è sempre stato fra i più agili nell’esplorare nuove frontiere – che per convinzione – il digitale è un mondo nuovo, reso ancora più interessante dalla mancanza di mappe predefinite. Il nostro obiettivo è di iniziare a disegnarle, queste mappe, senza limitarci a scimmiottare quanto fatto all’estero, sostenendo lo sviluppo di nuovi ecosistemi in cui produttori e editori di contenuti possano vivere e proliferare.

Furlan: Il gruppo Mondadori ha creduto fin da subito al mondo digitale, a partire già dal 2010, sostenendo che questo mondo andava affrontato perché tutto il settore della comunicazione si sta digitalizzando per cui anche il contenuto dei libri si digitalizza e il pubblico lo cerca, a prescindere da quello che fanno gli editori. Per cui noi ci siamo detti fin da subito che le nostre tre linee guida sarebbero state quelle del digitalizzare il più velocemente possibile, con una tecnologia il più possibile facile da utilizzare e con dei prezzi che fossero accettabili per il consumatore. Dall’inizio abbiamo avuto dei prezzi abbastanza aggressivi nel digitale rispetto al mercato. Queste sono le nostre linee guida. Continuiamo a investire molto, nonostante questi tempi non facilissimi, in particolare nella digitalizzazione di tutto il catalogo storico. Mondadori ed Einaudi sono due importanti case editrici storiche nel panorama italiano. Quindi è necessario un impegno massiccio: si tratta di digitalizzare 16 mila titoli che abbiamo a catalogo. Oggi siamo a circa 6 mila, cioè un terzo dell’opera e questo continuerà ad aumentare di velocità dei prossimi due anni e spero per il 2015 di essere riuscita a digitalizzare tutto il catalogo. Finché non è digitalizzato tutto il catalogo, l’intera operazione rimane zoppa. Dall’altra parte c’è un mondo di sperimentazione. Fin da subito avevamo provato  le applicazioni, le quali per il mondo editoriali hanno costi elevati e un mercato molto piccolo. Oggi però sia nel mondo dei ragazzi, dei fumetti e di altre cose continuiamo a sperimentare. Ci sono sperimentazioni che vediamo già nel mercato americano, il quale è più avanti e più veloce, in realtà tutto quello di lingua anglosassone. Tenendo conto di tutte le dovute differenze che ci sono nei mercati europei, ci serve osservare il mercato americano per vedere quali sono i passi che fanno i grandi editori americani. Ad esempio, proprio in questi giorni, stiamo ponendo attenzione ad Amazon Kindle Match e il bando tra libro fisico ed e-book. Inoltre, tutti i giornali parlano delle differenti sperimentazioni del mondo streaming. Ci sono tante sperimentazioni a cui siamo attenti.

Magno: Nonostante la crisi si sta certamente investendo nell’area digitale, di cui l’ebook è solo una parte. Non a caso in GeMS sono state aggiunte delle figure che si occupano specificatamente di quest’area, con competenze sia editoriali, sia tecniche e informatiche. Sia pure con le difficoltà del periodo, questo è un ambito in cui le aziende editoriali devono assolutamente investire. Sicuramente noi lo stiamo facendo e spero e credo che anche gli altri editori stiano facendo altrettanto. Rispetto alla crisi, va detto che in Italia si sommano due aspetti. Il primo è comune a tutto il mondo occidentale, ossia la profonda trasformazione dell’industria editoriale dovuta alla Rete e al digitale. In effetti, la rivoluzione digitale impone all’intera filiera del libro cambiamenti importanti. La digitalizzazione dei processi modifica le diverse fasi della produzione del libro. Cambia la distribuzione, sia con l’avvento dell’ebook, sia con la crescita dell’e-commerce del libro cartaceo. Cambia la promozione e assumono un ruolo chiave il marketing online e la conversazione con i lettori attraverso i social media. Cambia, dopo secoli, la stessa piattaforma di lettura e l’ebook si affianca al libro fisico. Poi in Italia, purtroppo, c’è anche una seconda componente da cui altri Paesi sono usciti, ovvero una lunga e severa recessione, che ovviamente incide sui bilanci delle case editrici. Va però detto che la recessione riguarda quasi tutti settori, da quello dell’auto a quello immobiliare, e quindi bisogna stare attenti a parlare della crisi del libro come se fosse un fenomeno disgiunto dal contesto economico. Molti italiani, purtroppo, soffrono profondamente la crisi, hanno meno soldi in tasca e comprano meno beni, fra cui anche meno libri. Rispetto ai nostri obiettivi, in primo luogo puntiamo a raggiungere e a soddisfare quanti più lettori possibili, e l’ebook è un mezzo per arrivare ai lettori così come lo è il libro cartaceo. Siamo uno dei principali due o tre gruppi editoriali nel mercato ebook italiano, con un catalogo di migliaia di titoli delle case editrici del gruppo. Puntiamo poi ad innovare e a sperimentare. Certo, il mercato editoriale vive una fase non facile, e l’editore si deve confrontare con i grandi player internazionali che dispongono di risorse finanziare infinite e che possono permettersi, a differenza nostra, di perder soldi per acquisire posizioni dominanti. Però è anche un periodo di grandi opportunità e di sperimentazione. Questo è sicuramente affascinante; molto faticoso ma divertente.

Ad oggi, qual è la situazione del mondo in materia di lettura digitale? Come mai l’Italia sta reagendo un po’ più lentamente rispetto agli altri paesi? L’atteggiamento dell’editore è imitare e tentare di replicare il modello americano?

Di Pietro: L’Italia, come detto prima, è lenta nell’approccio ma rapida nell’adozione. Oggi siamo decisamente più indietro rispetto a paesi come la Germania e il Regno Unito, per non parlare degli USA. Ma stiamo recuperando terreno. Il digital divide, tristemente ampio e trascurato in Italia, è il primo fattore di rallentamento. Del modello americano vanno studiati tutti i lati positivi (pervasività, apertura al nuovo, vivacità nell’offerta) ma facendo lo slalom attorno ai corrispettivi negativi (accentramento oligopolistico, distruttiva tendenza all’abbattimento dei prezzi, scollamento fra retail fisico e online).

Furlan: Il Mondo americano e in generale quello in lingua anglosassone, perché il mercato inglese ha preso un’accelerazione ancora più veloce rispetto a quello americano, è partito prima e con alcune condizioni di mercato, di lettori, di tipologia, di fruizione dei libri che hanno facilitato l’entrata del digitale, che oggi è intorno 30% del mercato trade, soprattutto in alcuni ambiti (entertainment, fiction di genere). L’Italia, ma non solo, i Paesi europei in genere che hanno modalità diverse di fruizione della cultura, sono più lenti anche perché hanno avuto una penetrazione più lenta dell’e-commerce, dell’informatizzazione, della digitalizzazione (la Francia è ancora più conservatrice, la Spagna non è più veloce, la Germania fa qualcosa di più ma non tanto). La grande differenza è con il modello anglosassone, che ha anche una lingua di base che li aiuta a una diffusione molto più veloce e anche nella digitalizzazione dei contenuti e in tutto quello che stanno facendo. Per cui, come dicevo prima, noi siamo attenti a quello che succede in questi Paesi e alle innovazioni che stanno portando tenendo sempre comunque ben presente le caratteristiche del modello del mondo europeo, quello italiano. Per cui sicuramente nel mondo di lingua anglosassone c’è una facilità maggiore della lettura, della fruizione senza avere il possesso del libro, questo storicamente. Noi crediamo molto alla sperimentazione Amazon con Kindle Match, bando libro fisico ed e-book, perché pensiamo siano assolutamente complementari e quello potrebbe essere un esperimento interessante per il nostro mondo. Tenendo presente il libro di carta e andando semplicemente a presentarli e a offrirli al pubblico come due canali diversi per la fruizione dello stesso contenuto.

Magno: Come si diceva prima, il mercato ebook in Italia è partito da poco. In realtà i tassi di crescita del mercato italiano dal momento della partenza sono alti quanto quelli di altri paesi europei se non di più, quindi da questo punto di vista non riscontro alcuna lentezza; non la riscontro nella maggior parte degli editori, non negli store, non negli utenti. Poi, se vogliamo allargare il discorso ad altri ambiti, ad esempio l’adozione della lettura digitale nelle scuole, lì da semplice osservatore (non essendo noi editori scolastici) noto un certo ritardo: l’adozione dell’ebook in tutte le scuole sembrava dovesse partire già qualche anno fa e invece il progetto è stato postposto. Con il penultimo governo c’era stata un’accelerazione forse poco ragionata, perché non del tutto compatibile con la filiera del libro scolastico, seguita poi da un’eccesiva frenata. Questo è un peccato, perché non rendere i giovani dei “lettori digitali” – quindi non solo di ebook, ma anche di tutti i contenuti multimediali che un tablet può offrire – allarga il nostro digital divide con gli altri Paesi occidentali, purtroppo pesante e oramai consolidato da anni. Nel caso delle scuole c’è anche da dire che obbligare gli studenti ad acquistare un tablet non è semplice in questa situazione economica; fornirglielo da parte della scuola sarebbe la soluzione ideale, ma non è facile trovare le risorse. Rispetto alla seconda parte della domanda, replicare esattamente il modello americano no, perché ogni Paese ha le sue specificità culturali e sociali, per cui un modello non si replica mai pari pari. Sicuramente si guarda agli Stati Uniti come un modello importante, perché è un mercato più maturo rispetto all’ebook, e alcune delle dinamiche che si sono registrate lì probabilmente avverranno anche qui, ma non tutte. È interessante notare che gli editori americani, quasi tutti se presi singolarmente oppure considerandoli come aggregato, oggi sono in discreta salute. Dopo un periodo difficile, stretti tra la posizione dominante di Amazon e la non facile transizione al digitale, i loro bilanci sono tornati in utile e stanno lavorando bene nel mondo digitale. Quindi il connubio ebook e libro cartaceo, dove il libro cartaceo conta ancora i tre quarti e l’e-book un quarto, sta funzionando, e gli editori americani sono riusciti a trarre giovamento da questa transizione. Non ne sono stati schiacciati, come invece purtroppo a volte è accaduto agli editori dei periodici e a quelli dei quotidiani. Da questo punto di vista la situazione è moderatamente confortante: l’editore di libri, anche in Italia, può immaginare una prospettiva di crescita; non è spazzato via dal digitale, ma anzi sta imparando ad utilizzare il digitale per parlare ai suoi lettori, inclusi quelli nuovi, i nativi digitali

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