
Autore: Arba Franco
Casa Editrice: LiberAria
Genere: Romanzo
Pagine: 248
Prezzo: 15,00
L’opera prima dell’esordiente Franco Arba, LiberAria edizioni, rende omaggio alla discesa italiana nella Grande Guerra con una storia di amore e di morte. Protagonista è Enrico, un ragazzo sardo costretto dalla fame e dalle circostanze ad arruolarsi, un eroe buono sempre dalla parte dei diseredati e dei miserabili.
Enrico è un giovane pastore che vede nella chiamata alla guerra la possibilità di fuggire dalla miseria di casa. Parte per il fronte senza avere piena coscienza di cosa sia la guerra. “Cosa significava la guerra per me? Non lo capivo ancora bene e ancora meno sarei stato capace di spiegarlo” (pag.42). Del resto siamo all’inizio di quel conflitto di cui la maggior parte dei soldati non conosceva le ragioni, essendo perlopiù gente analfabeta. Nel titolo stesso il “dicono” ci fa capire che il conflitto si svolge per “voci”, per ordini, divieti e promesse dei superiori. “Sembra che neanche gli alti comandi sappiano perché e come bisogna combattere. Forse non sanno neanche perché siamo entrati in guerra. Lo sanno i politici a Roma, perché siamo entrati in guerra. E forse il Re. Forse.” (pag.58-59). Per Enrico stesso andare a combattere è motivo per allontanarsi per la prima volta da casa, scoprire come è il mondo fuori, riconoscersi in un obiettivo comune.
Dicono che domani ci sarà la guerra è anche una storia d’amore, per una donna e per una terra, ma soprattutto per la libertà. Enrico combatte per conquistare i suoi amori: la Sardegna e Paska, la sorella del suo migliore amico, di cui si innamora a prima vista follemente e per la quale è disposto a tutto e a cui scrive, da ogni posto di combattimento, innumerevoli lettere d’amore. La narrazione ci fa conoscere la vita distruttiva della trincea, i combattimenti feroci, ma anche le amicizie forti con gli altri soldati e la speranza del ritorno che tuttavia non può mai dirsi completamente compiuto:“La guerra non è mai finita” riconosce lo stesso protagonista. Al ritorno Enrico prova a costruirsi finalmente una quotidianità, cercando una casa dove vivere con Paska, ma il suo futuro non sembra prendere una buona strada. La guerra gli ha lasciato l’amaro in bocca e la ricompensa che avevano promesso a tutti non è mai arrivata. Insegue idee politiche che si identificano in quelle del movimento dei combattenti sardi e speranze di arricchimento personale nell’impresa di Fiume. Però deve fare i conti con la violenza del fascismo, che mette in discussione gli ideali di eroismo e fratellanza, e quel senso del dovere che era riuscito a costruirsi in trincea. Nonostante l’amore incondizionato per la donna che ama, quando questa gli chiede di scegliere tra lei e la Patria, Enrico non è disposto a rinunciare ai suoi ideali patriottici e alla sua personale battaglia per la lealtà, così la guerra da pubblica diventa una tragedia privata. E, ostinato sognatore, benché si senta di appartenere a una donna e a una terra, proprio la donna e la terra gli voltano le spalle.
La narrazione è scandita dall’indicazione degli anni: avviene in prima persona, è Enrico stesso che parla, appuntando su un quaderno tutto quello che gli succede, raccontando la propria storia per consegnarla alla memoria. Suo figlio la raccoglie, riconoscendo a quest’uomo sconfitto dalla guerra e dalla vita stessa un ultimo riscatto. Arba si avvale di una scrittura piana che riesce a toccare le corde più profonde: così, grazie al potere della letteratura, ci racconta gli ideali, le passioni e anche le delusioni di tanti uomini che hanno veramente costruito la storia: “In guerra ho imparato che un uomo deve sempre lottare per costruire la propria felicità e difendere la propria libertà. Tu hai pensato che la mia fosse sempre e solo lotta politica. Era anche quello ma era soprattutto il desiderio di realizzare un futuro migliore”(pag. 235).
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