Titolo: Chiedi alla polvere (contenuto nel volume Le storie di Arturo Bandini)
Autore: John Fante
Prima edizione: 1939
Edizione usata per la recensione: Einaudi 2011
John Fante nacque a Denver, in Colorado, l’8 aprile 1909. Era figlio di un abruzzese emigrato in America. Il padre, Nick, era un abile muratore, appassionato del gioco e bevitore, spesso violento. Di lui Fante scrisse spesso, soprattutto nei primi racconti giovanili. La mamma, Mary Capoluongo, di chiare origini italiane, nata a Chicago, era una donna cattolicissima e mite, e fu la destinataria delle molte lettere che il giovane John in cerca di fortuna scriveva a casa. Chiedi alla polvere è uno dei romanzi più celebri dello scrittore italo americano, anche se non tutti sanno che è inserito in un ciclo, una sorta di quadrilogia incentrata sullo scrittore Arturo Bandini, di cui fanno parte nell’ordine: “Aspetta primavera”, “Bandini”, “La strada per Los Angeles”, Chiedi alla polvere e “Sogni di Bunker Hill”.
“Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d’albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell’albergo. O pagavo o me ne andavo: così diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto”.
Il romanzo è scritto in prima persona. Si alternano la voce e i pensieri del ventenne Arturo Bandini (nonché alter-ego di Fante), aspirante scrittore statunitense in cerca di fama che lascia la famiglia in Colorado e si trasferisce a Los Angeles in cerca di fortuna. “Los Angeles dammi qualcosa di te! Los Angeles, vienimi incontro come ti vengo incontro io, i miei piedi sulle tue strade, tu, bella città che ho amato tanto, triste fiore nella sabbia”.
La vicenda è ambientata nel 1933, durante la Grande Depressione di cui si percepisce l’eco nella narrazione. Il lettore deduce l’anno dalla descrizione del terremoto che colpì L.A. in quell’anno, fatto che il nostro Arturo legge come punizione divina alla sua condotta poco cattolica. Bandini, girovagando per la città in cerca di esperienze, conosce Camilla Lopez, cameriera messicana dalla straordinaria bellezza, di cui si innamora. Ma Camilla è perdutamente innamorata di Sammy, il suo datore di lavoro, che la disprezza perché è messicana. Arturo intreccia con lei una tormentata storia d’amore, la ama ma non riesce a farsi travolgere dalla passione fisica di lei. Lui è uno scrittore, un vate, scrive versi, sonetti, e pronuncia dolci parole che Camilla non sa apprezzare.
La forte vena ironica e tragica allo stesso tempo fa subito simpatizzare il lettore con il protagonista perso nelle sue visioni di fama e grandezza e coinvolto suo malgrado in fatti e misfatti che lo riportano immancabilmente alla sua poco convinta educazione cattolica. Le vicende e i personaggi si muovono randagi per le strade della polverosa Los Angeles, la città degli angeli, quelli un po’ ammaccati con le ali spezzate.
Un romanzo d’amore, ma non solo, anche un piccolo affresco sociale, l’immagine di una fetta di società reietta che tenta di stare a galla come può, sullo sfondo di un periodo storico in crisi. La scrittura rapida e tragicomica, quasi grottesca in alcuni passaggi, di Fante rendono la lettura scorrevole e piacevole. Alla fine del romanzo il prologo di Fante che ripercorre tutte le vicende narrate che vanno a intrecciarsi con la sua biografia. “Chiedete alla polvere della strada! Chiedete alle yucche che si ergono solitarie ai margini del Mojave. Chiedete loro di Camilla Lopez, e sentirete sussurrarne il nome”.
Chiedi alla polvere mi ha fatto ridere e anche un po’ pensare, perché Arturo è un sognatore, perché in lui vivono tanti stereotipi un po’ buffi degli italiani (Italia terra di scrittori e poeti, oltre che amatori un po’ rudi e fannulloni), perché è un classico della letteratura americana, perché è una storia contemporanea.
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