Ospite al Festivaletteratura di Mantova nella giornata di venerdì 5 settembre, Pino Cacucci ha vissuto un’intensa giornata che lo ha visto protagonista di ben tre incontri, dedicati a diversi aspetti della sua attività letteraria: al mattino ha dialogato con Rafael Chirbes in quanto traduttore del suo ultimo romanzo, nel pomeriggio ha offerto un breve affresco del Messico partendo dal suo ultimo romanzo “Mahahual” e la sera si è confrontato con Carlo Lucarelli e Francesco Piccolo sul tema della crisi dello scrittore. In questa girandola di impegni ha confermato la sua cortesia e disponibilità regalandoci qualche minuto del suo tempo, togliendola a un po’ di relax, per rispondere ad alcune domande.
Nel suo curriculum figura anche l’organizzazione di un festival letterario, Cruzando Fronteras che ha avuto luogo nella Mahahual protagonista della sua ultima opera. Anche qui a Mantova vediamo incrociarsi culture diverse, c’è tanta partecipazione di pubblico e soprattutto si vedono con piacere tanti giovani: come la vive lei che ha vissuto un evento del genere sia come organizzatore che come ospite?
Tutte le volte che ho provato a dare una mano nella parte organizzativa mi sono reso conto che è faticosissimo e complicatissimo far coincidere tante esigenze diverse, è veramente un rompicapo e ogni volta mi sembra un miracolo che si rinnova: che in una cosa così grande come Mantova che ha così tanti ospiti e così tanti eventi tutto funzioni è anche rincuorante, vuol dire che si può fare, ma dietro c’è una macchina ben oliata. Un altro miracolo è la presenza di migliaia di volontari, anche giovanissimi: è una cosa stupenda che intanto denota che i giovani sono interessati ai libri e a chi li scrive, e poi mettono a disposizione in maniera appassionata il proprio tempo e il proprio entusiasmo. Era un po’ che non tornavo ma ogni volta rimango veramente estasiato. Certo i dati li vediamo tutti e non si può negare un calo nelle vendite dei libri, ma chissà se si può parlare anche di calo di lettori: occasioni come questa farebbero pensare il contrario, i lettori ci sono eccome, è una passione che non muore, anzi si rafforza. Però probabilmente si legge risparmiando, prestandosi i libri o andando in biblioteca. Un festival come questo dovrebbe dimostrare tutta l’importanza della Cultura, altro che con la Cultura non si mangia.
Non si può non fare a Pino Cacucci una domanda sul Messico, ormai abbiamo capito che siete una cosa sola. Lei è nato in Piemonte, cresciuto in Liguria e adesso vive a Bologna: adesso vogliamo sapere com’è arrivato in Messico.
Verrebbe da dire per caso, ma poi chissà se esiste davvero il caso. Iniziai a viaggiare essenzialmente perché non trovavo pace in Italia, non stavo bene perche non sopportavo ciò che avevo intorno e fu più uno scappare da qualcosa che non mi piaceva che un andare in cerca di qualcosa di specifico. C’era comunque in me un’indole di spostarmi, e sentivo che ogni viaggio mi arricchiva: il Messico è stato un Destino che ha preso forma ormai 32 anni fa con dei Messicani conosciuti a Parigi dove andavo spesso, uno di loro oggi è docente universitario e ci lasciammo con il classico “questo è il nostro indirizzo, vieni a trovarci”. Fu così che nel 1982 pensai “facciamo questo salto, andiamo a vedere cosa c’è laggiù”: ed ebbi un primo impatto bellissimo, anche perché non partii alla cieca, avendo una famiglia messicana che mi aspettava all’aeroporto e che mi accolse in casa sua entrai subito nella loro realtà e nella loro vita quotidiana. Questo imprinting sicuramente ha contribuito in maniera fondamentale al mio ritorno più volte negli anni seguenti, a quel punto già “scribacchiavo” e il Messico mi ha dato tanti spunti.
A questo punto scrittore, traduttore, insegnante, viaggiatore, in un certo senso anche “storico e guida turistica” grazie ai suoi libri: c’è ancora qualcosa che vorrebbe fare, un sogno nel cassetto di Pino Cacucci?
Essenzialmente no, ogni tanto penso a delle cose che mi piacerebbe fare ma ormai l’età non me lo permette, dovrei essere più agile e più giovane. Il sogno che rimane lì e che ogni tanto in qualche modo tiro fuori dal cassetto è tornare a trascorrere lunghi periodi in Messico, trascorrendo magari metà dell’anno lì e metà in Italia. Certo non è un sogno irrealizzabile, anzi l’ho già fatto, però col passare del tempo diventa sempre più complesso, in parte per le gabbie che ci creiamo intorno: certezze, lavori da portare avanti, anche se in effetti con un computer e una connessione internet ormai si può lavorare ovunque. Il cuore è sempre lì, e ogni tanto lo vado a riprendere… per poi lasciarlo lì ancora ad aspettarmi nuovamente.
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