A tu per tu con.. Pietro Caliceti

Titolo: L'opzione di Dio
Autore: Pietro Caliceti
Genere: thriller

Scrivere thriller, per un italiano non è facile. Si rischia sempre di scadere nello scontato e parlare degli stessi argomenti.  Pietro Caliceti, fin dal suo esordio (avvenuto nel 2016 con L’Ultimo cliente) è riuscito a dare una sonora scossa al genere thriller italiano tracciando una linea narrativa di successo. In questi giorni ha accettato, per i nostri lettori, di concederci un’intervista per parlare del suo ultimo romanzo.

  1. Come mai hai scelto un titolo filosofico come “L’Opzione di Dio”?

Il titolo vuole essere un omaggio allo scrittore e pensatore Blaise Pascal che nei suoi Pensieri aveva parlato della “Scommessa” intesa come “vantaggio nel credere in Dio”. Il termine “Opzione”, più legato al linguaggio legale semplicemente significa questo ovvero fare calcolo delle probabilità e vedere quale sia quella più vantaggiosa. Nella scrittura di questo libro sono stato molto influenzato dal pensiero e dalla scrittura di tre autori: Pascal, Sant’Agostino e Dostoevsky che trovo molto attuali, soprattutto per quanto riguarda l’argomento che ho trattato.

  1. Perché parlare proprio della Chiesa e delle sue problematiche? Non pensi che fosse un argomento un po’ inflazionato e forse “facile” da trattare?

Quando ho iniziato a scrivere questa storia mi sono posto anche io questo problema, dopotutto negli ultimi anni della Chiesa si è parlato molto in molti termini. Da un punto di vista della narrazione si è scritto molto sulla Chiesa ma quello che è stato scritto non è sempre stato trattato in modo corretto. Ho letto molti scrittori e giallisti che hanno scritto che hanno voluto raccontare le problematiche attuali della Chiesa però ho potuto constatare che (specie gli stranieri) quando si sono trovati a dover affrontare questo argomento lo hanno fatto in modo molto superficiale e anche banale.  Io pensavo che ci fosse molto da dire. Ho fatto molte ricerche e ho passato un anno e mezzo a leggere articoli e libri in italiano e in inglese per poter dare al mio lettore una immagine veritiera e precisa. Poi la storia in sé è frutto di finzione ma di una finzione che ha basi reali.

  1. Alessio Macchia e il fratello Giovanni sembrano due aspetti della stessa figura. A chi sono ispirati?

In realtà sono due personaggi distinti ma sono ispirati a due dei quattro fratelli Karamazov, personaggi dell’omonimo romanzo di Dostoevsky. Alessio sarebbe Aleksj il fratello che aveva dimostrato di possedere una grande moralità e una forte spiritualità e mentre Giovanni sarebbe Ivan, il fratello che ha una intelligenza molto arguta e che aveva dibattuto verso i tribunali ecclesiastici. Per quanto riguarda il cognome “Macchia” mi sono sempre ispirato alla figura dei Karamazov. Volevo un cognome italiano che richiamasse quella parola ma, fecendo delle indagini, ho scoperto che il cognome Karamazov era una parola inventata dallo stesso Dostoevsky. Questa parola è formata dall’unione di altre parole una delle quali significava, grosso modo, “peccato, scuro” e che quindi ho traslitterato in “Macchia”.

 

  1. Hamilton Warren: perché avere necessariamente due antagonisti? Come nasce questo personaggio Quando hai inprofondamente malvagio?

L’esigenza di avere due protagonisti è legata alla storia. La Chiesa nel mio romanzo (come nella realtà) è divisa in due fazioni i Progressisti e i Conservatori. Entrambe le fazioni avevano bisogno di un loro “campione”. Hamilton, il campione dei progressisti, è stato ispirato dalla figura e dall’agito del cardinale Pell.

  1. Il Pretoria Response: quanto c’è di vero?

Il Pretoria Response è una invenzione che si basa su un fatto vero, il Melburne Response che era un meccanismo inventato dal cardinale Pell per rispondere alle richieste di risarcimento che arrivavano dalle vittime di abusi sessuali nelle varie diocesi australiane. Queste erano tenute a segnalare i casi al comitato centrale che li analizzava e procedeva a fare una valutazione del rischio. In seguito il cardinale Pell o chi per lui, andavano nelle case delle vittime per dissuaderli dal portare avanti una causa per risarcimento e offrivano loro degli assegni che non superavano mai i 50.000 dollari perché le vittime restassero zitte. Come ho detto prima nel libro ci sono elementi di invenzione che prendono spunto da fatti realmente accaduti e documentati.

  1. Quando hai iniziato a scrivere avevi già in mente tutto la storia o ti sei lasciato andare alla creatività?

Quando inizio a scrivere ho già in mente la storia. Io inizio facendo molte ricerche perché anche se ogni mio libro è una storia di fantasia si basa comunque su fatti realmente accaduti o comunque plausibili. Quando scrivo un libro lavoro molto sulla struttura costruendolo mattone per mattone. So che c’è una parte iniziale, una parte mediana e una finale. So come devono iniziare i capitoli, cosa devo scrivere e seguo una scaletta. Poi magari in corso d’opera un capitolo lo sposto da un’altra parte, uno lo elimino qualcosa modifico. Però il grosso della struttura è sempre presente e già definito.

  1. Cosa ti ha ispirato questo libro?

L’idea nasce da una esperienza vera che ho avuto andando in Chiesa. C’era un ragazzo tetraplegico, probabilmente dalla nascita, un ragazzo che non avrebbe potuto mai fare del male a nessuno e che non avrà mai fatto del male nella sua vita, eppure era tetraplegico e quando ho visto questa scena dove una persona soffre in modo ingiusto, dove c’è un male fine a sé stesso, mi sono chiesto “come si può credere in un Dio che permette queste cose?”. Mentre mi stavo facendo questa domanda ho visto che nonostante tutto questo ragazzo era felice di ricevere i sacramenti c’era molta gioia e fiducia nei suoi occhi e questo mi ha portato a riflettere che il solo modo per affrontare l’assurdità del male è credere nella possibilità che esista un Dio benevolo e qui torniamo ai discorsi di Pascal. Se una persona sceglie di non credere ha due opzioni: pensare che il mondo e la vita non abbiano un vero senso e che si soffre senza ragione oppure che la vita non ha senso e se esistesse una divinità ci vuole davvero del male per farci soffrire così.

  1. Come mai ha scelto di usare, come titolo del capitolo, dei semplici giorni?

Sia ne l’Ultimo cliente sia in Bitglobal avevo usato i giorni come titolo dei capitoli anche se lì era un conto alla rovescia. Siccome questa storia è ambientata in un futuro lontano (si parla di un successore di Bergoglio che sta morendo) non volevo fissare delle date precise e nemmeno azzardarmi a fare ipotesi quindi ho optato solamente per un semplice trascorrere del tempo.

  1. Tra l’uscita de L’Ultimo cliente e Bitglobal sono trascorsi meno di un anno. Ma dopo Bitglobal passano quasi tre anni prima dell’uscita di L’Opzione di Dio. Come mai questa pausa?

In realtà io ho continuato a scrivere in tutto questo tempo. L’Opzione di Dio era terminato nel 2018 ma ci sono stati alcuni rallentamenti a causa della pandemia e di altre procedure. Nel frattempo avevo già finito un libro che non ho ancora dato alle stampe ma che penso di pubblicare in futuro. L’Opzione di Dio non nasce come libro a sé stante. Già in passato avevo detto che non sono un grande sostenitore della scrittura seriale, di creare un personaggio che si muove su più libri. Preferisco che ogni libro sia autoconclusivo, una storia unica. Ma per l’Opzione di Dio  mi sono accorto che più scrivevo. Più avevo da scrivere e mi sono accorto che un libro solo non bastava. Quindi ci saranno ulteriori risvolti e altri libri dove si proseguirà con la storia.

  1. Caliceti contro Caliceti. Se tu fossi al mio posto, cosa ti chiederesti? Cosa ti risponderesti?

Domanda difficile. Penso che mi chiederei quello che mi chiede sempre mia moglie, “perché scrivi”. Penso di scrivere perché sento di avere qualcosa da dire, qualcosa da raccontare e di poter lasciare qualcosa ai miei lettori. Non scrivo perché è il mio mestiere o per atteggiarmi, non voglio essere uno di quegli scrittori che pubblicano libri solo perché devono farlo o hanno contratti da rispettare. Se nel futuro non avessi più nulla da dire nei miei libri, smetterò di scrivere.

 

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Gabriele Scandolaro

Mi chiamo Gabriele e sono un lettore. Ho iniziato a leggere quando ero molto piccolo, complice una nonna molto speciale che invece delle classiche favole riempiva le mie giornate raccontandomi i capolavori teatrali di Shakespeare e di Manzoni. Erano talmente avvincenti le sue narrazioni che, appena mi è stato possibile, ho iniziato a leggere per conto mio. Ma terminato il mio primo libro ne ho iniziato subito un altro. Poi un altro. Da allora non riesco più a smettere di leggere. Quando non leggo o studio, lavoro come Educatore e suono il violino.

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