Incontriamo per voi Grégory Samak, autore del caso editoriale del momento, “Il Libro del Destino”, pubblicato in Italia dalla casa editrice Nord. Giunto a Milano per presentare il suo lavoro, è stato intervistato per voi da Gabriele Scandolaro grazie anche all’ottimo lavoro dell’interprete Francesca Ilardi.
Iniziamo dall’autore. Signor Samak, vuole fare una piccola presentazione per il suo pubblico?
Volentieri. Sono Grégory Samak, ho quarantadue anni e sono un giornalista. Sono sposato e anche mia moglie è una giornalista e abbiamo avuto due bambini. Ho studiato Televisione e Comunicazione alla Sorbone di Parigi e sono stato tra i fondatori di alcuni dei più importanti canali televisivi francesi come FN TV , l’equivalente francese di SKY TG Italia. Oggi lavoro per EuroNews e conduco una sorta di doppia vita, nel senso che alterno la mia carriera da giornalista con quella dello scrittore. È tutto, credo.
Può raccontarci la genesi della sua opera, Il Libro del Destino?
L’idea per il libro nasce da una idea antica che si ritrova nella mitologia e nella liturgia ebraica, quella della presenza di un libro contenente il destino di ognuno di noi. Io mi sono limitato a prendere una vecchia idea e a riadattarla per una storia moderna. L’idea del libro nasce il 21 Aprile del 2002 quando LePen si candidò alla presidenza in Francia. Sentii subito il bisogno di scrivere quella storia e nell’arco di sei mesi la storia era grossomodo finita.
Per quale ragione affidare l’intera impresa a una persona come Elias, un anziano che, con le sue stesse parole, “è privo di qualsiasi dote particolare e non è nemmeno tra gli uomini più pii”?
Ho reputato interessante, per una volta, che fosse una persona anziana l’eroe della vicenda. Gli eroi, fin dall’antichità, sono sempre state persone grandi, grandiose, forti e muscolose. Io volevo che fosse una persona piena di difficoltà, e chi poteva spiegare meglio le difficoltà, anche motorie, di una persona anziana? Inoltre reputavo interessante che questa persona, come ha appunto ricordato, fosse una persona che fa fatica a credere e a come può reagire una persona del genere di fronte al miracolo della prova dell’esistenza di Dio e alla trasformazione che questa prova gli causa.
Nella storia, alcuni passaggi del Libro del Destino sono cifrati agli occhi del protagonista. Questo è per una incapacità di Elias nella lettura o sarebbe così per chiunque legge quel libro?
I passaggi che nel libro appaiono cifrati, lo sono per chiunque. Elias non c’entra. Questo fa ricorso a una idea abbastanza vecchia, molto vecchia e di origine esoterica secondo la quale Dio nasconde parte del suo segreto all’uomo e quindi lo tieni criptato. L’uomo non è destinato a sapere tutto, perché per saperlo dovrebbe raggiungere il istero intimo della natura di Dio stesso. Solo Dio può raggiungere e comprendere il grado più profondo e sublime della verità.
La morale del libro sembra essere che il male è irrimandabile ed inevitabile. La pensa davvero così?
Il vero messaggio è che il male è irrimediabile. Il Male non era Hitler, non va cercato in una entità malefica generale. Il male è dentro l’uomo. È l’uomo che è responsabile del suo destino. Occorre cercare il male dentro di noi, riconoscerlo ed evitarlo. Elias, come molte persone, crede che il male si possa sconfiggere, distruggendo chi è l’artefice di molte disgrazie e della distruzione del suo popolo, ma alla fine quello che ottiene è solo uccidere una persona. Il male trova comunque il odo di manifestarsi.
Il libro è diviso in tre parti ognuna recante un titolo che compone la frase “Rex Tremendae Majestatis”. Come mai?
Sono felice che almeno qualcuno se ne sia accorto di questa divisione. La frase Rex Tremendae Majestatis fa parte della liturgia latina ed è presente anche in un opera molto importante, il Requiem di Mozart che stavo ascoltando mentre scrivevo questo libro. Mi ha sempre affascinato questo brano e l’accostamento incomprensibile di Collera e Maestà mi sembrava in perfetta armonia con il finale del libro.
Un personaggio mi ha molto incuriosito per la sua insensata malvagità: Boser. Può parlarcene?
Boser non è malvagio in toto. Non so se ha mai sentito quella vecchia storia indiana di questo ragazzo che dice al maestro che dentro di lui sente che ci sono due tigri che lottano, una bianca e una nera, il bene e il male. Il ragazzo è preoccupato e chiede al maestro quale delle due tigri alla fine avrà la vittoria e questo gli risponde “quella a cui tu darai nutrimento”.
È la stessa cosa per Boser. Ha scelto di dare nutrimento alla sua parte malvagia, ma potrebbe tranquillamente redimersi.
Nel romanzo ci sono due figure curiose. Ti Tom e la piccola Marika. Lei pensa che l’innocenza salverà il mondo?
Assolutamente no. Penso sia compito del mondo salvare l’innocenza.
Se fosse stato Grégory Samak ad avere il libro del destino cosa avrebbe fatto?
Penso le stesse scelte e gli stessi errori che ha fatto il protagonista.
Ha pensato a un finale differente?
Eccome! Il finale è stato motivo di molte accese discussioni con il mio editore, perché originariamente il finale era molto più cupo di quello che legge chi prende il mio libro. Il finale originario si chiudeva con Ti Tom che, fuggito dalle truppe del nuovo regie, si nasconde nella vecchia proprietà al buio e si tappa con forza le orecchie mentre sopra di lui degli aerei lasciano cadere le bombe. In effetti era troppo triste, quindi ho deciso di aggiustarlo almeno un pochino.
Progetti per il futuro come scrittore?
Si. ho in cantiere un romanzo ambientato in Italia, in special modo a Roma. Parla dei quattro grandi misteri di Dio in chiave esoterica.
Un ultima domanda: siccome lei è un giornalista, cosa avrebbe chiesto a Grégory Samak se fosse stato al mio posto?
Proprio questa! Ma le rispondo ugualmente. Avrei chiesto del significato che hanno alcuni nomi di personaggi. Vede, se lei unisce Hein e Sof, i due anziani ebrei, ottiene uno dei nomi cabalistici di Dio. È un piccolo enigma che mi è piaciuto inserire all’interno del libro.