A tu per tu con… Barbara Fiorio

I veri scrittori hanno il talento di toccare le corde dell’anima, di far uscire dalle pagine di un libro le emozioni autentiche dei protagonisti, di lasciare qualcosa dentro di te quando ha chiuso il libro all’ultima pagina. Questo credo che sia il requisito più grande per essere definiti scrittori. Barbara Fiorio è senz’altro una di loro e lo conferma la sua ultima ‘creatura’ letteraria: Qualcosa di vero (Feltrinelli). Abbiamo avuto il piacere di incontrarla e di rivolgerle qualche domanda.

Come ti è venuta l’idea di questa storia e di parlare di fiabe?

Le fiabe sono una mia passione da sempre. Il mio primo libro, C’era una svolta, era un saggio ironico sulle fiabe classiche. Anche nel mio secondo libro, il romanzo Chanel non fa scarpette di cristallo, le fiabe erano in qualche modo protagoniste.
Le fiabe sono una tra le forme originarie del raccontare e incarnano appieno il potere della narrazione. Una narrazione che ho utilizzato, in Qualcosa di vero, per mettere in comunicazione due mondi: quello di Rebecca, una bambina di quasi nove anni, e quello di Giulia, una pubblicitaria quarantenne che racconta le fiabe vere, senza censurarle, così come sono state scritte da Perrault, dai Grimm e da Andersen. Con tanto di morti, vendette, cattiverie, principesse non particolarmente intelligenti e principi piuttosto mammalucchi.
Uno spasso, per chi ha il senso dell’ironia. E Giulia e Rebecca ne hanno parecchio.

Questo romanzo non è un libro per bambini. Secondo te, gli adulti hanno bisogno delle fiabe?

Gli adulti hanno bisogno di ritrovare l’incanto dell’infanzia, quello che provavano quando qualcuno leggeva loro una fiaba. L’incanto che solo una storia sa creare, perché ci permette di vivere più vite e di dedicarci a quel lato fantastico che non dovrebbe abbandonarci mai.

Possiamo qualificare Giulia come una donna un po’ snob e cinica?

No, Giulia non è né snob né cinica: è una donna che vive nel suo mondo, un mondo che lavora dietro le quinte dei desideri, il mondo della pubblicità, dove tutto deve apparire luccicante per conquistare il pubblico. È realista, pragmatica e smaliziata ma non sprezzante; è colta, intelligente e ironica ma non arrogante. È una single di successo, soddisfatta della propria esistenza e della propria carriera, concentrata su ciò che le sta molto vicino e poco altro. Però è anche capace di aprire una porta, di accogliere una bambina di quasi nove anni che le chiede una fiaba, arrivando a raccontarle per più sere alla settimana di scarpette perdute, mele morsicate e trecce lunghe lunghe.
Giulia è un personaggio che sa essere presente a modo suo, sa farsi amare a modo suo, sa partecipare alla vita degli altri a modo suo.

Qual è il reale effetto che Rebecca ha su Giulia? Che cosa porta davvero nella sua vita?

Il rapporto con Rebecca rappresenta una svolta per Giulia, perché la costringe a porsi alcune domande fondamentali.
Rebecca, come tanti bambini, non capisce per quale ragione gli adulti siano ormai assuefatti alle sfumature di grigio. E con il suo sguardo ricorda a Giulia che esistono il bianco e il nero, i colori netti, le scelte radicali, le idee incontaminate.
Giulia, a contatto con lei, si ritrova a provare sentimenti imprevisti, a osservare con più attenzione ciò che la circonda, a non accettare senza reagire quel che può succedere dietro una porta chiusa.

Fiorio-Qualcosa-di-vero-Cover-930x1486Tu parli molto anche dei bambini e dei rapporti che si innescano tra di loro: ci sono Daniele, Elisabetta e la Gilda del cerchietto… Sono ricordi della tua infanzia? Secondo te, oggi funziona davvero così tra bambini di 9 anni?

Non ho avuto un compagno di banco come Daniele, né ho combattuto a muso duro contro una Gilda del cerchietto; ma di bambini introversi e vessati ne ho visti, e di bambine smorfiose e crudeli pure. Ho avuto nove anni e me li ricordo bene.
Penso poi che la società dei bambini rispecchi in molte cose quella degli adulti e che ci possa essere un parallelismo tra le dinamiche, i conflitti, le battaglie di questi due mondi. La differenza, però, è che per i bambini le regole sono molto precise e riconosciute da tutti, non le puoi infrangere così. Per cui se vieni sconfitto, vieni sconfitto, e se vinci, vinci. Davanti a tutti. Poi, ovvio, ci sono sempre quelli che non sanno perdere, ma i bambini sanno come vanno davvero le cose. Noi adulti facciamo più fatica a capirlo.

In Qualcosa di vero alterni molto bene momenti più ludici e divertenti a momenti seri. Come si riesce a fare questo senza cadere nel banale ed essendo davvero convincenti come lo sei tu?

Siccome la vita è sia divertente sia seria, perché non dovrei raccontarla così com’è? Non esistono anni, mesi o settimane solo buffi, solo tristi, solo amari, solo romantici, solo pieni di passione, solo disperati. Nella vita si ride a crepapelle, si piange a dirotto, ci si indigna, si festeggia, ci si sente sereni, ci si presenta perfetti a una cena, si cade in una pozzanghera prima di un appuntamento. Insomma, può succedere di tutto e ogni emozione fa parte di noi.
Quindi, perché scrivere un libro solo serio o solo divertente? Se si racconta di personaggi verosimili, la loro storia dev’essere verosimile. Farlo senza cadere nel banale e risultando convincenti, è fondamentale per scrivere un buon romanzo. E non posso che essere felice se ci sono riuscita.

Che cos’è Qualcosa di vero oggi?

Valgono mille risposte, a questa domanda. Per ognuno di noi c’è qualcosa di vero.
Qualcosa di vero sono i legami che abbiamo con gli altri, ciò che possiamo fare per loro senza un tornaconto. Qualcosa di vero sono i giochi dei bambini, sono le paure che cerchiamo di gestire, sono le fusa di un gatto che ha già mangiato.
Qualcosa di vero, nel mio romanzo, è il rapporto tra Giulia e Rebecca, la loro amicizia, la solitudine di molti personaggi. Qualcosa di vero è il racconto delle fiabe a cui i compagni di Rebecca non credono, è la stanchezza di un lavoro che corrode la vita privata, è l’amore che non sempre si capisce di provare, è il senso di possesso e di potere che si confonde con l’amore, è un gruppo di persone che si trasforma in un muro compatto per difendere qualcuno, diventando famiglia.
Qualcosa di vero è una storia che può addirittura finire per cambiarci.

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Riccardo Barbagallo

Lavoro da qualche anno nell'editoria, mi occupo di comunicazione per editori e autori e sono un digital addicted. Al contrario di altri, non mi posso definire un lettore da sempre, 'La coscienza di Zeno' in prima media è stato un trauma troppo forte da superare per proseguire serenamente la relazione con la lettura. Più avanti ho deciso di leggere un libro per piacere, e non per obbligo, ed è stato lì che ho capito quale sia la vera forza della lettura: la capacità di emozionare. Credo che sia questo il segreto, se così possiamo definirlo. Non ho più smesso.

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