Yoga – Emmanuel Carrère

Titolo: Yoga
Autore: Emmanuel Carrère
Data di pubbl.: 2021
Genere: autofiction
Traduttore: Lorenza Di Lella e Francesca Scala
Pagine: 312
Prezzo: €20,00

Emmanuel Carrère è uno dei pochi scrittori contemporanei che nei suoi libri si mette completamente a nudo, raccontando il suo vissuto e soprattutto ciò che conosce, e tutto questo materiale diventa letteratura. E che letteratura.

Sono anni che Carrère ha scelto di non utilizzare la finzione (appartenenti quel periodo Baffi e La settimana bianca, due romanzi memorabili) e di confrontarsi nei suoi libri con la realtà.

L’avversario, Limonov, e Il Regno sono i libri in cui lo scrittore francese trasforma la vita in grande letteratura.

Il libro più importante di questo nuovo corso del grande scrittore francese è senza dubbio Vite che non sono la mia.

È il suo libro più empatico e più temerario. In queste pagine Carrère sceglie di mettersi da parte e di dare voce al dolore degli altri. Lo scrittore stesso ci dice che ha scritto un libro in cui tutto è vero.

Quando uno scrittore nella sua opera riesce a farsi carico delle esistenze altrui, raccontando con intensità umano tutto il dolore che consuma, diventa un servitore umano troppo umano del vero.

In Vite che non sono la mia succede tutto questo e Carrère è capace di guardare nelle profondità dell’animo umano, di fare della vita e dei suoi sguardi letteratura.

Carrère prosegue con l’autofiction, affermando chiaramente di non avere nessuna intenzione di tornare alla finzione.

Il suo ultimo libro è Yoga, uscito recentemente sempre da Adelphi. Se non avere mai letto nulla del grande scrittore francese non iniziate da Yoga, vi fareste di lui una pessima idea.

Yoga è un altro capitolo di autofiction, solo che in queste pagine Emmanuel Carrère si racconta guardandosi intorno ma non trasforma mai la vita in grande letteratura, come ha fatto magnificamente nei suoi libri precedenti.

Al centro della narrazione lo yoga e le sue pratiche di meditazione e l’intenzione dello scrittore di voler scrivere un libro su questa disciplina.

Carrère parla di Carrère come di un caso clinico e della sua malinconia che lo ha portato a vivere un forte periodo di depressione e un ricovero psichiatrico.

Attraversando la pratica dello yoga con le sue infinite definizioni di meditazione, lo scrittore parla troppo di se stesso dimenticando completamente di essere uno scrittore.

Si avvale della scrittura per un’autoanalisi del suo ego, vergando pagine noiose in cui manca completamente la letteratura e le parole sono stanche.

Per Carrère la letteratura ha sempre rappresentato il luogo in cui non si mente è lui si è sempre definito uno scrittore che scrive quello che gli passa per la testa.

Sicuramente lo fa anche in Yoga, lavorando con quello che ha a disposizione, ma questa volta parla di se stesso, essendo interessato soltanto al caso clinico di se stesso.

L’io e il mio in queste pagine di autoanalisi e di autoaiuto sono dilatati fino a creare nella narrazione un cortocircuito che pregiudica l’impianto stesso del libro.

Questa volta Carrère non riesce a dare al suo inferno personale una forma reale perché quello che ha disposizione è solo se stesso. Intorno se stesso costruisce la struttura del libro, lasciando fuori dalla porta la letteratura per dare precedenza assoluta alla rappresentazione solipsistica del caso clinico Carrère.

«A prima vista il mio primo progetto di autobiografia psichiatrica e il mio saggio arguto e accattivante sullo yoga, che appartiene chiaramente a un’epoca passata, non hanno niente in comune, A prima vista, Se non fosse che di norma – ne sono convinto – ed è anche uno degli insegnamenti più attendibili della psicoanalisi -, quando diciamo che due cose non hanno niente in comune, è altamente probabile, invece, che abbiano parecchio in comune…».

Di questo si tratta e ce lo dice l’autore stesso nel libro. Yoga è un libro monco perché la triste storia personale di Carrère non diventa mai universale perché qui lo scrittore non ha voluto fare della vita letteratura.

 

 

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