Sembra faccia già discutere la decisione del ministro della Giustizia inglese, Chris Grayling, di vietare a familiari e amici dei detenuti britannici la spedizione di libri ai loro congiunti in carcere. La diffusione della notizia è avvenuta solo recentemente, in seguito alla denuncia di un blog sui diritti umani, ed ha subito indignato scrittori e intellettuali del Regno Unito che hanno lanciato una petizione online per chiedere al ministro di revocare il divieto.
“Vogliamo dare degli incentivi ai condannati affinché si comportino meglio, vogliamo spingerli a impegnarsi per guadagnare privilegi”: è stata questa la difesa del ministro della Giustizia che ha proibito l’invio non solo di libri ma anche di altri effetti personali .
I detenuti possono tenere in cella fino a un massimo di 12 libri che però possono essere presi in prestito unicamente dalla biblioteca del carcere, poco fornita ed a cui il detenuto può accedere non più di una volta ogni 2-3 settimane a causa dei tagli sul personale penitenziario. L’alternativa per poter leggere è dunque, dalle intenzioni del ministro Grayling, quella di ottenere un certificato di buona condotta, in base al quale il divieto viene revocato e il carcerato guadagna la possibilità di acquistare libri o farseli inviare.
“E’ un provvedimento assurdo, crudele e controproducente – ha affermato Mark Haddon, l’autore del bestseller Il curioso incidente di un cane a mezzanotte e uno dei promotori della petizione online – perché proprio la lettura di libri può avere un ruolo chiave nella riabilitazione dei detenuti in carcere”. Anche a Guantanamo, ricorda lo scrittore, il campo di prigionia dove gli Stati Uniti ha rinchiuso senza processo i sospetti di terrorismo, i prigionieri hanno facoltà di ricevere libri in regalo. Secondo Haddon la decisione è stata presa per “compiacere un’opinione pubblica forcaiola, senza pensare a cosa è più utile per la società”.