
Data di pubbl.: 2025
Pagine: 279
Prezzo: € 15,90
Sembra impossibile che nella tranquilla Lugano d’inizio anni ‘40 del secolo scorso possano accadere efferati delitti. Eppure… Il delegato di polizia Ezechiele Beretta e il suo sottoposto – ma guai chiamarlo così! – Tranquillo Bernasconi, da poco rientrato in servizio, si recano in via Bossi proprio per un terribile delitto. La signora Emma Stoppani, che tre volte alla settimana pulisce l’alloggio, ha rinvenuto l’inquilino morto con la testa fracassata da una scure. Uno spettacolo inguardabile che però al Beretta ricorda l’omicidio di Raskol’nikov in Delitto e castigo di Dostoevsky, un libro e un autore fra i suoi favoriti. Il morto si chiama Federico Ranella e, a sentire la portinaia Emilia che conosce tutti nel palazzo, aveva affittato l’alloggio di proprietà dei signori Mauro e Neria Rohrbacher, un tempo occupato dalla madre del Signor Mauro, deceduto mesi or sono in un brutto incidente d’auto lungo i tornanti della Tremola, di ritorno dal Gottardo. Sì, perché nel palazzo vivono la vedova del signor Rohrbacher, Neria, sua sorella Aurora che ha sposato Claudio Rizzi socio del Mauro Rohrbacher; la signora Lavinia, madre, sorda e vecchissima dell’avvocato Schulz, legale di Neria Rohrbacher – che ha preso il posto del marito nella società -; i signori Arnaldi, lui professore di latino, lei casalinga, due figlie; il macellaio Stoppani con la moglie e il figlio. Neria e Aurora da ragazze facevano Repetti-Soldini di cognome, gente della Lugano bene, molto conosciuta.
Beretta e Bernasconi si buttano a capofitto nell’indagine cercando di collegare, come in un gioco enigmistico, i puntini e creare un disegno coerente. Ma tutto congiura a portarli fuori strada. Gli inquilini del palazzo hanno qualcosa da nascondere? Perché di Federico Ranella non si trovano atti di nascita o altro? Pare che in origine fosse di Lugano-Paradiso sebbene abitasse da tempo a Stans nel Cantone Nidvaldo. Come pare che a Lugano ci fosse venuto per un affare che intendeva trattare con la società Rizzi-Rohrbacher: la costruzione di un nuovo, Grande Albergo sul lungolago di Paradiso. Claudio Rizzi, reticente, ammette di averlo brevemente incontrato un’unica volta. Neria Rohrbacher ammette a sua volta che è stato l’avvocato Schulz a proporle di affittargli l’alloggio nel palazzo in attesa che l’affare si concretizzasse o meno. Su una cosa però tutti concordano: il Ranella è la copia vivente di M, il mostro di Düsseldorf, film programmato a Lugano proprio in quei giorni.
Insomma, tutti pare conoscano un pezzo della storia, ma i frammenti del puzzle fanno fatica a incastrarsi fra loro. C’è forse un collegamento fra l’incidente mortale di Mauro Rohrbacher – che aveva da poco ripianato un pesante debito contratto da Claudio Rizzi per la società -, il suo viaggio oltre Gottardo, l’arrivo a Lugano del Ranella e la morte di costui? E perché poi uccidere il Ranella in modo così efferato? Ma soprattutto, perché ucciderlo?
Sarà un’indagine particolarmente difficile quella che il delegato Beretta e Bernasconi dovranno affrontare, sebbene aiutati dalle nuove tecniche della polizia scientifica ai suoi esordi, da una grande, personale determinazione, dai ricordi letterari di Ezechiele e dal suo proverbiale intuito sostenuto, nei momenti bui, dal concreto buon senso e dalla linearità di pensiero del suo collega.
Intorno a loro, come in ogni precedente libro di Dario Galimberti, si muovono personaggi noti come la compagna di Ezechiele, Sterlina in una Lugano in vivace cambiamento, dove però esiste ancora il quartiere Sassello. Malfamato, certo, ma anche ricco di un’umanità vivissima e pronta a partecipare alle vite dei suoi abitanti e agli eventi locali. Su tutto incombe l’eco spaventosa della Seconda Guerra Mondiale, mentre a rallegrare l’animo dei protagonisti ci pensa lo spirito gentile del cane Malombra, salvato da Ezechiele. Limpida la prosa, impeccabile il meccanismo giallo e di grande interesse i riferimenti storici, sociali e architettonici alla Lugano dell’epoca.