Autore: Pallavicini Piersandro
Casa Editrice: Feltrinelli editore
Genere: Romanzo
Pagine: 309
Prezzo: 17.00 €
L’eredità di un facoltoso industriale, ma anche quella culturale di una generazione. Chi ci lascia qualcosa, e perché? Ho sentito serpeggiare un interrogativo esistenziale nelle pagine di questa storia, filtrato dai toni dell’ ingarbugliata commedia italiana vissuta dalla famiglia protagonista. Tutto ruota attorno a due fratelli che si ritrovano dopo molti anni di rapporti freddi e distanti, per un invito del padre, che prima di morire raduna la famiglia a casa sua durante l’estate del 2012. Quest’ultimo, Alfredo, padrone di una fabbrica di formaggi venduta realizzando una fortuna, è un personaggio eccentrico e irriverente, caratterizzato in modo quasi caricaturale e sembra uscito dal precedente “Romanzo per signora”, incentrato su un viaggio in Francia di anziani benestanti.
Amante della bella vita possibilmente in Cote d’Azur, meta prediletta dello svago degli industriali anni Sessanta, portato per la provocazione e lo scherzo, ha come mito Gunther Sachs. Del mitico fidanzato di Brigitte Bardot imita lo stile e vanta amicizie nel mondo del cinema, tra cui per citare un nome non a caso, Ugo Tognazzi. Il personaggio principale, Carla Pampaloni Scotti, che è anche l’io narrante, è una cinquantenne professoressa di chimica somigliante ad Ave Ninchi sovrappeso. E’ madre di Massimo, un adolescente difficile e moglie di Gigi, che si trova negli Usa per un anno sabbatico. Si presenta da subito come alter ego femminile abbastanza evidente dell’autore con cui condivide molti elementi biografici.
La trama si svolge in alternanza tra un autunno a Londra, dove vive il fratello Edo con la moglie e i due figli gemelli, e un’estate in l’Italia, a Solaria, paese immaginario del Trentino dove si trova la villa fatta costruire a suo tempo dal facoltoso genitore. In una mescolanza di piani temporali riemergono passo per passo la vita di una famiglia, le vicissitudini di una donna, il passaggio generazionale tra scene dandy, trovate comiche e sprazzi di malinconia . Il tempo che non c’è più è scandito in modo prepotente dalle passioni di Paola Ottolina, un personaggio chiave di tutta la storia. Amica da sempre di Carla, con lei ha condiviso tutto anche un amore sfortunato. Brutta e grassa, ha un cuore d’oro e innumerevoli interessi letterari e musicali. L’atmosfera è data anche da tanti minuziosi dettagli, per esempio sulle case del periodo “L’arredamento non sarebbe dispiaciuto a papà: era un genere futuribile, come nella villa a scomparsa, ma aggiornato. Il tavolo di cristallo, le sedie in plexiglass rosso, la lampada cromata che partiva da un angolo del pavimento e arrivava sopra le nostre teste con un lungo arco. Dei manifesti di festival jazz. Un quadro optical che cambiava a seconda della posizione da cui lo osservavi” (p.132)
Pallavicini dà voce in modo efficace ad un’epoca, la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, in cui si passava dalle utopie al mito del denaro. La scrittura è raffinata e capace di variare i toni rimanendo sempre fedele al punto di vista narrante. Molti passaggi comici probabilmente li perde chi come me non conosce a fondo i riferimenti generazionali, ma il romanzo risulta avvolgente e piacevolmente malinconico con diverse scene commoventi sul filo di ricordi e nostalgie. Le stesse protagoniste, Carla e Ottolina, tutt’altro che vincenti anche se affermate, piene di cicatrici provocate dai piccoli e grandi urti della vita, provocano una grande tenerezza. Da leggere per ridere comunque in qualche momento, per sapere che forse ogni famiglia ha una storia tormentata e per conoscere una generazione che oggi è benestante ma ci lascia in crisi.