Titolo: Un buco nel cielo
Editore: Opposto edizioni
Genere: racconti
Numero di pagine: 123
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo: 12 Euro
Quattro racconti ambientati in una data molto importante: 21 dicembre 2012, la presunta fine del mondo.
Si comincia con un extra-terrestre che tenta disperatamente di dare un messaggio “telefonico” al mondo, per muoversi e mettersi in salvo da qualcosa di catastrofico e “caldo”. Poi c’è il racconto che dà il titolo al libro, in cui due persone “normalissime”, Leonora e Aureliano, si accorgono che il cielo ha uno squarcio nero molto sospetto e potenzialmente pericoloso. La cosa più inquietante però è il fatto che a nessuno sembra importare nulla di quello che sta per accadere e piangere sembra essere rimasta l’unica cosa da fare. “Piangendo torniamo bambini. È la presa di coscienza momentanea della nostra condizione di cercatori di sicurezza senza fortuna. Non si smette mai, in fondo, di avere bisogno di essere figli” (pag. 32). Si passa poi ad un paradossale piano diabolico per “andare a stare meglio” da una situazione di malessere cronico, programmato talmente bene, che l’effetto finale lascia quasi un forte amaro in bocca. Infine un gruppo di amici decide di vivere l’ultimo giorno prima della grande fine, come qualcosa di veramente straordinario e sbalorditivo, da lasciare il segno. Ma se tutto è destinato a finire, chi mai potrà ricordare ciò che hanno progettato? E ancora, alla fine di qualcosa c’è sempre e per forza un nuovo inizio? E se il nuovo inizio fosse peggiore dell’attesa della fine?
Roberto Albini con questi quattro racconti apparentemente “fantascientifici” mostra come la società odierna abbia imparato a convivere con il “dolore” anziché combatterlo. Siamo talmente abituati ad avere a che fare con un malessere generalizzato di base, che neanche uno squarcio nel cielo e la fine del mondo riescono a smuoverci e farci reagire. “Perché lavorare, ci dicono, è la prima cosa nella vita, stabilendo in tal modo che vivere sia la seconda” (pag. 26).
I racconti parlano di fenomeni lontani dalla nostra realtà quotidiana, come il mare che si prosciuga completamente o cumuli di macchine e macerie senza vita in giro per le strade. Il risultato dunque è una lettura non sempre scorrevole e di facile comprensione, proprio perché volutamente si vuole dare una “scossa” al lettore, che si ritrova disorientato e confuso, con il risulto finale di prendere coscienza di quello che sta vivendo.