Autore: Andrea Canobbio
Titolo: Tre anni luce
Editore: Feltrinelli
Genere: Romanzo (letteratura italiana)
Numero di pagine: 347
Anno di pubblicazione: 2013
Costo: 18.00 euro
Tre solitudini, tre individui, tre monadi e una marea di incertezze. L’autore ci racconta la storia di Cecilia: una madre, un medico, un divorzio. Una voce accompagna il lettore all’interno del romanzo senza mai svelare il reale punto di vista.
Fin dal primo capitolo è possibile conoscere il più grande amore e la più grande angoscia di Cecilia: Mattia, il figlio minore di otto anni, un piccolo esserino che rifiuta di nutrirsi.
È proprio questo individuo ad essere veicolo per la conoscenza tra Cecilia e Claudio Viberti, un altro medico, caratterizzato da insicurezze e inettitudini, persino a partire dal suo nome: “Si chiamava Claudio Viberti, ma tutti in ospedale lo chiamavano Viberti, e anche lui si era abituato con gli anni a pensare a se stesso con quel nome, come se fosse il suo nome di battesimo” (pag. 33)
Questi individui hanno molti punti in comune come la professione, la delusione provocata da due divorzi, tante tristezze da curare e ferite da disinfettare. Cecilia sente la grande responsabilità per la famiglia e Viberti soffre per la malattia della madre, tuttavia il loro avvicinamento sarà complicato e tormentato. A stravolgere l’apatia e la quotidianità dei personaggi penserà l’uragano Silvia, sorella di Cecilia, spumeggiante giovane donna che “lavora nei libri” (pag.295).
La storia di questi tre personaggi si intreccerà nel corso di tutto il romanzo, ma ad emergere non saranno le loro vicissitudini e il risultato delle loro azioni, bensì l’aiuto reciproco contro quella solitudine che creava lo stallo iniziale. Nessun attento lettore potrà ignorare i colti riferimenti letterari fatti dall’autore, tuttavia mai in modo esplicito. C’è qualcosa di religioso e dantesco nel continuo riferimento al numero tre. C’è il topos letterario dell’incontro con gli antenati, dei nostoi, e del fare i conti con il proprio passato. Emerge la difficoltà dei rapporti umani, la complessità della vita moderna, l’incertezza degli adulti.
Ma dopo mille vicissitudini ciò che scaturisce è che queste difficoltà “sono solo l’inizio, ha detto Silvia, sono appena all’inizio” (pag.347).
Il messaggio finale è di speranza, di ottimismo perché sebbene i rapporti umani non risolvano i problemi, ma anzi spesso ne creino di ancora più grandi, forse è proprio il lasciarsi andare alle incoerenze umane che rendono questa vita entusiasmante e imprevedibile.