Sull’alto spartiacque – Margherita Guidacci

Titolo: Sull'alto spartiacque
Data di pubbl.: 2024
Traduttore: a cura di Giuseppe Marrani e Benedetta Aldinucci
Pagine: 191
Prezzo: € 15,00

Margherita Guidacci (1921 -1992) è una delle voci più belle della poesia italiana del Novecento. Poetessa davvero raffinata con una grande propensione all’ascolto, traduttrice eccezionale non ha mai avuto il rilievo che meritava.

La Guidacci era fuori da ogni schema, non amava essere etichettata e la sua poesia è ancora oggi una cosa vera mai incline a nessun compromesso se non essere attenta a un dialogo proficuo con i lettori.

Margherita Guidacci visse e scrisse obbedendo solo alle ragioni della sua vocazione. «Non ho scelto di essere poeta, lo sono stata perché tale è la mia natura».

Giovanni Fozzer scrive che per lei la poesia non è un atto di volontà, ma di vita e come la vita contiene in sé motivazioni e gioia sufficienti.

Margherita Guidacci non cercò mai il successo. Scelse di vivere appartata nella sua Firenze.

Non partecipò mai alla vita culturale del proprio tempo. Non aderì a nessuna scuola e prese le distanze dall’ermetismo, credendo in una poesia dirompente e deflagrante di significati piuttosto che in una collezione di suoni.

Una donna libera da condizionamenti e una grande poetessa onesta. Furono queste le cause principali del suo isolamento.

Noi siamo convinti che la sua voce limpida avrebbe meritato una più ampia fortuna critica.

Interno Poesia nella collana Interno Novecento pubblica un volume antologico dedicato all’opera poetica di Margherita Guidacci. Finalmente, dopo lunghi anni di oblio e silenzio, viene resa giustizia editoriale alla sua voce.

Sull’alto spartiacque (curato da Giuseppe Marrani e Benedetta Aldinucci) è un volume che coglie il senso profondo della poesia di Margerita Guidacci.

I curatori stessi nella esaustiva introduzione scrivono che non si tratta di una collezione dei testi più noti o dei più menzionati dell’autrice, ma di un percorso che comprende tutte le raccolte poetiche pubblicate in vita dalla Guidacci e che mira a illuminare le fasi salienti e in prospettiva più significative di una poesia che non va rivalutata, ma semmai è da comprendere più a fondo anche nel suo progressivo farsi.

Un ottimo lavoro impreziosito dalla presenza di alcuni testi inediti che contribuiscono a evidenziare il rapporto vivo e problematico della poetessa con la parola.

La sua naturalezza è oggi ancora un esempio da seguire in un panorama asfittico dove l’ego dei poeti si esalta in discussioni sterili di poetica.

Margherita Guidacci, invitata a Bari il 1 marzo 1987 al Convegno Nazionale sulla poesia femminile, in un intervento articolato così parlo della poesia: «La poesia è qualcosa di organico, di vivo, qualcosa che ha un seme da cui spuntano delle radici, uno stelo, un fusto, delle foglie, un fiore, un frutto. Proprio l’immagine dell’albero è per me quella che meglio rende l’idea di cos’è un poeta, o un artista in generale».

Margherita era antiaccademica e ci teneva a precisare che le disquisizioni dotte di poetica a cui erano abituati i poeti del suo tempo la annoiavano, non sopportava manifesti poetici e ideologici. Per lei semplicemente il poeta è come un albero, affonda le radici nella terra e attendere che la parola germogli e diventi seme.

La sua poetica oscilla fa una poesia orale e una poesia monodica, ma al centro della sua riflessioni ci sono sempre le ragioni autentiche dell’umano in cui la dannazione, l’angoscia, la salvezza erano voci necessarie sulle quali avvertì l’urgenza di soffermarsi.

Nella sua poesia si trovano le luci e le ombre di una coscienza sensibile e attenta alle lacerazioni dell’esistente e la storia di un anima sule tracce di una speranza nella sua difficile rincora verso la salvezza.

Margherita Guidacci aveva una religiosità tormentata. Le letture giovanili della Sacre Scritture influenzarono, e non poco, la sua poesia.

In una poesia di Un cammino incerto scrive: «Le mie mani non sono ancora vuote / ch’io possa alzarle in Te. Io che fallì nella stretta fallisco /ora nella rinunzia».

La voce di Margherita Guidacci è drammatica e tenera allo stesso tempo. La sua poesia esprime sempre un’etica religiosa (anche se molto tormentata) e civile.

Fuori dall’ortodossia, la poesia della Guidacci è uno dei rari esempi novecenteschi di autentica e incondizionata libertà della parola.

«La poesia della Guidacci – scrive Pasquale Di Palmo – è improntata a una concezione etica e religiosa della parola, con costanti riferimenti alle scritture sacre e al lavoro di anglista che le farà prediligere autori quali Emily Dickinson, Christopher Smart, Elizabeth Bishop, John Donne e T.S. Eliot. Nonostante fosse stata allieva di Giuseppe De Robertis e si fosse formata nella Firenze degli anni ’30-‘40, dominata dalla temperie ermetica, la Guidacci optò per una pronuncia diretta, immediata, senza orpelli, come traspare da questo passaggio tratto dai “Consigli a un giovane poeta”: “Mio Dio salvami dalla parola condotta in parata come un vitello / nel giorno di fiere”.
Questo andare controcorrente ha penalizzato una poetessa che, negli esiti più felici, come nel già ricordato Neurosuite, ispirato a un’esperienza di internamento in un ospedale psichiatrico, o nella toccante sezione “Un addio” de L’altare di Isenheim, può ritagliarsi un posto di rilievo nella poesia italiana novecentesca. In considerazione della sua capacità di filtrare tali esperienze traumatiche attraverso uno stile che sottenda sempre la comunicatività, il dettato dell’autrice fiorentina e andato sempre più affinandosi, arrivando fino al recupero di un certo classicismo mai fine a sé stesso, come traspare dalle composizioni ispirate al mondo mitologico de Il buio e lo splendore. Non ultima bisognerà ricordare la componente religiosa di Morte del ricco (1954) e Giorno dei Santi (1957)».

Era necessario tornare alla poesia della Guidacci per comprenderla più a fondo. Sull’alto spartiacque è un libro che contribuisce alla sua profonda conoscenza e la riporta in mezzo a noi, permettendoci di rileggerla e Per molti sarà una vera e autentica scoperta. Mancava da toppo tempo un’attenzione specifica nei confronti del suo discorso poetico articolato e profondo, sempre lontano dai proclami e dalle facili certezze consolatorie.

Margherita Guidacci, ingiustamente dimenticata, aveva capito che la poesia non deve mai smarrire le sue profonde radici di umanità e deve sempre essere legata alla vita. 

La poesia che ci piace è un albero e il poeta deve essere coraggioso e stare dalla parte di chi è consapevole che è: «Meglio scrivere un libro importante nel deserto / che diventare celebre per equivoco».

Ti potrebbero interessare...

Login

Lost your password?

Per continuare a navigare su questo sito, accetta l'informativa sui cookies maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi