Storia di Roque Rey – Ricardo Romero

Titolo: Storia di Roque Rey
Autore: Romero Ricardo
Data di pubbl.: 2017
Casa Editrice: Fazi
Genere: Romanzo
Traduttore: Vittoria Martinetto
Pagine: 526
Prezzo: 18,50 €

Per leggere questo romanzo, bisogna indossare scarpe molto comode. I chilometri percorsi da Roque Rey, infatti, sono innumerevoli come le strade dell’Argentina. Si parte dal funerale dell’amato zio Pedro e dalla richiesta della zia Elsa di collaudare le scarpe nuove destinate all’eterno riposo del defunto. Roque non è che un ragazzino, ma un impulso lo spinge ad abbandonare la casa della sua infanzia e a partire per una peregrinazione che dura una vita. L’unica abilità del fuggitivo che gli consente di sopravvivere, peraltro acquisita e non innata, è il ballo. Un’orchestra itinerante sembra l’ambiente ideale per riunire la musica e il viaggio, eppure da qualche profondità dell’animo riemerge ancora in Roque l’antico vizio di abbandonare tutto per un salto nel buio. Comincia l’età adulta nei vasti e inafferrabili spazi di Buenos Aires, in una perlustrazione geografica che si dipana tra le vie meno battute, tenendosi sempre più distante dal centro. Per la prima volta Roque sperimenta qualcosa di simile a una famiglia, ma l’equilibrio di un legame stabile decisamente non gli si addice. E come convivere con un uomo che non può fare a meno di indossare scarpe altrui, provenienti dall’obitorio, e di andare là dove le suole lo portano?
Non diremo altro sull’intreccio, che non affronta esplicitamente le travagliate vicende politiche argentine, ma è inevitabile pensare all’ombra lunga della Storia che si apposta in silenzio dietro ogni angolo. Roque non sta mai fermo e in fondo fa di tutto per rimandare i conti con la propria identità fino alla fine. Non balla in reale sintonia con la donna che gli è di fronte, ma in una profondissima e ispirata solitudine, la stessa che lo spinge a camminare senza meta dovunque si trovi.

«Come unica prova di quell’esistenza di sonnambulo, c’erano le instancabili scarpe dello zio Pedro. Essere Roque Rey era calzare quell’inquietudine. Era scoprire che, sebbene lui fosse un altro uomo, l’inquietudine era la stessa.»

Tra i personaggi che ruotano intorno al protagonista, attratti o respinti da lui, incontriamo fulminanti storie di vite alla deriva, come il tormentato padre Umberto, e squarci di autentica e dolorosa poesia. Non serve interrogarsi sugli eventi più o meno verosimili che accadono. Quello che conta è il moto perpetuo, l’eterna ricerca intorno alla quale tutti si affannano, un senso di mancanza che a tratti si fa talmente ingombrante da sconvolgere chi lo prova. Ricardo Romero, alla seconda opera tradotta in italiano dopo La sindrome di Rasputin (Sellerio, 2011), ha trovato il passo del grande romanziere e un ritmo lento ma scandito con precisione millimetrica. Un libro a sua volta sfuggente, inafferrabile come uno stato d’animo, ma terribilmente sincero.

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Damiano Latella, classe 1985, piemontese, ama la Francia, la Spagna e gli accenti messi al posto giusto. Pur non traducendo, si tiene in allenamento collaborando con la rivista «tradurre». Non capisce chi si lamenta della mancanza di buoni libri.

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