
Autore: Righetto Matteo
Genere: Noir
Pagine: 133
Prezzo: 10.00 €
Savana Padana è un romanzo breve, da leggere tutto d’un fiato, senza pause. Ma a buon diritto può essere definito romanzo e non racconto: in uno spazio limitato, 132 pagine, ha la forza di costruire una realtà nella sua interezza, con tratti decisi ed essenziali.
Matteo Righetto, che esordisce con questo noir fulminante, ci conduce in una desolante pianura Padana, a bordo di un camion di gelati sgangherato. Con noi, su una strada sterrata che attraversa i campi nei pressi di Padova, due energumeni dall’aria decisamente nervosa e il cadavere di un uomo. Siamo quasi alla fine della storia, ma non abbiamo nessun elemento per capire chi siano i due uomini e soprattutto di chi sia il corpo esanime depositato nel vano frigo. Così l’autore ci invoglia alla lettura e subito ci fa fare un salto all’indietro, là dove è iniziata questa vicenda così fosca: San Vito, un paesino anonimo della campagna veneta. Una sola strada, due bar, la difficile convivenza fra cinesi, zingari e i tosi locali. Apparentemente la vita sembra svolgersi sempre uguale, senza grandi avvenimenti, tra partite a carte, birre ghiacciate e bestemmie gratuite. Unico elemento che ci mette in allarme: una innaturale calura che non fa respirare, che pesa sulle teste già calde dei delinquenti e sembra paralizzare le buone intenzioni.
“«È più di un mese che non piove», disse lei. «L’inferno si è trasferito in pianura padana.»” (p. 70)
Con una catena di eventi diabolicamente intrecciati che coinvolgono le tre bande criminali di San Vito (cinese, zingara e italiana) e che culminano paradossalmente nel giorno di Sant’Antonio, si scivola inesorabilmente verso l’irreparabile: l’omicidio e la resa dei conti.
«Ze massa caldo. Colcossa me dize che stanote vien zo l’inferno!» (p. 107)
Il temporale, violentissimo, arriva, si scatena e se ne va. La calura lascia il posto ad un’aria fresca e frizzante e il sole, sorto finalmente dopo una lunga e terribile notte, illumina senza pietà ciò che è stato: una mattanza.
Con una sapienza narrativa non comune e un ritmo serratissimo, Matteo Righetto non ci racconta una storia, ce la fa vedere. Una vicenda violenta che provoca orrore e disgusto ma orchestrata con aria sempre ironica e divertita, anche quando la crudezza descrittiva rischia di sfiorare lo splatter. In questo asprissimo scontro tra bande, sanguinoso quanto inutile, avvertiamo una nota amara di disillusione per questa Italia meschina, fatta di false devozioni e di bestemmie, di piccole mafie e grandi orrori. Non possiamo non unirci dunque all’unica voce pulita del romanzo, quella dello scemo del paese, Nane, che, con l’afa o col freddo, sotto il temporale o col sole, non fa che ripetere: «Ah, povera Italia. Ormai ze ‘ndà tuto ramengo!»