Salone del Libro – I dialoghi de l’Espresso e le proposte per una nuova Italia

I dialoghi de l’Espresso, ciclo di incontri con grandi personaggi della cultura e dell’informazione, hanno viaggiato per tutta l’Italia e oggi sono giunti al Salone Internazionale del Libro di Torino. Un incontro affollatissimo che si è svolto presso l’Auditorium con quattro grandi nomi: Eugenio Scalfari, Roberto Saviano, Bill Emmott e Umberto Eco. Hanno moderato il giornalista Lirio Abbate e Bruno Manfellotto, direttore de l’Espresso.

Dei temi di attualità discussi principalmente nelle università italiane, gli ospiti hanno fatto un sunto che cerca di restituire un’immagine quanto più possibile veritiera dell’Italia, “un po’ di Paese reale”, secondo un’espressione in voga negli ultimi tempi. Una sintesi aperta da un appassionato discorso di Eugenio Scalfari: «Noi non siamo esenti da nulla, perché questa classe dirigente l’abbiamo votata. Qualcuno racconta ancora la favola dell’asino che non vola per colpa dei comunisti, ma questa è furbizia, non intelligenza. Gli italiani sono un popolo di furbi. Quando diciamo che la classe dirigente fa schifo dobbiamo aggiungere ‘e anche noi’». Il fondatore di Repubblica cita a più riprese il leader storico del Pci, Enrico Berlinguer, come fosse un modello di coerenza e onestà: «Anche Berlinguer, a un certo punto, aprì a un Governo con la Dc, perché in quel momento era necessario» ha detto, con una citazione che fa chiaramente pensare all’attuale situazione di governo.

Ma parlando di furbizie e mentalità, la parola è passata a Roberto Saviano, che ha fatto subito un parallelo tra alcune consuetudini comportamentali e il concetto di Stato. «Non ho mai descritto le mafie come antistato, perché si sentono parte di esso. Il loro concetto primo  è forzare le regole, perché solo così si può fare impresa, un modo di fare che pian piano sta assumendo anche il capitalismo». Ma il giornalista avverte anche sull’apparenza delle cose, quando vediamo un mafioso o un politico in carcere si tratta solo di una fase che ne dimostra la potenza: «Sanno che così facendo non rischieranno di perdere la propria comunità. Il silenzio di alcuni grandi capi, nonostante il regime di carcere duro, serve a garantire gli affari ai loro famigliari. Ragionano per ere». Citando Paolo Borsellino, Saviano insiste sul fatto che di questi temi è necessario parlare sempre più, individuando nel web una risorsa importante per la diffusione di notizie e inchieste.

«Capisco bene l’italiano ma non capisco bene l’Italia» ha esordito l’economista Bill Emmott, che ha poi espresso un forte endorsement al Movimento 5 Stelle, giudicato come l’unica forza politica positiva, con qualche riserva, però, sulla figura di Beppe Grillo. «Durante il tour di Girlfriend in a Coma (film da lui scritto, diretto da Annalisa Piras, al centro di diverse polemiche per il blocco dell’anteprima al MAXXI per volere del direttore Giovanna Melandri, ndr) abbiamo osservato l’Italia da vicino. Nelle università abbiamo trovato tanta speranza e un grandissimo senso di responsabilità. Cari ragazzi, personalmente potreste anche decidere di andare all’estero, ma solo se sarete uniti riuscirete a dare vita al cambiamento». Un monito e un’esortazione insieme, con un accenno di positività, frutto degli incontri avuti in tutto il Paese.

Forse è proprio da lì che si può ripartire, con speranza e unità, per cambiare le cose. Ma è la cultura il cardine della crescita, lo afferma, con una bella stoccata, Umberto Eco: «Tremonti ha detto che con la cultura non si mangia, ma ci sono paesi come gli Usa che fondano la propria esportazione su quello, forse Tremonti è intelligente, ma non è furbo. Abbiamo un patrimonio, da questo punto di vista, ma è come se avessimo il metano senza Enrico Mattei». Ci sono però dei ragionamenti da fare sulla preparazione di questo metano: «Il triennio universitario, spesso accusato di formare studenti impreparati, è invece una cosa giustissima. Il problema è che ci arrivano studenti analfabeti, la questione da risolvere è nella scuola media superiore. Dobbiamo rifarla dalle fondamenta e, oltre a vendere bene il nostro metano culturale, dare qualche colpo di pollice al triennio e investire sui campus universitari, che sono il vero valore aggiunto dell’istruzione accademica». Tante idee, tanti buoni propositi, questa prima sintesi dei dialoghi fa sicuramente ben sperare. Ci sarà qualcuno in grado di recepirne almeno un paio?

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