Vittorino Andreoli, psichiatra, ex direttore del dipartimento di Psichiatria di Verona e membro della New York Academy of Siences, ha presentato, presso il Salone del libro di Torino, il suo ultimo libro: educazione (im)possibile, affrontando la spinosa questione dell’educazione e cercando di suggerire una via possibile.
Il titolo del libro, alquanto insolito, dà già una risposta al problema: si cerca di rendere possibile qualcosa di apparentemente impossibile. La sala è gremita di genitori, forse in cerca di una risposta a questa domanda che li attanaglia da anni, ma una vera risposta non c’è, anzi, “spesso c’è un rimbalzo delle colpe -spiega l’autore- attribuite talvolta alla scuola, altre alle famiglie, ma questo fenomeno non aiuta nell’educazione dei più giovani, non si può parlare di educazione definendo l’agenzia responsabile.” Tuttavia, in modo coinvolgente e ironico, lo psichiatra tenta comunque di dare una risposta partendo dalla riflessione su che cosa voglia dire oggi educare.
L’autore evidenzia che gli adolescenti di oggi sono totalmente diversi da quelli di alcune generazioni precedenti: sono intelligenti perché spesso, e si pensi all’ambito informatico, hanno capacità che i padri non hanno, sono capacissimi di guardare al loro ego, ma sono incapaci di avere relazioni con gli altri.
L’autore cerca di dare alcuni suggerimenti ai presenti in sala per riuscire in questa missione impossibile. Primo: occorre partire dalle necessità di questi giovani e far capire loro la differenza tra i sentimenti e le emozioni, infatti, mentre le emozioni sono una risposta ad uno stimolo, nei sentimenti c’è una relazione continua e saper vivere significa saper gestire i sentimenti.
Secondo: il luogo dove i ragazzi passano gran parte del tempo, la scuola, non potrà essere un ambiente dove si lavora sull’individuo, ma sul gruppo, in cui ognuno dovrà dare il massimo e che dovrà essere in armonia come un quartetto d’archi. La scuola dell’obbligo, svolge un ruolo fondamentale nell’educazione e deve trasformarsi in una scuola di vita insieme e non di giudizio individuale, la valutazione sarà meglio darla sul gruppo. Il terzo elemento importante sarà l’educazione alla sconfitta –prosegue Andreoli- è importante, poichè anche gli studenti migliori saranno a rischio depressione per il terrore di perdere. Altro punto chiave, il quarto, sarà educare i ragazzi alla fragilità, intesa come un bisogno di un altro, anch’egli fragile a sua volta, che insieme si daranno la forza.
Qui tutto sarà legato ai sentimenti e come non si può considerare debole, seppur fragile, un meraviglioso vaso di vetro di Murano, così i ragazzi dovranno imparare a costruire storie, legami, tenendo a mente la celebre frase di Ungaretti in Pietà: “Uomo: attaccato nel vuoto al suo filo di ragno”.