Durante il Salone Internazionale del Libro di Torino abbiamo incontrato Robert Harris, scrittore e giornalista televisivo inglese, che si trovava al Lingotto per presentare il suo ultimo romanzo, “L’ufficiale e la spia”, edito da Mondadori, il racconto dell’intricato affare Dreyfus. Robert Harris, già famoso per alcuni romanzi storici come la trilogia su Cicerone, “Pompei” e molti altri, torna quindi ad occuparsi di un noto caso storico. Gli abbiamo chiesto qualcosa di più sul suo nuovo libro.
Cos’ha significato per lei vincere il National Book Award come miglior libro dell’anno?
E’ stato molto bello e lusinghiero per me essere premiato dai lettori e venditori come autore del miglior libro dell’anno. Fa sempre molto piacere ricevere simili riconoscimenti.
Come mai ha deciso di dedicarsi al caso Dreyfus?
In un certo senso io sono sempre stato uno scrittore “politico” e quando ho iniziato a interessarmi a questa vicenda ho capito che più leggevo più sentivo il bisogno di mettere chiarezza in questo caso molto complicato e ricco di dettagli a cui qualcuno doveva, in qualche modo, rendere giustizia. Così ho deciso di occuparmene e ho trascorso almeno un anno e mezzo facendo ricerche e mi sono accorto che c’erano molti particolari di cui la maggior parte delle persone non era a conoscenza e che potevano adattarsi bene ad un romanzo.
Qual è stata la parte più complicata nel ricostruire questa vicenda?
Credo che una delle parti più complicate sia stata durante le ricerche che ho fatto, perché ho dovuto leggere molti autori tra cui Proust, Zola, ma anche molti libri storici legati a quel periodo, numerosi articoli di giornale e le trascrizioni del processo. Mi sono dovuto immedesimare nella Francia di quel periodo, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e credo che sia stata questa la parte più dura, anche se è stato molto piacevole, perché mi sentivo molto nervoso al pensiero di affrontare un argomento così tecnico. Una volta aver deciso come impostare il mio romanzo, comunque, è stato tutto molto più semplice.
Si aspettava un successo così grande quando ha iniziato a scrivere il suo primo libro?
Assolutamente no! Non potevo chiedere di meglio quando ho scritto il mio primo romanzo, allora volevo solo provare a scrivere, perché ho sempre amato raccontare delle storie. Per fortuna ho trovato un editore che era interessato alle mie storie; ci sono stati dei momenti in cui pensavo che non ce l’avrei fatta, che sarebbe rimasta una sorta di fantasia mia, ma fortunatamente ha funzionato.
Vuole lasciare un messaggio a tutti gli Amanti dei Libri?
C’è una cosa che voglio dire a tutti i lettori: grazie! C’è una cosa che ho imparato durante la mia carriera ed è che scrivere romanzi è un’attività di collaborazione tra lo scrittore e i suoi lettori. Io scrivo qualcosa sulla pagina, ma è il lettore, attraverso la sua immaginazione, a ricostruire i personaggi, gli ambienti e le sensazioni e credo sia questo lavoro che rende la lettura un’esperienza più intensa rispetto al guardare un film o un programma televisivo, perché è qualcosa che arriva direttamente da te. Per questo voglio ringraziare tutti gli amanti dei libri e della lettura in generale per aver accettato di incontrarmi tra le pagine dei miei libri.