A tu per tu con… Francesco Balletta

Abbiamo incontrato Francesco Balletta, professore, sceneggiatore e scrittore che al Salone del Libro di Torino 2014 ha presentato il suo primo romanzo “Morto a 3/4”.

Come nasce un romanziere ed un romanzo dopo un’esperienza di molti anni nel mondo della sceneggiatura?

Ho da sempre avuto un amore innato per la scrittura, anche se la sceneggiatura è diventata il mio mestiere. Ho dunque provato a mettere nero su bianco un giallo, quello che di solito propongo nei miei scritti per scenografia, da La Squadra, a RIS, fino a Don Matteo. L’idea è venuta fuori da una serie di modi di dire, vivere con un piede nella fossa o essere piu di qua che di là. Mi sono inventato quindi la storia di un Maresciallo che rimane strozzato da un ossicino di pollo che gli va di traverso e rimane bloccato in un limbo tra i vivi ed i morti.

Si è ispirato ad un autore in particolare?

Assolutamente no. Ho voluto proprio essere libero di esprimermi in completa libertà, anche perché ritengo difficile rifarsi ad un autore rimanendo sé stessi. L’unica linea guida era non avere uno schema standard di genere giallo, ma dare un tono diverso con spunti unici: per esempio l’ispettore che interroga il morto e dunque può facilmente chiudere il caso, ma il morto, dato che è morto, mente spudoratamente (idea del morto bugiardo).

Dato che la sceneggiatura prevede dei forti vincoli legati ai tempi della televisione, ai ritmi, alle pubblicità, si è imposto un limite di pagine o di spazio?

Scrivere è stato come liberarsi da catene dello spazio e del tempo. Ho voluto davvero sentirmi libero di esprimermi senza vincoli alcuni, prendendomi sei mesi di pausa dal lavoro e con un numero di pagine non programmato.

La sceneggiatura prevede più puntate. Ha pensato ad un sequel?

Molti me lo hanno chiesto e ho sempre risposto: “Perché no?”. Vedremo come andrà questo romanzo e poi deciderò.  La sceneggiatura ha un modo di espressione più agile e morbido, rispetto alla scrittura, quindi anche uno sforzo diverso.

Con questa intervista può dare un messaggio ai lettori. Cosa vuole dire loro?

Semplicemente che il libro non ha un intento morale ma quello che lascia è il messaggio: NON È MAI TROPPO TARDI PER PROVARCI

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