Rcs ha lanciato un progetto davvero interessante di Co-Publishing: YOUCRIME. Abbiamo intervistato Marcello Vena (@marcellovena), responsabile digital Rcs, che ci ha spiegato nel dettaglio di cosa si tratta.
Che cos’è il progetto YOUCRIME?
YOUCRIME e’ il primo esperimento al mondo di Co-Publishing, nella forma di un contest o Talent show per aspiranti giallisti. Abbiamo selezionato e invitato 12 autori non conosciuti dal grande pubblico a scrivere un racconto noir inedito e a sfidarsi sul piano delle proprie capacità narrative, di autopromozione e influenza si social media. Ai lettori è affidato il ruolo di arbitro della sfida. I testi dei 12 autori sono stati suddivisi in gruppi da 3 e pubblicati in 4 ebook insieme al racconto inedito di una della quattro firme del giallo italiano, che abbiamo coinvolto in YOUCRIME: Sandrone Dazieri, Enrico Pandiani, Simone Sarasso e Paolo Roversi.
Ovviamente partecipano al contest solo i racconti dei 12 autori emergenti. Essi competono online su due dimensioni: il numero di copie ebook vendute in tutti gli store online e il numero di like sui social media del proprio profilo pubblicato su Corriere.it, che è il media partner del contest.(www.corriere.it/youcrime) Il premio per il vincitore è la pubblicazione nel 2014, di un romanzo con Rizzoli First, il marchio editoriale digital first di Rizzoli. Il vincitore di YOUCRIME è Gabriele Santoni che si è classificato al primo posto su entrambe le dimensioni di competizione: copie vendute e numero di like sui social. I risultati sono eccellenti. Su Kindle ancora a domenica 27 ottobre, a quasi un mese della fine del contest, tutti e quattro gli ebook erano nella top 100 tra i gialli e thriller: con Karima addirittura al quinto posto assoluto e Sorridi, bellezza! al tredicesimo. Se consideriamo solo i gialli e thriller di matrice italiana (e non quelli stranieri) Karima era terzo assoluto su Kindle.
Cosa intendiamo esattamente per Co-Publishing?
Per Co-Publishing intendiamo un nuovo paradigma editoriale, una terza via rispetto all’editoria tradizionale e al self-publishing. Un terza via che non si pone l’obiettivo di rimpiazzare le altre due, ma di offrire una terza alternativa agli autori e una maggior garanzia di qualità per il lettore rispetto alle incognite degli libri fai-da-te. Come si origina il Co-Publishing? Mettendo insieme alcune caratteristiche dell’editoria professionale e del self-publishing. Come nell’editoria professionale, l’editore investe nella qualità delle pubblicazioni: dalla selezione e cura dei contenuti, realizzazione del prodotto finale, fino alla distribuzione digitale e comunicazione.Come nel self-publishing, gli autori sono responsabili a tempo pieno delle attività di promozione e vendita del proprio libro, beneficiando ovviamente di un trampolino di lancio, come ad esempio YOUCRIME, promosso dall’editore. Rizzoli Lab è il marchio editoriale che abbiamo creato appositamente per le iniziative di Co-Publishing, delle quali YOUCRIME è la prima. Per chi ne vuole sapere di più o averne una memoria digitale, abbiamo appena pubblicato l’ebook celebrativo The Best of YOUCRIME 2013. Esso racconta nel dettaglio tutta l’iniziativa, presenta gli autori, approfondisce le attività e presenta i risultati finali del contest. L’ebook è disponibile gratuitamente su tutti i principali store online. Qui il link a LibreriaRizzoli.it.
In un momento in cui gli autori si autopubblicano, c’è ancora bisogno dell’editore?
Assolutamente no, non c’è affatto – e non ce ne è mai stato – bisogno degli editori per stampare libri (di carta o digitali poco importa) e poi consegnarli a qualche retailer online affinché si possano vendere se qualcuno li vuole. Questi sono servizi a basso valore aggiunto che si sono sempre comprati nel mercato dell’editoria a pagamento: il vanity press. Un business che vede gli autori come clienti finanziatori. Nel mercato anglosassone per evidenti ragioni di scala, si sono addirittura costituite delle grandi aziende che offrono servizi vanity press. Ma anche in Italia, il vanity press è sempre esistito. E tuttora esiste. Certo la rivoluzione digitale ora consente agli autori di evitare di pagare o comunque di ridurre i costi per questi servizi grazie alle piattaforme di self-publishing digitale. I servizi in questione si commoditizzeranno sempre più e l’industria del vanity press potrebbe presto trovarsi nelle condizione imperativa di dover trovare una via d’uscita pena la contrazione e/o l’estinzione. I tempi però non sono così immediati. Un limite del self-publishing attuale è che si rivolge principalmente ai lettori di ebook, una nicchia di mercato. La stragrande maggioranza dei libri venduti sono cartacei; una autopublicazione è certamente meglio di niente ma molto limitativa rispetto al grande pubblico potenziale. Infatti i lettori tradizionali vengono ignorati e non possono fruire di questi testi. E’ bene ricordare che nel 2012 a valore l’editoria digitale in Italia era poco più del 2%, ma anche negli Stati Uniti gli ebook complessivamente cubavano un volume d’affari ben lontano dal 50%. Ovviamente stiamo parlando delle medie di mercato, non delle performances di singoli generi o titoli. Comunque non c’è dubbio che il self-publishing costituisca una forma di Disruptive Innovation nei confronti dell’industria del vanity press. Con Disruptive Innovation ci riferiamo al senso autentico del termine coniato dal Prof. Clayton Christensen della business school di Harvard. I suoi due famosi manuali: The Innovator’s Dilemma e The Innovator’sSolution approfondiscono bene i concetti e le dinamiche di Disruptive Innovation.
La domanda da fare sarebbe pertanto: “in un momento in cui gli autori si autopubblicano, c’è bisogno del vanity press ovvero dell’editoria a pagamento? E se si per quanto tempo ancora?”. L’editoria di qualità proprio perché non basa il suo valore sui servizi di stampa e messa in commercio dei contenuti è toccata marginalmente dal fenomeno del self-publishing. Anzi probabilmente a volte se ne avvantaggia in quanto il self-publishing può costituire una nuova fonte di autori da lanciare, come si è visto in alcuni casi sia in USA ma anche in Italia. Di sicuro, in USA di grandi editori che abbiano riportato delle perdite economiche a causa del digitale finora non se ne sono visti. Semmai il self-publishing allarga il mercato, non lo restringe.
L’editore, il termine inglese di Publisher forse chiarisce meglio il senso, è colui che lavora alla pubblicazionedei libri nella sostanza e non solo in apparenza. La pubblicazione non si conclude con la stampa e messa in commercio. Non serve a molto mettere in vendita un libro che nessuno conosce e nessuno cerca. Un dato significativo, dal mondo dell’editoria musicale che è più ricca di dati di pubblico dominio rispetto a quella libraria, ci fa capire cosa vuol dire essere veramente pubblico. Su 8 milioni di canzoni digitali(incluse quelle del self-publishing) vendute in USA del 2011, il 32% ha venduto solo 1 copia (!) e il 94% ha venduto meno di 100 copie. Le migliori 102 canzoni (lo 0,00001% del numero complessivo di canzoni) hanno cubato 1/6 di tutte le copie vendute. (Fonte “Blockbusters: Hit Making, Risk-taking, and the big business of entertainment” di Anita Elberse, docentedella business school di Harvard, ottobre 2013). In effetti, si può parlare nei fatti di pubblicazione solo quando un libro arriva nelle mani, nelle menti e nei cuori dei lettori. E si perfeziona solo quando i lettori fanno proprio il libro, ne parlano con altre persone, e quando esso diventa parte del patrimonio culturale di comunità, nazioni o dell’intera umanità. Idealmente, nei casi migliori,trapassando le barriere temporali e arrivando alle generazioni future.
Le tecnologie low-cost di produzione e distribuzione di ebook, collettivamente chiamate self-publishing non hanno nulla a che vedere con tutto questo. In realtà, a ben pensarci, il termine self-publishing è forse un ossimoro. Non ci si mai pubblica da soli. Sono i lettori che scelgono i libri e li rendono davvero “pubblici” nello spazio e nel tempo. E l’editoria di qualità è da sempre il miglior partner per gli autori che desiderano essere adottati dai lettori. Le tecnologie cambiano. La Poiesis resta. L’editoria è sempre al servizio di quest’ultima, servendosi di tutte le tékhne disponibili ma senza identificarsi con nessuna.Cosi come l’uomo non è ciò di cui si nutre, l’editoria non è ciò di cui si serve. Questa è la sua forza. Il digitale è semplicemente l’ultimo affascinante ritrovato della tékhnedi cui l’editoria farà tesoro.