Ragazze di campagna – Edna O’Brien

Titolo: Ragazze di campagna
Autore: O'Brian Edna
Casa Editrice: Elliot edizioni
Genere: Romanzo
Traduttore: C. Cavallante
Pagine: 256
Prezzo: 17.50 €

 

Il primo romanzo di Edna O’Brien, scrittrice, drammaturga e poetessa irlandese classe 1930 fu pubblicato per la prima volta nel 1960 in Irlanda e suscitò da subito reazioni negative fino ad essere bruciato sui sagrati delle chiese e messo all’indice. Feltrinelli lo portò in Italia un anno dopo e anche nel nostro paese suscitò un certo scandalo. Era d’altra parte il periodo in cui canzoni come “Dio è morto” venivano proibite e versi memorabili dei cantautori trasformati in banali frasette per non urtare i benpensanti.

Leggere questo romanzo nel 2014 desta interesse, ma non certo scandalo, in quanto le scene “incriminate” fanno oggi sorridere e suscitano tenerezza: sono passati cinquant’anni e i costumi hanno subito una rivoluzione, anche in conseguenza delle lotte per l’emancipazione femminile, condotte tra le altre anche dalla stessa O’Brien.

Venendo alla storia, il pregio del romanzo, che è leggero e scorrevole, sta in una poetica del quotidiano, delle piccole cose che regalano stralci di colore, di emozione e di serenità nella triste situazione di un’Irlanda contadina grigia e povera.

Il sole non si era ancora levato e il prato era cosparso di margherite ancora addormentate.La rugiada era dappertutto. Una bruma ondeggiante e delicata sfiorava ogni cosa: l’erba sotto la mia finestra, la siepe tutt’intorno, il fil di ferro arrugginito lungo lo steccato e il grande prato giù in fondo; e le foglie e le piante sprofondavano in quella foschia, tanto che gli alberi parevano irreali, come fossero in un sogno. I nontiscordardimé, che erano spuntati lungo un lato della siepe, erano circondati da piccole aureole d’acqua che scintillavano come l’argento. Tutto era quieto, perfettamente immobile. Dalla montagna bluastra, in lontananza, si levava del fumo.La giornata sarebbe stata molto calda” (pag. 9).

Ecco il mondo della protagonista Caithleen, un’adolescente alter ego dell’autrice con cui condivide alcuni aspetti biografici. Vive in un’ umile casa ipotecata con Hickey il fattore, uomo semplice e protettivo nei suoi confronti. Il padre è sempre ubriaco e violento e la madre si trova in evidente difficoltà. La svolta nella sua vita avviene in seguito ad un incidente in barca in cui quest’ultima perde la vita. Nel suo dolore muto, e in gran parte inespresso, ha accanto la cara amica Baba e la sua famiglia. Baba ha un carattere deciso ma bisbetico, comportamenti meschini e si dimostra sempre pronta a farla sentire inferiore per le differenze culturali e sociali: lei infatti è figlia del veterinario Brennan e di Martha, donna bellissima che passa le serata nei night. I personaggi sono in genere uomini e donne malinconici, rabbiosi e soli, che nel corso del romanzo sveleranno con il proprio comportamento e le proprie azioni, una parte delle sofferenze più o meno segrete  di cui sono portatori.

Cat per l’appunto è innamorata di un uomo sposato, il signor Gentlemen (un nome non certo casuale) la cui presenza domina l’intera vicenda e con cui vive un rapporto fatto di attese e brevi momenti. Romanzo d’amore quindi, ma soprattutto di formazione e di un’amicizia che a tratti sembra un rapporto di sudditanza dell’una nei confronti dell’altra.

Cat e Baba scappano due volte: prima credono di avere un futuro studiando al convento di suore e dopo lo cercano fuggendo in città, dove sperano in un’ esistenza migliore, indipendente e libera. Al termine della lettura forti rimangono nel lettore le descrizioni e gli elementi semplici della società contadina, che assurgono a veri e propri oggetti magici. Uno di essi è il pollo, che ritorna ciclicamente in varie forme (uovo o gallina): all’inizio è una coscia stracotta mangiata di nascosto e alla fine  diventa sapore di ricordo.

“La gallina morta mi fece tornare in mente le cene della domenica, a casa mia. Hickey tirava il collo a una gallina, il sabato mattina, e la lasciava appesa fuori dalla porta di dietro” (pag.185).

Realistica e concreta anche la parte dedicata alla situazione del collegio, con un severità maligna delle suore che spinge alla ribellione e un ambiente cupo e triste. A mio parere la cifra delle sensazioni di questa lettura è ben racchiusa in una frase, che deriva proprio dal vissuto di Cat presso le suore: “La sporcizia può essere confortante e accogliente in un luogo sconosciuto” (pag. 100).

 

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Milanese di nascita, ha vissuto nel Varesotto per poi trasferirsi a Domodossola. Insegnante di lettura e scrittura non smette mai di studiare i classici, ma ama farsi sorprendere da libri e autori sempre nuovi.

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