Parlare da soli – Andrés Neuman

Autore:  Andrés Neuman
Titolo:  Parlare da soli
Casa Editrice: Ponte alle Grazie
Numero di pagine:  197
Anno di pubblicazione:  2013
Prezzo di copertina:  € 14,80

“Parlare da soli” è un romanzo potente, denso, ma non facile. Cosa significa affrontare la malattia e perdere l’idea di futuro? Cosa ci succede quando dobbiamo convivere con qualcuno che amiamo  ma che non riconosciamo più perché stravolto dalla sofferenza? Come possiamo tenere lontano il dolore da un figlio, da chi non ha colpa, ma solo straordinaria innocenza e voglia di vita?

Il tema di questo libro ci trafigge come una potente lancia, la storia dei protagonisti entra nella nostra storia senza chiedere il permesso. Tre esistenze: Mario, marito e padre, ed il suo male incurabile; Elena, nel suo ruolo di moglie, madre e donna; Lito, il figlio, con tutta la leggerezza dei suoi dieci anni. Tre voci i cui discorsi, soliloqui, compongono il romanzo alternandosi nei vari capitoli. Punti di vista di attori diversi nella stessa opera teatrale dove la malattia va in scena.

Tutto ha inizio con una partenza, un viaggio in camion. Lito sogna di fare da grande il camionista e Mario, prima di morire, ha deciso di fargli questo regalo. Soli, padre e figlio, a spasso per la Spagna. E’una grande prova di coraggio, la sfida con un corpo che soffre e perde ogni giorno le forze, ma anche il più bel testamento di un padre ad un figlio.

“Nel bar di quel porcile, so che tu e io abbiamo vissuto un momento memorabile, è stato quando, io stavo pagando, no? […] e mentre aspettavo il resto, mi sono messo a guardare gli uomini al bancone, alcuni erano giovanissimi, e tutt’a un tratto ho pensato che non ti avrei mai visto così, a quell’età, appoggiato ad un bancone, e allora mi è venuta, come dire, una specie di attacco di futuro, ho pensato: bene, se non posso aspettare, allora che sia adesso, e sono venuto da te per invitarti a bere qualcosa, ti giuro che ero pronto a lasciarti ordinare qualsiasi cosa, un whisky, una tequila, una vodka, qualsiasi cosa, e tu hai ordinato una Fanta, ed è stato meraviglioso, forse il viaggio lo avevamo fatto proprio per questo, no? Per farci una Fanta in un motel di puttane, e allora tutto è valso la pena”. (pag.116)

Ne è valsa la pena perché Lito pensa esattamente la stessa cosa “Bere qualcosa! Io e papà! In un bar! Di notte! Non ci posso credere. Mitico!” Perfetta corrispondenza di pensieri di padre e figlio.

Anche Elena, sola a casa, in trepidante attesa di moglie e madre, affronta la sua prova di coraggio. Il suo è il più potente monologo del romanzo dove si aggrovigliano pensieri di vita, morte, senso di colpa, dolore, abnegazione. Elena vive attraverso i  suoi amati libri e li interroga alla ricerca di risposte sulla sofferenza, l’agonia, la malattia. Elena vive anche attraverso il sesso. Suo marito sta per morire e il suo corpo consumato le ispira ripugnanza. In maniera del tutto inaspettata, scopre in un tradimento una sessualità trasgressiva, grottesca, quasi umiliante, mai provata con Mario. E’ quanto di più vicino alla vita possa provare in questo momento.

La voce di Mario nel romanzo è dolorosa, straniante, non lascia speranza al lettore. Solo la dolcezza della figura di  Lito la stempera. Lito non sa, ma intuisce con la sua curiosità di bimbo. Gli hanno detto che papà se ne è andato in un incidente, così, all’improvviso, ma come è possibile che il  camion sia intatto?. Rimaniamo impietositi di fronte a questo bambino che chiede alla mamma di andare al parco a giocare, ma resta come incollato sulla sedia della cucina.

Punto forte del romanzo è la straordinaria scrittura dell’autore che con grande maestria, passando dalla paratassi estrema all’ipotassi, usa uno stile diverso e adatto ad ogni voce parlante. E così i personaggi parlano da soli ed insieme parlano a tutti, di tutti.

E’ il caso di dire, Andres Neuman, talentuoso scrittore capace di aggiudicarsi con il suo “Il viaggiatore del secolo” sia il prestigioso Premio della Critica, sia l’ Alfaguara de Novela, è tornato.

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