Oltre la penna, dietro la penna, sotto la penna… c’è il cuore, ho pensato. Già. Ma escludendo il commercio emotivo generato dalla Festa di san Valentino (pretesto utile per regalare libri e meno male) cosa c’entra il cuore con l’attualità? Eppure l’attualità mi sommerge, leggo tanti giornali, guardo la tv e, soprattutto, navigo su internet.
Devo andare oltre la penna.
Commentare un fatto di attualità.
E riesco solo a sentire ciò che mi manca.
Una volta mi appassionava la ricerca delle storie “belle”: mi sfidavo ogni giorno a caccia di notizie positive, storie a lieto fine, cronaca da sorriso. Rarità. Ora, per Oltre la penna, mi sono impegnata per un fine settimana a cercare parole d’amore. Ci ho trovato la morte. I media parlano soprattutto di morte. Cose che finiscono. E tanto, tantissimo, di denaro. Seguo la campagna elettorale che dovrebbe portare un nuovo parlamento a questo Paese. E mi accorgo, analizzando le “loro” parole che le più pronunciate sono crisi, denaro, milioni, miliardi. Sono tracce di morte. Scompare anche la parola benessere. C’è abuso di parola giovani. Rara la parola libri (cartacei o in e-book poco importa). Estinta la parola Bellezza. Irrintracciabile la parola Amore.
Oltre la penna: emerge, sbotta, quasi con rabbia virulenta e rassegnata, un senso profondo di inadeguatezza, un’atavica nostalgia per qualcosa che fu e non c’è più.
La parola Cultura, che tutto racchiude (Bellezza, Amore, Benessere) è abrogata, sembra non avere diritto di esistenza, emarginata agli angoli come se fosse sciocco desiderio di pochi. Mi ribello, ma taccio. Ho paura di sciuparla, la parola Cultura. Eppure è l’unica che anche a dirla piano, sottovoce, lenisce il disagio.
Li accuserei tutti e tutte: la verità sull’amore, vi prego. Ricordate i magnifici versi di Auden?
Oltre la penna, direi: la verità sulla Bellezza, sulla Cultura, sulla nostra fame di spirito, vi prego.
Cultura, denaro: ne parlano solo così.
E soffoco, tra numeri e dati che narrano, con voce stanca e falsata dai fatti, la bellezza del nostro Paese dimenticato.
Dimenticato, sì.
E noi con esso.
Parlare d’amore nel giorno di San Valentino.
Non posso dire Amor di Patria, ma Amore per la nostra terra sì. Mi viene da gridarlo. Impotente. Urlare con rabbia contro il vostro cemento, difendere quei dipinti rinchiusi nella muffa dei sottoscala dei Musei, proteggere le statue dalla barbarie, abbracciare le migliaia di ragazzi e ragazze che studiano sui libri per portare ossigeno e vita ai nostri cosiddetti Beni Culturali.
Le parole. Bene culturale: provate a dirle a voce alta, queste due parole.
Bene e Cultura: la verità sull’amore, vi prego.
Teatri che chiudono. Cinema che muoiono, librerie che vengono sprangate, la musica si tace, violini e violoncelli poggiati nell’angolo polveroso di una stanza chiusa, scrittori e scrittrici relegati nell’angolo delle librerie: qualcuno parli, vi prego.
Se avessi vent’anni organizzerei una marcia della Cultura: vorrei vedere, decine, centinaia, migliaia di giovani che camminano come monaci sulle nostre autostrade, le bloccassero pure, per fare sentire la loro voce muta di artisti portavoce di Bellezza e protestassero per l’incuria in cui vengono tenute le loro anime.
Una rivoluzione silenziosa.
Noi italiani non abbiamo mai fatto una Rivoluzione, non abbiamo avuto il nostro 1789.
Lo farei per la nostra Bellezza deturpata.
Toglierei alle banche per dare alla Cultura.
Spazzerei via obbrobri di cemento edificati sotto i nostri occhi e chiederei restauri per ciò che esiste.
Rivoluzione spirituale, rivoluzione d’anime stanche e ribelli che li costringano a pensare a questa povera terra uccisa dalla indifferenza.
Leggi per risvegliare le coscienze. riaprire le librerie a prezzo calmierato; occupazione per i giovani che riaprano Musei, diano aria alle stanze, costruiscano progetti.
Giovani che sanno usare la rete e la spieghino a chi non sa che anche la Cultura parte da lì, si esprime, vince da lì.
“Lo scrittore può commentare un fatto di attualità degli ultimi giorni che l’ha particolarmente colpito”.
Si può commentare l’indifferenza?
Noi, poveri scrittori abbiamo solo le parole.
Sarebbero parole d’amore, che tralasciano la rabbia ma si riprendano il potere di creare.
“Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre mi sto grattando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta,
o là sull’autobus mi pesterà un piede?
Arriverà come il cambiamento improvviso del tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Darà una svolta a tutta la mia vita?
Ditemi la verità, vi prego, sull’amore”.
Paola Calvetti ha lavorato alla redazione milanese della “Repubblica”, dal 1993 al 1997 ha diretto l’Ufficio Stampa del Teatro alla Scala e, in seguito, è stata Direttore della Comunicazione del Touring Club Italiano. Oggi scrive per il “Corriere della Sera” e il settimanale “Io Donna”. Ha pubblicato L’amore segreto (Baldini&Castoldi 1999), L’addio (2000), Né con te né senza di te (2004), Perché tu mi hai sorriso (2006), tutti in edizione Bompiani, e Noi due come un romanzo (Mondadori 2009).