Con la testa abbassata a guardare i piedi, Pietra, la rabdomante, procede spedita per il carruggio di San Luca, poco battuto.
Nel tragitto, s’imbatte in una piazza al centro della quale spadroneggia una fontana con dei putti svogliati che pisciano acqua in una conchiglia di marmo.
Sentendo dei grugniti, la donna alza lo sguardo e vede due maiali costretti a correre all’impazzata intorno alla fontana, con il cuore che sta per scoppiargli. Se accennano a smettere, le vergate di un porcaro e del figlio li convincono a continuare. Tra le zampe degli animali è legato un ramo irto di spine, così a ogni movimento gli aculei si conficcano nella carne e il dolore li istiga a procedere più veloci. Inoltre, i maiali hanno una corda legata alla gola piagata, con un doppio nodo scorsoio, che all’occorrenza serve da doloroso guinzaglio. Un suino cola grumi di saliva dalle narici, mentre l’altro sanguina da un garretto. Diverse ferite hanno scorticato la cotenna.
Intorno, numerosi perdigiorno urlano insulti o esortazioni al maiale sul quale hanno scommesso una miseria, indegna persino del sacchetto della questua di una Messa di campagna.
Nell’attraversare la piazza, Pietra è quasi travolta dalle bestie obbligate alla corsa. Si mette in salvo compiendo un balzo e sedendosi sul colmo umido della fontana.
All’improvviso, sbucato dal nulla, un uomo robusto di torso, ma con le gambe magre, s’intromette nel tragitto delle bestie allargando le braccia. Riconoscendo l’uomo, i maiali cessano di correre e si accovacciano ai suoi piedi. Con l’aiuto di un coltello dal manico d’osso, li libera dalle spine che li dilaniano. Poi li accarezza e gli mormora qualcosa a voce bassa. Pietra e incantata dallo spettacolo: sembra che quello strano uomo parli con i porci e che sia compreso da loro.
Molti tra i presenti sanno chi è: Pimain, il guaritore di maiali.
I due pessimi porcari non tollerano l’intrusione e alzano contro di lui le verghe per battere i maiali. Pimain anticipa i colpi e li sorprende spostando di proposito il corpo per ricevere le vergate che da distanza ravvicinata sono prive di slancio, quindi di forza. Il guaritore di maiali colpisce prima il padre con una ginocchiata nel basso ventre, poi il figlio con una gomitata allo stomaco. Lamentandosi e ringhiando male parole, i due si raggomitolano a terra tenendosi le parti offese. Sembra già tutto finito, ma non è così. I volti degli aguzzini dei porci divengono cinerei quando vedono Pimain agitare il coltello con il manico a zampa di bestia.
– Metterò fine a questa tortura.
I due iniziano a strisciare per cercare scampo dalla lama, certi che l’uomo stia per finirli.
Invece, il guaritore rivolge il coltello verso i maiali per tagliare le corde che gli serrano le gole. I porci grugniscono di gratitudine e strusciano i musi contro i polpacci di Pimain.
Pietra trova l’uomo molto attraente, con una faccia da delinquente che innamora.
– Siete indegni di questi maiali. Li darò a chi ne abbia rispetto. Se avete qualcosa in contrario, ditelo ora, fatevi avanti.
Scornati, i torturatori dei porci si alzano e se ne vanno, doloranti, senza dire nulla, seguiti dappresso dagli spettatori minacciosi che rivogliono indietro i soldi delle scommesse.
Da sotto le gambe a penzoloni di Pietra sbuca un bambino di circa dieci anni. Subito si accuccia davanti ai maiali che gli tributano lo stesso benvenuto riservato al padre.
Il bambino si rivolge a Pietra e gli rivela il suo nome, senza che gli sia stato chiesto.
– Io sono Grifone.
– Io Petra.
– Bel nome.
Il figlio di Pimain prende dalla bisaccia un unguento giallo e denso e cosparge le ferite inferte alle bestie. Da come sbuffano a bocca aperta mostrando le zanne, Pietra capisce che il medicamento brucia parecchio, ma i maiali lasciano fare e sopportano.
Senza dire una parola, Pimain si avvicina a Pietra, la prende per i fianchi e la solleva senza fatica, sottraendola agli schizzi dei putti della fontana che le bagnano la schiena. La ragazza se ne avvede solo ora.
La rabdomante ringrazia con quanto ha di più raro: un sorriso.
Pimain ricambia con un augurio:- Che possiate avere una buona giornata.
Una gomitata al fianco da parte del giovane Grifone e i due s’incamminano di buona lena verso le alture di Genova.
La rabdomante non ne capisce fino in fondo il motivo, ma si sente lusingata dal gesto galante.
Durante il tragitto, ripensa con piacere allo strano uomo che parla con i maiali.
Anche lei a Tabarka aveva un rapporto d’amicizia con un animale, un cammello, e per questo era derisa. Si chiamava Sid.
Stava ore e ore legato a una barra, a trascinare in tondo la macina del mulino.
Pietra andava a trovare Sid ogni giorno.
Il cammello l’aspettava fin dall’alba, girando continuamente il collo verso la direzione da cui sarebbe sbucata, scorticandosi la pelle contro la barra di ferro.
Quando arrivava, mentre l’animale bramiva soddisfatto, lei lo accarezzava, gli dava qualche cosa da mangiare e gli confidava le sue ansie da adolescente.
Al calare della notte, il cammello era liberato dal giogo e lui e Pietra se ne andavano in giro per i sentieri dell’isola. Vedendo la sagoma della ragazza e del cammello stagliarsi nel cielo notturno, musulmani e cristiani si trovavano finalmente in accordo e ne ridevano.
Pietra aveva un altro amico, Chadi, un ragazzo tunisino.
Correvano incontro al vento caldo che veniva dal cuore dell’Africa, salutavano la rara pioggia accogliendola a bocca spalancata sulla cima di una roccia, ridevano delle bestemmie dei pescatori tornati a barca vuota, andavano a caccia di nidi.
Nessuno sull’isola era contento della loro confidenza. Genovesi e locali non si mischiavano, ma i ragazzi avevano l’età della spensieratezza e dell’innocenza e non ci badavano.
Un giorno, accusarono il giovane di aver rubato un sacco di sale, una mercanzia molto costosa.
Chadi fu imprigionato in un ripostiglio che faceva funzione di galera. Dalle sbarre della finestra, giurò la sua innocenza all’amica. Per aiutarlo, Pietra ebbe un’idea.
Nottetempo, sciolse il cammello dalla costrizione del mulino, gli fece annusare un pizzico di sale preso dalla scarsa razione che spettava alla sua famiglia. Il cammello ha un olfatto migliore di un cane e Sid si mise a trotterellare verso una capanna isolata dalle altre.
La ragazza faticò non poco a impedire al cammello di sfondare a testate un muro sottile di assi e canne per raggiungere ciò che aveva scovato. Pietra entrò nella capanna di soppiatto, e scoprì sotto la paglia il sacco di sale.
Sapeva bene a chi appartenesse la capanna. E non era un tipo raccomandabile. Dunque, Chadi era davvero innocente come diceva.
Al mattino, mentre alcuni genovesi tenevano a bada i genitori del tunisino accusato di furto, altri si accingevano a prendere Chadi a vergate per farlo confessare.
Pietra si frappose tra loro. Vedendo che la ragazza aveva in mano la forcella da rabdomante che ormai conoscevano, tacquero.
– Il legno troverà il sale.
Serrando le palpebre, come spinta da una forza divina, Pietra vagò un po’ lì intorno, tanto per buttare fumo negli occhi, poi si diresse decisa verso la capanna che aveva visitato la notte precedente. L’intera comunità la seguì, anche Chadi tenuto ben stretto dai suoi aguzzini.
La rabdomante spalancò la porta d’assi. Davanti al cumulo di paglia, le oscillazioni si fecero parossistiche.
Simulando di essere esausta per lo sforzo, Pietra si limitò a indicare con la forcella il punto e a proferire poche sillabe:- Lì… sotto.
Poche manate misero alla luce il prezioso sacco di sale.
Svelto, il padrone della capanna si fece avanti per sviare da sé il sospetto.
– Ecco dove aveva nascosto la refurtiva, il piccolo tunisino. Nella mia proprietà.
I genovesi, a cui era affidata Tabarka, non ebbero il minimo sospetto che il loro conterraneo potesse essere il vero ladro. E comunque, preferivano credere che a rubare fosse stato un “faccia scura”.
Chadi venne condannato senza sentire ragione.
La giovane rabdomante non poté fare altro per salvare l’amico dalle frustate.
Durante la flagellazione, gli occhi di Chadi le furono sempre addosso per ringraziarla e per trovare la forza di resistere.
Al termine di questo ricordo, Pietra si sorprende ad avere più nostalgia del cammello che di Chadi.
Sa di aver altro cui pensare. Si sistema i capelli scuri dietro le orecchie, tira su con il naso per darsi slancio, e prosegue.
Lorenzo Beccati è nato a Genova nel 1955. Dai primi anni ’80, è il più stretto complice di Antonio Ricci, con il quale ha collaborato a creare alcuni dei programmi televisivi più fortunati di tutti i tempi. Da Drive-In a Paperissima a Striscia la notizia, Lorenzo Beccati può considerarsi uno degli autori più importanti della storia della televisione italiana.
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